Red

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❌ATTENZIONE❌
In questo capitolo vi è una parte con una scena di sesso violento. Per chi volesse saltare quella parte la scrivo in grassetto, in modo che sia facilmente riconoscibile. Non è fondamentale leggerla per il proseguo della storia.
Vi lascio al capitolo.

Non ero mai stato ad un appuntamento prima d'ora, perciò non sapevo come vestirmi o come comportarmi. Me ne stavo seduto davanti al mio armadio semi-vuoto, chiedendomi se dovessi almeno metterci il minimo impegno o potessi vestirmi come faccio di solito. Ce li avevo alcuni vestiti carini, ma li indossavo solo per i clienti. Non che avremmo fatto nulla di elegante, comunque.

Avevo quattro ore prima di incontrarmi al cinema con Junhong. Mi stavo domandando se dovessi chiamarlo, per essere sicuro di star facendo tutto nel modo giusto. Ma mi rifiutai di farlo e chiamai Seokjin. Come sempre, Seokjin rispose dopo appena un paio di squilli.

"Pronto?"

"Hyung, come ci si veste di solito agli appuntamenti?" Sospirai. Non mi piaceva chiedere aiuto, soprattutto a Jin.

"Appuntamenti? Dipende dal tipo di appuntamento... Vai ad un appuntamento?!"

"Sì. Perciò... Se andiamo-"

"Sto venendo da te, ora."

"Hyung, non c'è bisogno che-"

La chiamata si interruppe prima che riuscissi a finire la frase e andai verso la porta, sapendo che sarebbe stato all'ingresso di casa mia in tempo record. Gli feci fare tutto quello che voleva. Quando arrivò alla mia porta, nemmeno bussò, aprendola e andando direttamente verso la mia camera da letto. Lo seguii lamentandomi. Non avrei dovuto chiamarlo.

Esaminò i miei vestiti, sospirando sconfitto prima di lanciarmi un paio di cose e dirmi di mettermele. Non mi sprecai di dirgli che era ancora presto per l'appuntamento. Sembrò fiero di sé stesso quando tornai da lui, prima di cominciare a sistemarmi i capelli. Non appena sentì di avermi agghindato a dovere, annuì soddisfatto.

"Sembri carino vestito così."

"Sì? Se lo dici tu. Non credi sia un po' troppo? Dobbiamo solo andare al cinema."

"No, direi che non è troppo. Devi essere carino per la tua ragazza. Scommetto che anche lei si vestirà bene."

"Lui."

"Lui? Okay, lui. Non lo sapevo." Si corresse sorridendomi. Lasciai a Jin il tempo per accettare quello che avevo combinato.

"Sì... beh... è Junhong."

"Junhong? Cioè... Junhong, quello alto e con i capelli ricci?"

"Non ha più i capelli ricci, ma è ancora alto." Corressi. "Ma comunque, grazie. Non dovevi... Potevi anche dirmelo per telefono cosa mettermi."

"No, dovevo. Il mio tenero Yoongi ha un appuntamento. Dovevo."

"Suga, hyung."

"Almeno a Junhong glielo dirai qual è il nome del suo fidanzato?"

"No. E nemmeno tu dovresti saperlo."

"Yoongi-"

"Suga."

Mi guardò accigliato, ma non continuò a discutere. Più che altro, non ne ebbe la possibilità quando il telefono iniziò a squillare. Non era un numero che conoscevo, il che poteva significare solo due cose.

"Oh, è di sicuro Junhong. Rispondi. Io vado!" Mi fece l'occhiolino e uscì. Non appena se ne fu andato, risposi, ma non era Junhong.

"Sei tu Sugar?"

"Suga, in realtà."

"Giusto, giusto. Scusami. Un mio, uh, collega mi ha dato questo numero. Ha detto che sei... un esperto ad... alleviare lo stress?"

"Non continuerò la conversazione se con te c'è qualcun altro. In caso contrario, smettila di evitare l'argomento."

"Il mio amico mi aveva avvisato che sei uno diretto. Va bene allora. Quanto costi e quanto è probabile che io riesca ad avere un assaggio al più presto? Oggi, forse?"

"Dipende da cosa vuoi e da quanto tempo ci vuole. Il prezzo più basso è seimilioni won all'ora. Il più alto è dodici*." Feci una smorfia. Odiavo avere questo genere di conversazioni, soprattutto al telefono.

"Cosa mi permettono di fare dodici milioni?"

"Tutto ciò che vuoi... restando entro i confini. Ho delle regole."

"Certamente. Quali sono?"

"Numero uno: nessun segno. Questo significa no succhiotti, no lividi, graffi o morsi... nulla che non può essere coperto da una canottiera e dei pantaloncini corti. Numero due: usare il preservativo. Non voglio rischiare di beccarmi qualcosa, e poi è più facile pulire. Numero tre: no baci. Nulla sulle labbra comunque. Numero quattro: vengo pagato di persona e in contanti. Non facciamo nulla finché non ho i soldi in mano. No assegni, no prestiti, solo contanti." Recitai.

"Mi sembra giusto. Possiamo vederci ora? Ti pagherò completamente, certo, e forse un piccolo extra se sei davvero così bravo come mi è stato detto..."

"Ora?" Guardai l'orario. Avevo ancora tre ore, e queste cose di solito non duravano più di una. Avevo tempo, e sarebbe stato carino avere un po' di soldi per l'appuntamento. E poi avrei anche avuto i soldi necessari per le bollette di questo mese. "Scrivimi un indirizzo. Ho solo un paio d'ore però. Sono abbastanza impegnato oggi."

"Mi assicurerò di non trattenerti più del dovuto."

Appena chiuse la chiamata, lasciai uscire un sospiro di sollievo. Non mi fidavo dei nuovi clienti. Ma non mi fidavo nemmeno di quelli regolari. Mi guardai allo specchio, ricordando a me stesso che non ci sarebbe voluto molto. Avrei avuto tempo prima di incontrare Junhong. Con questo nella mente, mi cambiai di nuovo i vestiti, non volevo indossare ciò che Jin aveva scelto per incontrare un pervertito con fin troppi soldi.

Rimasi sorpreso nel vedere che l'indirizzo che mi aveva inviato era casa sua. Di solito sceglievano un qualche hotel dove nessuno avrebbe potuto vederli. A volte mi facevano andare nei loro uffici facendo finta che fossi lì per un'intervista. Raramente mi facevano andare a casa loro, anche se a volte capitava. Ma comunque non era mai successo al primo incontro.

Bussai alla porta e aspettai che chiunque fosse venisse ad aprirmi. Non attesi molto. Era parecchio alto e non troppo brutto. Era in forma, e io mi chiesi per quale motivo avesse bisogno di pagare qualcuno per andarci a letto. Probabilmente non lo faceva... non lo facevano quasi mai. Ma non mi è mai interessato cercare di capirli. Tutto ciò che facevo era prendere i loro soldi.

Indossò un sorriso malizioso, il tipo di sorriso che hanno le persone quando vogliono ingannarti. Ignorai il pensiero. Mi invitò ad entrare, guidandomi subito verso la camera da letto. Una volta dentro, mi passò un mazzo di banconote. Le contai attentamente. Dodici milioni di won esatti. O due ore di quasi nulla, o un'ora di-

"Nulla da dire?"

"Entro i confini." Gli ricordai. Lo dicevo sempre, ma ancora dovevo capire cosa esattamente significasse 'entro i confini'.

"Entro i confini... Cosa non è accettabile?"

"Se ti dico di fermarti, tu ti fermi. Semplice."

Annuì, sembrava avesse capito. Si sedette sul letto e iniziò a sbottonare lentamente la sua camicia. Rimasi lì ad aspettare che mi dicesse cosa fare. Avevo i soldi, perciò per un'ora ero suo. Presi nota dell'orario. Non avevo in mente di farlo durare un secondo in più di quello per cui mi aveva pagato. Si alzò di nuovo in piedi, togliendomi il giacchetto e lasciandolo cadere sul pavimento.

"Ti dona il rosso." Mormorò quando le sue dita passarono fra i miei capelli, strattonandomi la testa all'indietro.

Le sue labbra screpolate mordicchiarono la pelle del mio collo, e mi sentii contorcere lo stomaco. Le sue mani erano fredde sulle mie braccia quando mi fece sedere. Mi tirò fuori attentamente la maglietta dai jeans. Feci un respiro. Non potevo dire di essere il migliore a fingere, ma ero abbastanza bravo per ingannare la maggior parte delle persone, soprattutto quando si trattava di questo. Se non altro, potevo far finta di non essere sul punto di vomitare.

"Nulla da dire?" Chiese di nuovo, il suo respiro mi solleticava l'orecchio.

"Cosa avevi in mente?" Chiesi a mia volta con la voce un po' roca, fingendo di essere eccitato.

Si tirò indietro e mi guardò leccandosi le labbra. Andò verso il suo armadio e prese qualcosa. Era una scatola, il che non ha mai preannunciato nulla di buono per me. Scatole significavano giocattoli, probabilmente bondage. Non ne ero un appassionato. Non mi piaceva essere legato quando ero già più debole della metà di queste persone. Mi piaceva ancora meno quando era uno nuovo, qualcuno che non sapevo per certo avrebbe seguito le mie regole.

Come pensavo, tirò fuori delle cinghie. Mi morsi l'interno delle labbra quando me le legò attorno ai polsi. Le strinse forte, troppo forse, e mi posizionò le braccia in modo che fossero tese sopra di me, legate al letto. Mi tolse i jeans, lasciandomi in maglietta e boxer prima di ripetere il procedimento con le mie caviglie. Mi sentivo ridicolo, ma rimasi in silenzio.

"Perciò... finché possono essere coperti da dei vestiti..."

"Cosa?"

"Intendo i segni... Succhiotti e cose simili..."

Lasciai uscire un sospiro. In generale, non mi piacevano le persone che lasciavano dei segni, ma se non era qualcosa che mi sarei dovuto impegnare per nascondere, di solito non mi mettevo a discutere. Annuii, ripetendo ciò che avevo detto prima. Se gli avessi lasciato fare quel che voleva, forse mi avrebbe pagato di più. Tenni questo bene a mente.

Spinse in alto la mia maglietta, radunandola sotto il mio mento. Chiusi gli occhi e provai a non pensare alla sensazione delle sue labbra che mi baciavano il petto, mordendo forte il mio fianco. Sibilai dal dolore, ma o non mi sentì o non gli importò. Ero sicuro fosse la seconda. Ero molto lontano dall'essere un masochista, ma sembrava incontrassi parecchi sadici. Forse era solo questione di zone. Ingoiai le lacrime quando le sue dita scavarono nei miei fianchi.

Mormorò qualcosa che non riuscii a sentire, ma non ero sicuro se chiedergli di ripetere di nuovo. Afferrò qualcos'altro dalla sua scatola degli orrori. Era un bavaglio, un'altra cosa che odiavo. Erano scomodi e mi facevano male alla mandibola, e poi non mi piaceva che non mi facessero parlare chiaramente. Serrai fermamente la bocca quando la premette contro le mie labbra.

"Vero, hai bisogno di un modo per dirmi di fermarmi, giusto? Non preoccuparti. È traspirante. Dovresti essere in grado di parlare." Tenni la mandibola serrata e lui sospirò. "Per favore, piccolo. Ti ho pagato per 'tutto', ricordi? Lascia che te la metta. Puoi provare a dirmi 'basta'. Se non riesco a capirti, allora te la tolgo."

Glielo concessi con riluttanza. Ingoiai le proteste e feci come mi disse. Sembrò soddisfatto, e mi assicurò di riuscire a capire le mie parole. Chiusi di nuovo gli occhi. Non volevo vederlo. Non volevo sentirlo. Le sue dita mi graffiarono lungo tutto il corpo, lasciando sicuramente dei segni rossi sul mio torace, ma solo dove una maglietta sarebbe riuscita a coprire, certo. Almeno stava seguendo le regole, sebbene molto liberamente. Le mie dita dei piedi si arricciarono quando iniziò a far scivolare quelle dita sulle mie cosce.

Graffiò la pelle dai fianchi al bordo dei miei boxers e io gemetti. Tirai le cinghie ai polsi. Volevo rannicchiarmi, scappare via. Odiavo tutto questo. Odiavo farlo. Calmai il respiro, ricordando a me stesso che avevo ancora il controllo della situazione. Se gli avessi detto di fermarsi, lo avrebbe fatto.

Si mosse improvvisamente, strattonando giù i miei boxer lungo le gambe. Sentii il suono di qualcosa che si strappava ed ebbi l'impulso di urlargli contro. E invece gemetti. Tenni gli occhi chiusi. Non volevo sapere cosa stesse facendo. Non volevo essere qui. Se non fosse stato per i soldi...

Quando sentii qualcosa premermi contro, aprii gli occhi, guardando verso il basso per essere sicuro che stesse ancora seguendo le mie regole. Ma non era il suo pene a premere contro di me. Senza nulla a renderlo più semplice, lo spinse dentro. Soffocai un urlo. Sentii una lieve risata e strinsi ancora una volta gli occhi, rifiutandomi di lasciar uscire le lacrime.

Faceva fottutamente male, ma potevo sopportarlo...

Non mi concesse nemmeno un momento prima di accendere il vibratore, spingendolo più in profondità. Più che essere piacevole, mi disgustava. Lo mosse un po', come se in qualche modo potesse farmi sentire meglio. Mi tremavano le gambe, e lottavo per riuscire a mantenere il mio respiro regolare. Potevo farcela. Lo avevo già fatto prima. Continuai a ripetermelo.

"Piccolo..." Gemette. "Sei così delizioso in questo momento. Il mio amico aveva ragione su di te. Dolce come lo zucchero."

Sussultai. Suonava più come una minaccia che come un complimento. Mi chiesi se tutto ciò non fosse troppo. Lasciai uscire un sospiro incerto quando lo sentii camminare via. Girai la testa e sbirciai con gli occhi appena aperti. Era tornato all'armadio, e temevo ciò che stava prendendo. Smisi di guardare.

Contai a mente. Mi aiutava ad affogare le situazioni, il dolore. Uno, due, tre, quattro... Tornò sul letto. Cinque, sei, sette... Fece scorrere sul mio addome delle cose che sembravano frange di pelle. Otto, nove, dieci, undici. Premette più forte sul vibratore, facendomi serrare i pugni. Faceva ancora male. Dodici, tredici... Rovistò di nuovo nella scatola. Quattordici, quindici, sedici, diciassette, diciotto... Trovo ciò che cercava. Diciannove, venti... Anche se avessi voluto vedere, non avrei potuto.

Legò saldamente la benda sui miei occhi, e io deglutii nonostante il bavaglio. Questo non mi piaceva... ma era sempre così. Mi dissi che potevo ancora resistere, e che se la situazione fosse peggiorata avrei potuto farla finire. Disse qualcos'altro, ma ero concentrato sul contare. Capii solo vagamente la parola 'rosso'. Sentii una fitta sul petto prima di realizzare cosa era esattamente. Trasalii, e lui probabilmente credette fosse per il piacere. Un altro colpo, più doloroso, questa volta leggermente più in basso.

Ripeté il gesto, ogni volta muovendosi più in basso di un centimetro. Prima che finisse con il petto, sentivo già la pelle bruciare. Faceva male anche senza che mi toccasse. Tremavo, e potevo sentire lacrime salate scivolarmi lungo le ciglia. Dopo un altro duro colpo sulle costole, cominciai a piangere.

"Basta!" Provai a dire. "Non ce la faccio..."

Mi sentii leggermente sollevato quando non sentii arrivare un altro colpo. Attesi che mi slegasse, che mi togliesse la benda e il bavaglio, ma non accadde nulla di tutto ciò. Invece, le sue mani premettero sulla pelle dolorante del mio petto. Mi sentivo appiccicoso, e mi chiesi se fosse più infiammato di quanto pensassi. Stavo sanguinando?

"Sono sicuro che una puttana come te può resistere più di così. Mi è stato detto che sei abituato a questo tipo di trattamento."

Scossi la testa, e sentii uno schiaffo bruciare sul mio collo. Tirai contro le cinghie, ma non riuscivo a muovermi. Ero in trappola. Temevo che ciò potesse accadere. Lasciò scorrere la frusta, facendomi bruciare la pelle anche senza colpirmi. Provai a rannicchiarmi. Mi colpì di nuovo, più forte questa volta.

"Mancano ancora quaranta minuti. Non lascerò che tu mi faccia passare dei guai. Ho pagato molto per te."

Un'altra frustata, appena sopra il mio ombelico. Tirai più forte contro quelle manette, sperando di poterle allentare e scivolare via. Ricominciai a contare più velocemente, sperando che concentrandomi su questo sarei riuscito a diminuire il dolore. Uno, due, tre, quattro, cinque, sei, sette, otto...

Continuavo a piangere mentre mi frustava. Non aveva intenzione di smettere... Le sue ginocchia mi tenevano le gambe aperte. Premette un dito all'interno, con il vibratore ancora dentro di me. Inarcai la schiena e lo sentii ridere. Disse qualcosa, ma non riuscivo a sentirlo. Le mie orecchie fischiavano troppo forte perché io potessi capire qualunque cosa stesse dicendo. Tirò fuori il dito un momento dopo, graffiandomi dentro. Afferrò le mie anche e si premette contro di me. Lo pregai, sperando che riuscisse a capirmi. E se e così era stato, non gli importò.

Chiuse le mani intorno al mio collo, impedendomi ogni possibilità di protesta. Tirai ancora contro le fasciature, provando a fare leva per togliermelo di dosso. Feci un respiro profondo per prendere più aria possibile, una volta che spostò le sue mani, emettendo una risata sadica.

"Non fare troppo rumore ora... Me la prenderò con calma."

Ancora non riuscivo a respirare nel momento in cui provò a spingersi dentro. Urlai debolmente, cercando disperatamente di scappare da lui quando, in qualche modo, entrò con forza di fianco al giocattolo. Sentii la bile salirmi in gola e quasi vomitai. Mi stava letteralmente aprendo in due. Non avevo più forza nemmeno per muovere le braccia. Non potevo fare nulla se non restare lì a tremare. Era come se i miei muscoli si fossero drenati... tutto ciò che sentivo era puro dolore.

Continuai a provare a dirgli di fermarsi, tentando di togliermi il bavaglio dalla bocca o di parlare chiaramente intorno ad esso. Tirai con tutte le forze che mi erano rimaste contro le cinghie. Non potevo fare niente. Ogni spinta mi faceva tremare di più. Non potevo nemmeno spostarmi da lui. Ero incastrato, teso al massimo e debole. La mandibola mi faceva male per essere rimasta aperta a lungo e la gola mi faceva male per il continuo urlare.

Potevo sentire le mie stesse unghie scavare nei miei palmi. Ero vagamente consapevole del suo continuo colpirmi, il dolore del cuoio contro la mia pelle scorticata mescolato alla sensazione degli strappi violenti mentre mi scopava. Adesso ero più che sicuro di stare sanguinando. Ero più che sicuro che i segni sarebbero comparsi anche oltre i punti che avrei potuto nascondere, ma non importava più. Non ero nemmeno sicuro di riuscire ad uscire da qui. Potevo a malapena pensare lucidamente, ma ero abbastanza cosciente da capire quanto critica fosse la situazione.

"Mancano ancora dieci minuti, zuccherino." Mi sussurrò all'orecchio. Non gli credevo.

Ringhiò qualcos'altro e premette il suo palmo sul mio collo. Non riuscivo a respirare. Sentivo la pressione dietro i miei occhi e la mia testa pulsava. Non riuscivo a respirare. Mi faceva male tutto, e quello era un rovente dolore senza fine. Non riuscivo a respirare. Mi grugniva nell'orecchio, e io potevo a malapena sentirlo. Non riuscivo a respirare.

Sentii un dolore acuto sulle costole. Sembrava più un coltello che una frusta. Non riesco... Non riesco... a respirare... Le mie orecchie non smettevano di fischiare, era sempre più rumoroso. Un altro dolore acuto, sulle cosce questa volta. Le mie gambe erano quasi insensibili, ma riuscivo ancora a percepire il dolore. Un altro taglio. Erano davvero dei tagli? La sua presa attorno al mio collo si fece più stretta e cominciai ad avere le vertigini. Stavo per morire qui. Mi stava uccidendo.

Tossii e respirai a pieni polmoni quando la sua mano finalmente si spostò e la confusione cominciò a svanire, poco a poco, reintroducendo ogni singolo dolore. Lentamente, slegò il bavaglio e me lo tolse dalla bocca. Ebbi una fitta quando potei finalmente chiuderla, sussultando ancora in cerca d'aria. Non potevo nemmeno provare a muovermi quando finì di slegarmi. Il fischio nelle orecchie si affievolì abbastanza da permettermi di sentirlo quando disse che il tempo era finito. Raccolsi tutte le mie forze per girarmi. Feci fatica a rialzarmi, ma in qualche modo riuscii a rivestirmi e scappare. Corsi fuori, andai a tentativi con le chiavi, tentando febbrilmente di guardare dritto e aprire la macchina. Infine ci riuscii e mi ci buttai dentro. Potevo a malapena tenere gli occhi aperti. Era buio, e la mia vista era annebbiata.


Nemmeno ci pensai quando accesi la macchina, troppo intento a scappare via per importarmi della sicurezza. Strinsi i pugni, sperando di riuscire a smettere di tremare. Era già buio o ero io? Non riuscivo a concentrarmi, non riuscivo a pensare, non riuscivo a respirare...

Non riuscivo a re-


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*4,61587 e 9,23263 euro attualmente, circa.


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αηηуєσηgнαѕєуσ

Se trovate qualche errore sarei grata che voi me lo segnalaste
Il capitolo è più lungo del solito, ma spero che lo apprreziate ugualmente.

~Vyra

Cigarettes, Liquor, Sweet as Sugar (yoonkook)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora