IL PESO DELLE PAROLE

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«Shiva, cosa vorresti mangiare oggi?» domanda per l'ennesima volta la ragazzina di cristallo, mentre a stento sorregge un bicchiere d'acqua tra le mani.
Il suo forte tremolio ne fa fuoriuscire un po' dal contenitore, fino a scagliarsi a terra, creando una pozza sopra il parquet di una casa, della quale, ormai non mi importa più nulla.
L'avevo presa proprio perché io e Josh programmavamo di iniziare una convivenza insieme.
Avevo perfino acquistato lettiera, ciotola e un piccolo materassino per Rose, la gatta.
Ma non mi sarei certo aspettata questo finale.
Sospiro.
«Niente, grazie. Non ho fame».
Mi sento uno schifo.
Ormai sono passate quasi due settimane, eppure fa ancora male a ripensarci.
«Ti prego, devi mangiare» prosegue con voce docile.
È così più o meno ogni giorno da quando ho rotto con lui.
Mi ha trovata a terra, accasciata a piangere e gemere per il dolore... Il dolore di averlo perso per colpa sua.
O meglio, so che non è così.
Ho sbagliato io dal principio a non svelare a Josh del mio... Dono, o sarebbe meglio dire maledizione.
Eppure, quel pomeriggio, me la sono presa con lei.
«Perchè sei ancora qui!? Ti ho aiutata con il tuo amico... Ora vattene, o dissolviti! Ma lasciami sola!» gridavo in preda all'ira, senza ormai alcuna lucidità.
Wanda non aveva emesso una sola parola di disapprovazione. Era rimasta quieta, con occhi e labbra rivolti all'ingiù, mentre si creava un altro ostacolo insormontabile per la sua partenza definitiva, ed io...
Io mi sento colpevole di averle tolto la pace che stava per raggiungere.
È uno stupido effetto a catena:
Lei si sente in colpa per me, io per lei, ed entrambe rimaniamo qui, in stallo, in bilico tra realtà e oblio.
Sospira rassegnata per l'ennesima volta, prima di allontanarsi verso lo studio.
So che lo fa per me.
Eppure, allo stesso tempo, non riesco a lasciarmi coccolare da lei.
Sono orribile, vero?
«Accidenti!».
La sento imprecare dall'altra stanza, mentre un rumore di matite e penne a terra si fa strada.
Non ho nemmeno voglia di scoprire che sta combinando.
Voglio solo andare a letto, dormire e svegliarmi per l'ennesima volta sperando di essere solo in un brutto sogno.
Salgo la rampa di scale con estrema fatica, fino a raggiungere la porta di camera.
Non appena sfilo dalla tasca del cardigan il cellulare, mi accordo di alcuni messaggi da parte di Lain e il mio capo.
La prima mi chiede come mai non mi faccio più vedere ne sentire.
La seconda mi avvisa del declino della domanda di assunzione, della precedente, per mancanza di crediti.
Ottimo... Non ne va bene una insomma.
Forse è destino.
O semplicemente sono io ad essere una gran buona a nulla.

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