||Capitolo 24||

3.4K 245 7
                                    

Luna credeva che da li a poco sarebbe riuscita a far riappacificare i suoi amici, l'amica più che altro, Xavier rimaneva sempre amico-nemico, adesso anche alleato segreto. Parlare con qualcun altro del suo segreto era liberatorio. Era dura tenersi tutto dentro senza parlarle con nessuno. E' faceva male guardare in faccia Alexsander e fingere che vada tutto bene, fingere che fosse una semplice protettrice. Sperava che quella situazione finisse al più presto possibile. Doveva resistere ancora un pochino, si ripeteva ogni giorno. Non avrebbe messo mai in pericolo il suo compagno. Voleva stabilire quel rapporto di fiducia che tanto agognava, ma come poteva crearlo se era lei la prima a mentire? Però anche lui le aveva nascosto qualcosa, ovvero il patto, contratto, quello che era con Tiana. Perché non glielo aveva detto? Forse non era importante? È molto probabile. Poteva sentirsi meno in colpa per il suo segreto? Forse? No. Erano due cose distinte e separate, non avevano lo stesso peso, ma lei lo sentiva lo stesso. Da quando Xavier ne aveva parlato sentiva delle lame dietro la schiena, avrebbe voluto che fosse stato Alexsander a parlane, non sapere da un altro una cosi personale. Solo se fosse stata marchiata, lui sarebbe diventato alfa e libero sta uno stupido patto. Sorrise, come poteva essere cosi incoerente? La pugnalata che prima o poi gli avrebbe inflitto era molto peggiore. Ma era per causa di forza maggiore. Poteva giustificarsi cosi? Avrebbe fatto gli occhi dolci per ammorbidire il colpo di grazia?

Sconsolata vagava per i corridoi, la prima ora di lezione stava giungendo a termine ed era stata fortunata a non trovare nessun super visore, oltre a Xavier ovviamente, ma lui supervisionava solo Evangeline. Prese il libro dei lupi benedetti della borsa, in quella settimana, ne aveva letta solo qualche pagina, di sfuggita. Suo nonno aveva iniziato nuovamente con gli allenamenti intensivi, per prevenzione, tra un po' di studio e gli allenamenti di atletica, poteva dire che era distrutta. La professoressa Vacosky poteva contendere con Jack in fatto di " durezza ". Chissà se si conoscevano? Poteva darsi, in quelle settimane, aveva scopeto che suo nonno conosceva chiunque e chi non lo conosceva sapeva sicuramente chi fosse. Si rigirò il libro tra le mani, in procinto di aprirlo qualcos'altro catturò la sua attenzione. Una grande vetrina di legno, non l'aveva mai notata.
Beh effettivamente stava più tempo in classe e non bazzicava nei corridoi.
Era una grande vetrina alta quasi fino al soffitto. Due metri e mezzo, pensò. All'interno era zeppo di trofei e medaglie, con anche foto delle squadre appartenenti a club sia sportivi che non. Si avvicinò scrutando ogni foto rinchiusa nella vetrina. In generale le squadre erano divise tra protettori o civili e creature sovrannaturali. Il suo occhio si posò su un volto famigliare, la squadra di basket di qualche anno prima, Alexsander che ergeva in alto la coppa del campionato a sorreggerlo il suo fidato beta, Bernhard. Era una vecchia di qualche anno, e facendo due conti avrebbe avuto sedici anni, gli anni che avrebbe fatto lei allo scoccare della mezzanotte di quel giorno. Quattro anni di differenza, poteva dire che per la legge dei civili la loro relazione fosse illegale, ma per il mondo magico l'età era solo un numero. In quel momento, si rese conto che non sapeva tanto del suo compagno e la cosa era reciproca. Avrebbe voluto sapere, ma il sapere avrebbe comportato a domande, domande che esigevano rispose, risposte che lei non era pronta a dare. Scosse la testa, il tempo avrebbe fatto il suo corso, e i nodi sarebbero arrivati al pettine e sarebbe stata pronta. Sposto lo sguardo su qualche altra dopo, trovando una risalente all'anno prima, della banda musicale. Le si strinse il cuore guardando il gruppo sorridente, tranne un membro, sguardo vuoto e lividi che si intravedevano sulle braccia - Eva - sussurrò, appoggiando una mano sulla vetrina, come se potesse accarezzarla e confrontarla. Immaginava già il motivo di quei lividi, ma sperava che qualcuno le dicesse il contrario. Il legame era indissolubile, si ripeteva, poteva solo aiutare il ritardato del suo amico-nemico a mettere la testa  a posto. Notò con grande piacere che non ci fosse un premio di belle arti. L'avrebbe vinto lei, doveva comportarsi da teenager. Vagò ancora una volta nella vetrina, trovando il suo cognome su una targhetta, Gesegnet, era una targa di merito su di essa quello che rimaneva di una foto. Era strappata, si intravedeva solo un pezzo di una spalla, ma niente di più, ma non passò in osservato a Luna la carta della foto, era identica al piccolo pezzettino che aveva trovato sotto all'asse della scalinate di casa sua. A quanto pare chi era su quella foto era fin troppo scomodo per qualcuno. Strinse la labbra in una linea sottile. Era in gioco più di quello che credeva. Si allontanò da lì diretta verso il suo armadietto, non poteva continuare a scrogiolarsi nelle supposizioni, da li a poco sarebbe suonata la campanella per segnare la seconda ora della giornata scolastica. Aprì finalmente il libro dei benedetti, sfogliando qualche pagina rugosa tra le dita soffermandosi su una in particolare :

Sola nella foresta della lunaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora