Quell'ennesima attribuzione di caratteristiche che non mi appartenevano affatto mi portò a distaccarmi dalla mia piccola amica tinta d'azzurro. Ekaton cominciava a starmi stretta e la nostalgia della mia abituale quotidianità stava creando un varco doloroso nel mio petto.
Mi sollevai, ben attenta a non far scivolare dalle mie spalle il mantello, e allontanai con le mie mani i residui di terra bagnata e delicati rametti presenti lungo tutto il mio vestito. Abbassai lo sguardo per salutare quell'esserino con cui avevo una stramba complicità, ma ad aspettarmi ci fu uno sguardo piuttosto corrucciato.
Con le mani appoggiate sui fianchi e il tipico broncio infantile, la mia amica sembrava essere arrabbiata con me. Dopo alcuni attimi, infatti, si decise a parlarmi.
"Cosa fai? Vai via?"
"Sì, piccolina. Devo assolutamente raggiungere il Tempio di Ekaton."
Strabuzzò gli occhi con fare dubbioso.
"Perché mai vorresti tornare proprio in quel posto? Il Tempio è stato l'origine dei tuoi guai, Priscilla."
Detto ciò, si prese la testa fra le mani e rimase a lungo a meditare.
Non badai al nome che mi era stato attribuito, né al tempo che scorreva imperterrito e micidiale. I miei pensieri furono rivolti tutti a quella bimba e alla sua reale e marcata tristezza. Percepii un profondo affetto nei suoi confronti e per una frazione di secondo riuscii a pensare che io appartenessi a quel mondo. Il pensiero di mio fratello in pericolo, però, mi riportò alla mia abituale lucidità mentale.
Con una voce sottile e stranamente colpevole, le risposi.
"Sto cercando mio fratello. E quell'uomo lì mi ha detto che il Tempio potrà aiutarmi."
Quella bimba voltò il capo verso sinistra, in direzione dell'uomo concentrato ancora sulla sua mela, e sussultò. La vidi tremare e con lei l'intero ruscello sembrò essere mosso dalla stessa agitazione. La superficie cominciò ad incresparsi e delle onde via via più voluminose raggiunsero le sponde. Fui costretta ad arretrare di qualche passo per evitare di bagnarmi.
La mia amica, nel frattempo, aveva i piedi fissi al suolo e i pugni serrati, mentre le onde sembravano non scalfirla minimamente. Il suo capo era leggermente inclinato verso sinistra e avvertii tutta la delusione e la rabbia che in quel momento stava provando.
Quella confusione generale turbò il mio compagno di viaggio che, lanciata la mela in qualche punto indistinto della foresta, si avvicinò a me.
Ad ogni suo passo il ruscello tremava con più forza, come se percepisse l'arrivo di quell'uomo.
Quando la distanza che ci separava divenne esigua, la bimba tinta d'azzurro parlò.
"Sta' attenta, Priscilla."
La sua voce mi parve distante, quasi l'eco di urla lontane. Della sua allegria non vi era più traccia.
Intanto la sua figura iniziava a sbiadirsi e la trasparenza della forma prevaleva su tutto il resto.
Ciò che restava di quell'esserino parlò per l'ultima volta.
"Segui il ruscello, ti proteggerà da Dèino."
Detto ciò, scomparve e con lei tutto il trambusto creato fino a poco prima dal ruscello.
Rimasi lì, pietrificata da quanto era appena accaduto. Nella mia mente ruotavano impazzite le ultime parole pronunciate.
"E chi sarà mai questo Dèino?" Dissi pensando a voce alta.
"Allora si ricorda di me, signorina!"
Una voce proveniente dalle mie spalle mi fece sussultare.
Ruotai il corpo verso la sua direzione e ad attendermi c'era il solito sguardo ambiguo e scrutatore del mio compagno di viaggio. Mentre lui era intento a percorrere la mia figura minuta con le sue pupille, io cercavo un modo per sciogliere i numerosi dubbi che si stavano accumulando senza sosta nella mia mente. Data l'assenza di forza fisica e la mia scarsa agilità, l'unica maniera per evitare pericolosi avvenimenti era la via dell'astuzia. Accumulai nella scatola cranica quanti più vocaboli possibili e cominciai a giocare.
"Oh, sì. Dèino! Certo che mi ricordo di voi, lentamente ogni cosa mi sta tornando in mente."
Ciò che dissi scaturì proprio la reazione che mi aspettavo. Quell'uomo prese a balbettare e dalle sue movenze mi resi conto che stava per sciogliermi il primo dei tanti dubbi.
"Signorina... quindi lei sta ricordando. E, per curiosità, fin dove è arrivata a ricordare?"
Quella domanda mi colse alla sprovvista. Ma, mostrando una tranquillità che in realtà non provavo, gli risposi.
"Tutto, Dèino, tutto."
Per la seconda volta riuscii nel mio intento.
Lui crollò al suolo, posò i polsi sui suoi occhi chiusi e cominciò a singhiozzare. Le sue mani presero a bagnarsi di grandi e copiose lacrime. Così mi avvicinai a lui e, senza accorgermene, posai una mano sulla sua spalla e quel gesto lo calmò lievemente.
"Lei è così buona, signorina. Che stupido sono stato a dare ascolto a quell'orrendo mostro! Sa, quando mi ha detto che lei è tornata ad Ekaton io ero terrorizzato. E l'idea di portarla al Tempio con l'inganno per eliminare per sempre la sua Anima Grigia... oh, signorina, le chiedo perdono."
Probabilmente avevo sopravvalutato la mia resistenza alle menzogne, poiché la mia reazione a quella confessione fu tutt'altro che calma. Ritrassi la mia mano dalla sua spalla e mi allontanai di pochi passi da quel bugiardo, intanto i miei occhi si erano tinti di odio.
"Ma di cosa sta parlando?"
"Come, signorina, ha detto che ricordava... Io ho contribuito alla sua morte, signorina, e l'idea che lei fosse tornata per vendicarsi mi ha così impaurito che ho dato ascolto a quel gigante. Camminavo e me lo sono ritrovato davanti, mi ha messo le mani al collo e mi ha chiesto di aiutarlo. Avrei dovuto uccidere la Centouno. All'inizio pensavo fosse impazzito, la Centouno era morta da venti anni, ed io lo sapevo molto bene. Ma poi lei è inciampata su di me ed ho deciso di aiutare quel mostro."
Pianse per un po' e poi riprese a parlare.
"Però ora lei mi sta dicendo che ricorda tutto e dai suoi occhi capisco che mi ha perdonato. Grazie, signorina, le sarò eternamente grato! E riguardo il gigante può stare tranquilla, la proteggerò io!"
Così dicendo si sollevò sulle ginocchia e provò ad afferrarmi l'anulare per baciarlo, ma io allontanai la mano dal suo viso.
Tutto quello che aveva appena raccontato mi terrorizzava profondamente. Venti anni prima ero morta qui, ad Ekaton, e uno dei mandanti era l'uomo che mi stava di fronte. Ad un tratto tutti i suoi comportamenti ambigui, i suoi sguardi e le lacrime mi furono più chiari. Quell'uomo mi aveva considerata una minaccia per la sua incolumità.
Ma ciò che più mi spaventava era la seconda parte di quel monologo: il gigante si trovava ad Ekaton e voleva portare a termine ciò che il mio centounesimo granello di polvere aveva impedito. La mia morte, nel Tempio.
In tutto questo trambusto un ultimo, importante elemento mi tormentava. Mio fratello era ancora lì fuori, solo e in pericolo.
Fatta mente locale, afferrai con le mani i lembi del mantello nero e mi allontanai.
Dèino percepì le mie intenzioni e il suo sguardo assunse una smorfia di paura e necessità di autodifesa. Immaginai che si fosse finalmente reso conto del tranello che gli avevo ordito e, abbracciato il suo obiettivo iniziale, si sollevò per agguantarmi.
Io, intanto, cominciai a muovere una gamba dopo l'altra facendo pressione sul terreno e contraendo il più possibile i miei quadricipiti. Corsi come non avevo mai fatto.
Provai a non pensare al fiato corto e al crampo al polpaccio, ma mi concentrai sul viso delicato di mio fratello.
Mentre correvo, seguivo il ruscello.
Mentre seguivo il ruscello, ero sicura che qualcuno più grande di me mi stesse proteggendo.

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Centouno
Fantasía[COMPLETA] Immersa tra le ombre, Sara comincia a contare quei centouno granelli di polvere che da anni aleggiano indisturbati nella sua camera. Eppure un giorno qualcosa in quei conti non torna. Un granello mancante la porterà a vivere un'avventura...