NARRATORE'S POV
Il viaggio di ritorno alla mura non fu tanto lungo come l'andata. Ad attaccare il corpo di ricerca, furono solo un paio di giganti, uno di piccola ed uno di media dimensione.
Avvistate le mura, la posizione tattica si ruppe. Gli uomini, a cavallo, si radunarono in un solo ed unico grande gruppo, per poi rientrare in città.
Appena varcato il portone, una campana iniziò a suonare, accompagnandoli nel rientro a casa.
Ad aspettarli, c'era una grande folla di civili: c'era chi acclamava il loro ritorno, chi rimaneva in silenzio, chi li guardava con disprezzo.
Il corpo di ricerca non era mai stato il più amato, ritenuto da molti solo un'inutile squadra di bastardi che avevano voglia di morire.
Poi, tra quella gente, c'era chi allungava disperatamente il collo, cercando di vedere oltre la folla. Erano i parenti e gli amici degli uomini che avevano compiuto quella missione. Nel loro sguardo si poteva chiaramente leggere la paura.
In molti, quando tutti gli uomini rientrarono, scoppiarono in un sonoro pianto.
Uomini, donne, ragazzi e bambini. Tutti legati da un unico sentimento: il dolore per la perdita di un loro caro.
Levi si guardava intorno, scrutando quella scena con impassibilità. Secondo lui, chi moriva in missione, non doveva essere pianto, bensì acclamato, per aver donato il sangue e la vita per una causa maggiore: la salvezza dell'umanità intera.
Dopotutto, tutti prima o poi sarebbero morti, tantovaleva farlo per qualcosa in cui si credeva.
Era sempre stata questa, la filosofia di vita del corvino. Nonché quella di Mikasa, che si ritrovò a pensare alla stessa cosa. Lei, infatti, non proteggeva Eren per paura che il ragazzo potesse morire, bensì per non rimanere sola.
Era consapevole, che il suo, era un atto di puro egoismo, ma non poteva farci niente: la tentazione di salvarlo era più forte di lei.
Tutti gli uomini e le donne del corpo di ricerca abbassarono lo sguardo, sentendosi in colpa per essere ancora vivi, mentre i loro compagni caduti si erano sacrificati per lo svolgimento della missione, andata comunque fallita.
Una donna, preda della disperazione, si mise davanti la fila indiana dei cadetti, per poi urlare disperata al primo uomo che le si parava davanti: Levi.
Donna: <<Dov'è?! Dov'è il mio bambino?! Dov'è il mio Christopher?!>>
Questa cosa accadeva in ogni stramaledetta missione. Nonostante ciò, il corvino si era sempre trovato impreparato. Quindi, Levi, non sapendo cosa dire, si limitò a scendere da cavallo, per poi dirigersi verso il carro dei morti, quello che conteneva le parti rimanenti dei cadetti deceduti.
C'erano anche i suoi compagni di squadra, lì dentro. Prese qualcosa dal carro, ben coperto da un fazzoletto trasandato.
Con l'oggetto in mano, si girò in direzione della donna, per poi osservarla: aveva delle evidenti occhiaie che le contornavano gli occhi neri, lucidi ed arrossati dal pianto. Date le rughe, la signora doveva avere una quarantina d'anni, infatti, tra i suoi capelli, neri anch'essi, se ne scorgeva qualcuno bianco. Aveva un aspetto trasandato: i vestiti, sporchi e dai colori smorti, erano consumati dall'usura.
Il corvino allungò le mani, con l'oggetto tra di esse. Il panno in cui era avvolto era sporco di sangue e da esso si espandeva un odore nauseante.
La donna, tremante, prese l'oggetto dalle mani di Levi, per poi alzare di un poco il telo, titubante ed intimorita.
Scorse un occhio nero, come il suo, spalancato. Non ebbe il coraggio di alzarlo del tutto, e lo richiuse subito.
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▪•You Found Me•▪ ~RivaMika
FanfictionPrima FF, quindi siate clementi. La storia è ispirata all'Anime/Manga "Attack on Titan". Lo svolgersi della storia rimane immutato fino allo scontro tra Eren ed il Gigante dalle Fattezze Femminili. Allarme spoiler per chi non fosse arrivato a questo...