12*Riprendersi

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"Ma che le é saltato in mente?!"sento dire da una voce femminile.
"Ha avuto una crisi, dobbiamo lasciarla riposare. Sono stupito, sono già 2 volte che l'ho salvata. Quest'ultima dal rompersi totalmente il polso e la mano."dice una voce maschile.
Vorrei aprire gli occhi ma sono troppo stanca, perciò cado in un sonno profondo.
"Il suo sistema nervoso é stato urtato in modo grave, quindi non deve agitarsi e arrabbiarsi. Deve stare calma finché non si ristabilisce." dice un medico. Ho gli occhi socchiusi in modo da poter vedere senza farmi scoprire, e noto Carter seduto su una sedia vicino al mio letto con la testa fra le mani. Credo...stia pingendo, dai singhiozzi e dal mio braccio bagnato. Mentalmente prendo un sospiro. "Smettila che mi stai bagnando, demente. Bene ora devo andare in bagno."lo avviso. Ma lui mi trattiene "A fare cosa?" Ma é matto?
"Cosa vuoi che ci faccia in un bagno?"lui mi guarda come se dicessi una bugia.
"Mah, non so. Tipo spaccare uno specchio a suon di pugni."mi rimprovera. I miei occhi slittano fino alle mie mani, che solo ora noto bendate e leggermente rossastre. Rialzo velocemente il capo lanciandogli un'occhiataccia. "Devo pisciare."
Lui si alza pronto ad accompagnarmi. Io rimango ferma in piedi davanti alla porta, e lui capendo il mio sguardo precisa: "Sto girato verso la porta. Non vorrei che rompessi il mio adorato specchio o svenire." e così mi arrendo. "Ma se ti giri, giuro che ti taglio i gioielli di famiglia insieme ai tuoi adorabili occhi e te li butto giù per il lavandino!"
"Ma non si dice 'giù per il cesso'?"ridacchia lui.
"Ho detto la prima cosa che mi capitava. Ora girati, spero che tu abbia afferrato il concetto!"
Al pomeriggio Carter convocherà James per interrogarlo. Intanto io e il mio adorato compagno siamo sul divano abbracciati. Dopo un po' Carter rompe il silenzio. "Perché hai questi attacchi di rabbia? Perché ce li hai?"
Prendo un respiro profondo e comincio a raccontargli: "non vedo mio padre da anni , tanto da dimenticarmi quasi com'è il suo viso.  Ma ci scriviamo,  o meglio io gli scrivo e lui risponde quando può.  Perché sai,  lui ha la sua famigliola felice , cosa che io non sono più.  Mi sento abbandonata.  Ogni giorno vedo bambini che tengono per mano il loro papà , mentre io non l'ho mai fatto.  Non gli ho mai detto 'ti voglio bene'. Nemmeno a mia madre perché non ne sentivo il bisogno. Se mi chiedevano:'tu mi vuoi bene?' La mia risposta era si. Beh per non parlare della mia infanzia. Violenza,  insulti,  silenzio, e segreti. Ho sempre abitato con mia nonna fino a 10 anni fa , subendo la tortura peggiore: vedere  la tua seconda madre piena di lividi,  sentirla piangere di nascosto o solo con me,  e il suono del suo pianto me lo ricorderò per sempre. Così come le frasi che diceva sempre a mio nonno quando aveva un oggetto appuntito in mano: 'chiama sua madre e dille di portarla via. Poi potrai fare quello che vorrai di me'."singhiozzo ormai. "Tu invece? Non mi hai mai parlato della tua famiglia." Lui fissa un punto vuoto pensieroso: "Io ho avuto una vita abbastanza bella: avevo una madre che mi amava,  un padre che mi insegnava come essere una persone migliore e un alpha degno della nostra stirpe e... avevo una sorella. Era bellissima: aveva i capelli castani con dei colpi di sole,  gli occhi verde acqua e un sorriso dolce e unico. Era suo il pianoforte che ti ho regalato,  lo amava anche se aveva solo 6 anni. Poi dei lupi trafficanti l'hanno attirata fuori dal confine  al ritorno della scuola,  catturandola.  L'abbiamo cercata per tutta l'Italia e i confini esterni ma sembra essere svanita nel nulla." Un 'mi dispiace' non risolve niente , quindi faccio l'unica cosa utile: lo abbraccio forte, come se potessi mettere insieme i suoi pezzi.
" Se fosse qui , lei sarebbe fiera di te."lo rassicuro.  Sento un flebile 'si lo sono'  provenire dalla porta,  ma quando mi giro, non vedo nessuno.

How Much Can I Love You?!- Mate #WattpadContestDove le storie prendono vita. Scoprilo ora