Pazzia.

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Osservai i suoi occhi, era viva.
Alcune infermiere si accostarono al ciglio della porta, osservavano la scena con un sorriso.

Anche io sorridevo, potevo finalmente rivedere i suoi lineamenti riprender vita, le sue labbra lievemente separate fra loro che emettevano respiri affannati, i suoi occhi persi nel vuoto.
Non riuscivo a trovare parole, e nemmeno lei.

Ci siamo osservati per alcuni minuti senza dirci nulla, il silenzio in quella stanza stava diventando pensante ed io avevo bisogno di ascoltare ancora una volta la sua dolce voce, la voce della mia musa.
"Ultimo.." non capivo come, mi conosceva da artista. In quell'ultimo periodo i miei video ricevevano sempre più views ma non m'importava di quelle, il mio obiettivo non era diventare famoso e farmi i soldi ma ispirare altre persone esprimendo me stesso.

"Giusy, come ti senti?" mormorai, sottovoce. A momenti riuscivo a respirare, figuriamoci a piangere o parlare.
Lei mi guardava ancora con quello sguardo perso nel nulla, avevo bisogno di sentirla e proprio quando glielo stavo per richiedere un'infermiera mi anticipò arrivandomi dietro.

"È debole, parlale pure ma aspetta che si senta meglio" decisi di annuire, lei ne sapeva sicuramente più di me.
Aveva subito due fratture, un trauma alla cassa toracica ed una brutta botta alla testa che le aveva provocato tutto ciò. Aveva ragione, l'infermiera.

"Volevo dirti che mi dispiace, che non meritavi ciò che ti ho fatto. Dovevo essere una figura costante della tua vita ma me ne sono andato per paura, perché sono successe delle cose e.." la sua mano, anche se con lentezza, raggiunse la mia poggiata proprio accanto a lei sul lenzuolo; me la strinse, e fu quella stretta labile e debole a scatenare in me una stretta al cuore e alla gola. Non seppi più trattenermi, le lacrime iniziarono a scorrere e con l'altra mano levai gli occhiali andando a posarli sul tavolino, dovevo strofinarmi gli occhi e trattenermi ancora un po' ma non ne sono più stato capace, piansi.

Fu la sua stretta a farmi capire quanto fossi stato vicino alla sua perdita, quanto fosse piccolo il limite da attraversare per perdere una persona.
Fu quella stretta a dirmi, per la prima volta, che dovevo stringerla forte e non lasciarla mai più.

Mi bloccai, non avevo altre parole. Lasciai le lacrime fare il loro percorso e, dopo qualche minuto, sussurrai con la voce che tremava "Ti ho aspettata ora, e giuro che lo farò per sempre."

Al che provai a calmare quel pianto, arrivò sua madre e lo notai solo quando sentii la sua mano sulla mia spalla. Mi girai, era anche lei in lacrime, di gioia.
Decisi di alzarmi e di prendere un po' d'aria, sentivo il mondo stringersi attorno a me.

Sull'uscio della porta c'era la nonna, anche lei in lacrime e con un sorriso stampato sulle labbra.
Decisi di uscire dall'ospedale e di sedermi a terra, accanto a quell'albero che avevo osservato un paio di giorni prima.

Piangevo ma intanto sorridevo, ridevo, sembravo un matto ma lei era la pazzia che mi rendeva tale.

Giusy. // UltimoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora