MOSTRO

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«...Davvero era un tuo amico?! Ha un carattere orribile!».
Arrossisce leggermente, o almeno è quello che credo stia facendo.
È talmente monocromatica da rendere impercettibile ogni sua emozione.
«E-eravamo più che amici».
Sul serio!?
«Come può quel essere, anche solo pensare di avere una ragazza!
Wanda ma lo hai visto!?»
«Veramente no, è per questo che sto chiedendo il tuo aiuto. So solo che è un barman e il posto dove lavora. Ma non ho mai avuto il coraggio di entrare...».
Porta una mano al viso, spostando la leggera ciocca di capelli cristallini dietro l'orecchio.
«Ho paura. So che non può vedermi.
Ho paura di affrontare la realtà. Di vedere come tutto lo ha cambiato. Come io l'ho cambiato.
Lui... Lui non era come lo descrivi tu».
Prende fiato.
Un respiro, due, tre.
Ma il soffio che tanto dovrebbe calmarla, non è più parte di lei.
«Lui... Lui era con me la notte  dell'incidente. Era lui alla guida dell'auto quando ci hanno travolti. E da allora, non si sa pace.
L'ho seguito per un intero anno dopo la mia morte.
Ma a poco a poco ha iniziato a cambiare, chiudersi in se stesso, fino a  tentare più volte il suicidio.
Per fortuna sono riuscita a fermarlo nel migliore dei modi in cui mi era possibile, ma ho dato solo vita ad una bomba a orologeria.
Saltava ogni giorno scuola, andava nei vicoli a prendere dio solo sa che schifezze e  poi...»
Una lacrima le riga il viso estremamente pallido.
«Non passava una sola notte solo. Non lo avevamo mai nemmeno fatto noi. Ci eravamo promessi di... di sperimentarlo insieme».
Non riesco ad immaginare il dolore che ha provato.
Non riuscirei nemmeno ad immaginare di rimanere fuori dalla stanza ad aspettare il mio ragazzo, sapendo che se la sta spassando con un'altra.
«Dopo qualche mese ha abbandonato la scuola, trovando lavoro come barista, al locale dove ieri lo hai conosciuto».
Si avvicina a me.
Siede al mio fianco sul divano, e il solo sfiorarla mi fa drizzare i peli in corpo.
Lo nota.
«Oh, scusa. Devo ancora abituarmi alle distanze».
È vero, dovrebbe starmi almeno ad un metro di distanza, ma per ora, mi sta bene così.
È sola e si vede che ha bisogno di una confidente ora.
«Lui era davvero un ragazzo magnifico...».
Sospira più volte, prima di proseguire.
«Nonostante tutto ai miei occhi rimaneva il solito Vincent.
Dagli occhi del colore del cielo, la pelle abbronzata, i folti capelli di cenere... Davvero non ha più i capelli?».
Cerca di sdrammatizzare con un sorriso forzato, e decido di stare al gioco.
«Yep. Pelato e liscio come una palla da bowling».
Ride, a fatica, ma lo fa.
«E ha dei piercing, eh? Lui odiava i piercing. Quando gli ho detto che volevo farne uno all'ombelico mi ha quasi lasciata».
È spensierata a chissà quale ricordo di loro due insieme, e per un attimo desidero solo di poterla vedere cosí tutto il tempo.
Fa sempre male conoscere il passato di una persona, soprattutto se questa non è più tra noi.
«È stato dopo l'ennesimo tentativo di suicidio che non l'ho più rivisto».
Torna tristemente seria d'un colpo.
«Era appena uscito da lavoro, ubriaco fradicio per i drink offerti dalle ragazze che ogni giorno gli ronzavano intorno.
Spaccò la bottiglia in mille pezzi contro il muro, prima di afferrare uno dei ciottoli e puntarlo alla gola».
Riesco quasi ad immaginarmi lì.
Per lei, dev'essere doloroso riviverlo dalla memorial.
«Ho lottato con tutta la forza che avevo per strapparglielo di mano, e ci sono riuscita...
I suoi occhi pieni di lacrime fissavano i miei. O almeno, era solo una terribile coincidenza che guardasse in mia direzione.
Bisbigliava di non essere nemmeno in grado di ammazzarsi, di essere un codardo, e... di non avere la forza per raggiungermi.
"Vorrei solo poter stare con te di nuovo, Wanda" diceva. Ed è allora che ho vacillato».
Il suo tono viene spezzato dai singhiozzi improvvisi.
«I-io ho sperato di vederlo morto per mio puro egoismo! Lo capisci!?».
La stanza si riempie di gelo, e il rumore prodotto dal suo pianto ricorda la pioggia battere sul metallo sottile.
È così straziante.
«I-io in quello stesso momento... Ho deciso che non avrei più lottato per fermalo».
Porta le mani di fronte al viso, come se  potesse davvero mascherare la smorfia di dolore che si contorce in tutto il volto.
«Me... Me ne sono andata inorridita da me stessa, e al contempo speranzosa che potesse commettere ancora un'altra cavolata.
Ho aspettato anni. Anni in cui non sapevo più che pensate di me stessa.
Anni in cui desideravo vederlo con tutto il cuore, ma mi vergognavo di me stessa. Ed anni in cui pregavo di poterlo trovare al mio fianco, sotto altre sembianze.
Io... Sono un mostro».
Vorrei stringerla, dirle che andrà tutto bene.
Ed è quello che faccio nonostante il forte tremolio che mi provoca.
«No, non lo sei. Sei ancora umana. Probabilmente al tuo posto avrei pensato lo stesso» e non mento.
Chissà cosa avrei fatto al suo posto.
«D-davvero?».
Il suo viso da bambina torna a fissare il mio.
Se avessi avuto una sorellina sarebbe stata questa la sensazione che avrei provato?
«Si, davvero».
Chiudo gli occhi, calmo il cuore, regolo i respiri, e per un istante, uno solo, riesco a sentirla tra le mie braccia.

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