Caos.

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E così quella sera decisi di uscire con quello che diceva di essere un caro amico di Niccolò, ma chi poteva assicurarmi fosse davvero così? Magari stava cercando solo un pretesto per uscire con me, magari raccontandomi stronzate, magari era stato proprio lui a mettere fuori gioco Niccolò per entrare nella mia vita, magari.. magari mi stavo facendo troppe paranoie, l'unico pensiero che mi tormentava era ritrovare lui e provare a scoprire più cose da questo ragazzo occhi color ghiaccio, e così sia.

Non me ne fregava nulla di cosa avrei indossato per quella serata, passai le ore rimanenti prima di quell'incontro a sgraffignare qualcosa dalla dispensa perché il nervosismo e lo stress fanno spesso questo effetto, almeno finché non mi ha beccato di nuovo mia madre, sveglia dopo qualche oretta di sonno.
"Giusy , ehi.."
"Mamma, come sapevi di me e Niccolò?" ne approfittai, a lei non avevo detto nulla e tutto sembrava così strano..
"Ehm.. vedi.. mi è stato detto.." esitava, come se dirmi chi fosse stato fosse troppo difficile, l'unica persona che lo sapeva era..
"La nonna?"
"Sì, sì, proprio lei" la sua risposta non mi faceva sentire comunque tranquilla, per nulla.

Decisi di annuire e di tornarmene in stanza con una busta quasi finita di corn flakes, li avrei mangiati senza latte tanto erano buoni uguale.

Tutto attorno a me sembrava così confuso e distante, a malapena capivo di chi fidarmi.

Tra cereali, patatine, pop corn confezionati e quant'altro, la sera arrivò e molto fiaccamente mi preparai con una semplice t-shirt nera, un pantaloncino di jeans ed a malapena mi truccai. Passai in cucina, per avvisare mia madre "esco con Ale" e lei mi guardò male, come a dire "dopo quello che è successo?" e dunque aggiunsi "tranquilla, starò con la sua comitiva" per rassicurarla.
Quelle parole a poco servivano, sapevo che sarebbe stata in pensiero per me tutta la serata.

Uscita di casa, tutto era deserto. Le pattuglie erano diminuite e le persone curiose erano rientrate in casa.
Mi distanziai abbastanza da casa per evitare che mia madre pensasse male, vedere che frequento due ragazzi alla volta l'avrebbe fatta sentir male.
Lo vidi in fondo alla strada e, mentre ci camminavamo incontro, alle sue spalle vidi sfrecciare quella maledetta macchina nera. Dio.

Arrivata al suo fianco, il mio volto, esprimeva un evidente senso di preoccupazione e lui capì perfettamente.
"Qualcosa non va?"
"No.. no, andiamo"

Ed iniziammo a passeggiare, fino a raggiungere il centro di Roma che in estate è abitato da soli turisti.
Quelle strade erano belle, ma non belle come quando c'era lui.
Mi sentivo solo un volto fra sette miliardi ma con lui mi sentivo la sola ed unica, protetta e più forte di sempre.
Ora, senza di lui, riesco a sentire la fragilità del mio corpo e delle mie emozioni, un tocco mi avrebbe resa come mille pezzi di cristallo sparsi per una stanza e quella sì che era una sensazione di merda.

Ero distratta ma Filippo aveva evidentemente capito che avevo bisogno di tempo e spazi per me stessa, finché non disse "C'ho fame" e dunque mi voltai e annuii, poi andammo ad un pub lì vicino. Voleva offrire anche a me un panino ma non mi andava, avevo letteralmente mangiato tutto quel che c'era in casa e la mia pancia era già piena.

Lui iniziò a mangiare ed insieme ci dirigemmo al Colosseo, ero stata anche lì con Niccolò, più precisamente quando abbandonammo mia nonna al mercato.
Ogni posto mi ricordava lui.

Filippo si fermò accanto ad un gruppo di turisti, un husky voleva evidentemente giocare con lui e decise quindi di abbassarsi per accarezzarlo e farsi leccare. Peccato che dopo qualche coccola il cane prese tra i denti quel pezzo di panino rimasto e si allontanò.

Lui rimase lì come uno scemo ed io lo osservavo ridendo.
"Complimenti per l'intelligenza"
"E chi ti dice che non volessi darglielo io?" e si voltò sorridendomi, quel sorriso dolcissimo.
"Altrimenti non staresti ancora lì a terra a ripensare alla tua cena, geniaccio"

Si alzò e roteò gli occhi, poi riprendemmo a passeggiare per qualche strada più interna.
Non passavano macchine ma alle mie spalle una luce illuminò la strada, mi girai ed era quella fottutissima auto.
Ormai avevo imparato a memoria le sue forme e quei finestrini oscurati non mi lasciavano alcun dubbio.

L'auto ci superò ed io, impulsivamente, iniziai a correre dietro di essa. Magari loro sarebbero riusciti a darmi le risposte che cercavo.
Filippo correva dietro di me ma quella auto sembrava troppo veloce e, man mano, iniziai a diminuire la mia velocità fermandomi del tutto quando lui mi prese per un braccio.
"Giusy calmati cazzo"
"Ma vaffanculo" ed iniziai a camminare a passo svelto per tornare verso il Colosseo.
"Ti do io altre risposte, ora smettila e torna vicino a me" e allora rallentai fino a fermarmi, aspettai che lui mi raggiungesse e senza rivolgergli lo sguardo dissi
"Perché non vuole vedermi?"
"Non è lui, sono altre persone che glielo vietano"
"Chi cazzo sono"
"Questo non l'ha detto nemmeno a me.."
"Quella macchina nera c'entra qualcosa, lo so."
"E come lo sai?"
"Hanno sempre voluto farmi del male, se hanno preso Niccolò allora ci sono riusciti in pieno.."
"T'ho detto che lui sta a casa"
"E allora portami da lui porca puttana" iniziai a strillare, nella mia mente c'era il caos.
Lui non rispose, quindi mi fermai di botto.
Si voltò e mi disse "Non posso, se lo facessi lui rischierebbe ancora."
"Me ne torno a casa" e ripresi a camminare a passo svelto, non volevo più vedere in faccia nessuno.

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Giusy. // UltimoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora