SENZA NOME

52 8 0
                                    

«Che vuoi ancora? Non ti è bastato ieri sera?».
Il suo tono è beffardo, ma al contempo seccato.
Non poggia nemmeno lo sguardo su di me. Continua imperterrito a pulire il bancone del bar mentre l'odiosa musica a palla mi fracassa i timpani.
«Ti avevo avvertito che non mi sarei arresa facilmente»
«E pensi che io mi farò pedinare da una... Delle babysitter che i miei continuano ad inviarmi? Illusa!»
«Ancora con questa storia!? Non ne so nulla dei tuoi genitori, ok!?».
Finalmente i suoi occhi si degnano ai miei.
«Come ti pare».
Torna a sfregare con lo strofinaccio il marmo scuro.
Che noia...
Non ho idea di che fare.
Se penso che ho rinunciato alla mia serata cinema con Josh.
E tutto per far ragionare questo riguardato!
«Senti... Come hai detto che ti chiami?»
«Non l'ho detto. E non penso di farlo!»
«Non mi importa. Potresti semplicemente smetterla di fissarmi e girare i tacchi altrove? Sto cercando di lavorare».
Certo, come no.
Se per lavorare intende ammiccare a qualsiasi donna che si affaccia al bancone con il davanzale scoperto, e farsi offrire drink da loro... Beh, è un lavoratore devoto allora.
Non rispondo, porto lo sguardo ovunque tranne che su di lui.
Lo sento sbuffare, prima di portare con foga lo straccio ormai sciupato alla spalla, per poi allontanarsi.
Brutti essere ripagati con la stessa moneta, eh?
Ammetto che stare in un bar e non prendere nulla però, è davvero seccante.
«Andiamo, è già la terza volta questa settimana. Non siamo un supermercato»
«Eddai Vin, sai che finisco a quest'ora e sono tutti chiusi ormai. Ne ho bisogno, te lo pago il doppio, ma ti prego...».
Riconosco, anche se con fatica visto il caos che regna dentro questo posto, la soave ma tenera voce della ragazza.
Sempre poco vestita, ma con un grazioso giubotto addosso.
«Lain, ti ho  già detto che il latte mi serve per gli alcolici»
«Allora vorrà dire che prendo un White Russian senza vodka e liquore. Questo lo puoi fare, è un cliente che te lo chiede».
Porta una mano al volto esasperato, ma sorride leggermente.
«E va bene, vada per il bicchiere di latte» «Facciamo anche l'intero cartone» prosegue lei con occhi da cucciola.
È così carina.
«Ma che sia l'ultima volta, okay?»
«Okay okay, promesso».
Sbuffa per l'ennesima volta, lasciando un attimo la postazione per entrare nell'altra porta misteriosa della sera prima, che ora ho scoperto essere un magazzino.
Ne approfitto per avvicinarmi a lei.
Dovrò pur ammazzare il tempo.
«Lain, anche tu da queste parti?».
Din dong! Shiva... Lei ci vive, "da queste parti".
Dio che stupida sono?
«Shiva!? Wow! Non mi aspettavo di trovarti qui anche oggi!».
I suoi occhi si illuminano, come anche il suo sorriso.
È così bello vedere che almeno sono ben accetta da qualcuno qui.
«Oh, aspetta... Sei venuta a riprendere la giacca?».
In un secondo si incupisce.
«Assolutamente no! È un regalo. Sono qui per una persona» «Persona che non la vuole vedere» continua Vincent mentre poggia di fronte a lei tre cartoni di latte.
Ma a che le serve tutto questo latte?
«Addirittura!? Grazie Vin! Sei il migliore!
Tieni!».
Con agilità, afferra dal reggiseno qualche banconota.
«Devo proprio andare ora»
«Salutami Malcolm».
Malcom?
Che sia il suo ragazzo? Anche se ne dubito fortemente. Chi riuscirebbe a stare con una ragazza con questo mestiere?
Forse è un semplice coinquilino, o magari ancora, il fratello?
«Sará  fatto! Ah  e  grazie ancora per il giubbotto, Shiva. Prometto che la prossima volta che ci incontriamo ti offro la cena» dice entusiasta stampandomi senza preavviso un bacio sulla guancia, per poi volatilizzarsi tra la folla.
«E così ti chiami Shiva, eh? La tua copertura è durata poco».
Detesto lo sguardo compiaciuto che ha ora in volto.

ShiverDove le storie prendono vita. Scoprilo ora