Luglio.

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Arrivò Luglio.
Probabilmente sarebbe stato un altro mese noiosissimo, ma così non fu.

Alessia m'invitò ad andare a mare con lei quel giorno, con il fidanzato ed alcuni amici. Che la mia vita potesse cambiare? Magari, trovare qualcuno in più di cui potermi fidare poteva essere un primo passo. 

La mattina seguente arrivò quindi indossai il costume rosso e mi posizionai dinnanzi al grosso specchio che avevo in camera.
I lunghi capelli lisci e di un biondo cenere ricadevano dolcemente sulla mia pelle cadaverica, sembravo effettivamente uno scheletro [vista anche la mia magrezza, molto evidente]. Non ero così sicura del mio corpo eppure quel giorno non m'importava, ero felice.

Arrivarono Christian ed Alessia in un auto grigia ed io scesi, pronta per passare una giornata diversa.
Difficilmente riuscivo ad inserirmi nelle loro conversazioni da fidanzatini, preferivo piuttosto ascoltare la canzone che in quel momento passava alla radio, una delle solite hit estive. 

Le loro voci e la musica fu interrotta da una chiamata sul telefono di Christian, parlava di un certo Niccolò che non sarebbe venuto in spiaggia e quel nome mi suonò familiare. Boh, avrò letto qualcosa su internet.

Arrivammo alla spiaggia dove tutti gli altri ci aspettavano impazienti, in effetti il traffico ci aveva un po' bloccati; quando aprii la portiera un calore m'invase e quel dolce odore di mare mi pervase le narici fino a ricordarmi dell'estate precedente.
Sì, un'estate infernale. Il ricordo che avevo del mare non era così piacevole, i miei l'anno scorso litigavano spesso ed a mare ci fu il litigio definitivo che bastò a distruggere un qualcosa di bello. 

Ricordo mio padre e mia madre insieme, fino a qualche periodo prima tutto andava per il meglio ma poi, mio padre, perse il lavoro.
Da quel momento tante cose cambiarono, a partire dalle abitudini di mia madre che iniziò a fare qualsiasi cosa potesse retribuirla per portarci a fine mese; differente fu mio padre che, preso dallo sconforto, iniziò a bere buttando via un casino di soldi.
Quel giorno, su quella spiaggia, la nostra piccola base era circondata da bottiglie di alcolici e mia madre, che non poteva più sopportare quella situazione, scoppiò in un pianto nervoso che divenne successivamente ira.
Urlava cose del tipo "ma ti rendi conto di come butti via quel che guadagno?!" oppure "stai rovinando la vita di Giusy".
Per questo motivo non vedevo il mare da tanto tempo, il ricordo negativo di quel posto ha influenzato mia madre che preferisce passare quest'estate a lavorare in qualche bar oppure a casa.

Tornando a noi, nonostante le ciabatte sentivo i piedi bruciare sull'asfalto e raggiunta la spiaggia, il sole, sembrò diventare ancora più caldo ed asfissiante.
Nonostante ciò la giornata passò per il meglio se non per una seria scottatura sulla schiena.
Sottovalutai quel lieve bruciore e decisi di non mettere la protezione, sono al mare per abbronzarmi, pensai.

La sera mi resi conto che quell'ustione era diventata una cosa seria, avevo la febbre e mia madre era ancora a lavoro; non potevo chiamarla e farla preoccupare quindi decisi di dirigermi alla farmacia da sola. 

Ero a piedi, forse l'unica persona con una felpa addosso in quella serata così calda.
Nel dirigermi alla mia meta una macchina stava per travolgermi, era la fottutissima stessa auto di qualche mese prima.
Non l'avevo dimenticata: una Mercedes nera, vetri oscurati.

"Ma che cazzo hai nella testa?! Sei ancora tu?! Hai seriamente rotto il cazzo."

Urlai, mentre i miei piedi erano già partiti.
Ero nervosa già di mio, quello stato mi rendeva tale.
Quel coglione è incapace di suonare il clacson, io sto fin troppo male per stare attenta al mondo intorno a me.
Bella merda.

Mentre stavo per allontanarmi, mi resi conto che quell'auto iniziò a pedinarmi.
Presa dalla paura, il mio passo divenne più svelto.

Giusy. // UltimoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora