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C'era un inspiegabile profumo di vaniglia fuori dal Menier Chocolate Factory. Audrey se ne accorse appena mise il primo piede oltre l'ingresso laterale del teatro, quello che consentiva l'accesso direttamente alle quinte. La ragazza inspirò quell'odore, lo sentì solleticare la sua fantasia e la sua memoria – la moltitudine di ricordi racchiusa nel profumo della vaniglia – infine si avviò a passo sicuro lungo Southwark St. in direzione del London Bridge.

In quell'inizio di marzo la ragazza, una giovane di quasi ventisette anni, una crocchia di capelli castani chiarissimi e perennemente spettinati, camminava stringendosi nelle spalle, nella speranza di riuscire a sfidare al meglio la fredda brezza che saliva dalle acque del Tamigi. Sotto il cappotto rosso, le forme del suo corpo scomparivano, nascondendo a tutti le braccia lunghe e il seno piccolo.

Mentre camminava verso la fermata della metropolitana, Audrey ricominciò a ripetere mentalmente i passaggi della canzone che stava imparando. Ripassò con attenzione ogni singola nota, mentre le dita si muovevano istintivamente a ripercorrere la superficie dello strumento.

Le piaceva quella canzone, moltissimo. Le fu inevitabile sperare che il giorno dello spettacolo arrivasse presto, sebbene fosse consapevole mancassero ancora alcuni mesi alla prima.

Audrey lavorava come pianista nell'orchestra del Menier Chocolate Factory, un teatro storico vicino al London Bridge. Suonare in quell'orchestra non era come suonare per la London Symphony Orchestra, ma a lei piaceva ugualmente moltissimo. La ragazza amava suonare il pianoforte e bastava quello a renderla felice: il luogo in cui si esibiva passava sempre in secondo piano. Inoltre le piaceva particolarmente il Menier, così come le strade che doveva percorrere per andare alla fermata della metropolitana.

Ogni giorno, alle diciassette, Audrey usciva dal teatro, al termine delle prove, si incamminava per raggiungere la Tube, alla stazione di Tower Hill e prendere la metro verde, la District line, per tornare a casa. Ciò significava percorrere a piedi un tragitto di venticinque minuti ogni sera, che la ragazza si sarebbe potuta tranquillamente evitare servendosi della fermata di Monumets, che era a metà strada. Per svariato tempo, quest'ultimo era il tragitto che aveva compiuto ogni giorno, tuttavia, da ormai un mese, Audrey preferiva i venticinque minuti a piedi per salire sulla metro a Tower Hill station.

Il motivo era uno soltanto e, dopo che esso aveva fatto la sua comparsa, nulla sarebbe stato un grado di far cambiare il nuovo percorso della ragazza.

All'ingresso della stazione metropolitana di Tower Hill, subito dopo i tornelli di accesso, nell'ampia sala che si apriva sulle diramazioni dei corridoi sotterranei, era stato collocato un pianoforte, accessibile a chiunque avesse voluto suonarlo.

Era uno splendido pianoforte verticale, laccato di nero, trattato con cura dai frequentatori della stazione metropolitana, inclusi quelli che ci si sedevano solo per suonare melodie improvvisate. A differenza di questi ultimi, Audrey sapeva bene cosa comporre sui tasti di quello strumento e ogni giorno, prima di prendere il treno e tornare a casa, si fermava al piano a suonare la stessa canzone di sempre.

City of Stars, dal film La La Land. La ragazza aveva studiato una sua personale versione da pianoforte, particolarmente fedele all'originale – a detta delle sue amiche. Aveva composto il brano ascoltando e riascoltando la canzone sui video di YouTube, scrivendo le note e gli accordi su fogli pentagrammati. L'aveva corretta un'infinità di volte, fino a che non aveva ottenuto il risultato più soddisfacente, quello che suonava ogni sera alla fermata di Tower Hill.

Quella canzone non la stancava mai. Si era innamorata della pellicola dopo la prima visione e la colonna sonora l'aveva totalmente stregata, al punto che la conosceva a memoria. C'era qualcosa di unico in quel film, qualcosa che la ragazza riusciva solo marginalmente a spiegare. Si rivedeva in entrambi i personaggi, nell'amore per la musica di Sebastian e nel velato umorismo di Mia, così come si era rivista in entrambi nel loro inseguire la propria passione.

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