Furono minuti interminabili, violenti. Le lancette dell'orologio sembravano non volerne sapere di muoversi, probabilmente intimorite dalla possibilità di spezzarsi sotto la forza della Bufera.
Vortici di polvere danzavano davanti ai nostri corpi, provando a intrattenerci con quello spettacolo macabro. Eppure io e Philos non potevamo vederli, i nostri occhi erano chiusi come serrande d'inverno.
Ciò che sviluppammo fu l'udito. Ci lasciammo trasportare da quei suoni disumani, immaginando come si stesse riducendo quel paesaggio già di per sé disastrato.
Finalmente la Bufera cessò di violentare ogni singolo corpuscolo presente nelle vicinanze.
La sua presenza, però, era chiara e ingombrante. Io e il mio compagno spalancammo gli occhi, ormai attorcigliati da lievi occhiaie dovute ad uno stato di riposo protrattosi per un po'.
Ciò che le nostre iridi restituirono al cervello fu soltanto grande desolazione: non vi era più traccia dei cespugli, né della terra incolta che contornava i resti del Tempio di Ekaton.
Soltanto miseria.
Pensai che quell'atmosfera si addicesse alle condizioni del Tempio più di quella precedente.
Poi mi concentrai sull'aria densa di pulviscolo e diressi uno sguardo interrogativo verso Philos.
A bassa voce, temendo di essere udito da una presenza di cui io non avevo ancora compreso nulla, mi rispose.
"E' la Bufera. Ora è in stato di quiete intorno a noi."
In quel momento compresi di dover agire rapidamente, prima che quella calma lasciasse il posto ad una nuova ondata di sferzate d'aria.
Urlai. Al vuoto, alla Bufera, a me stessa. Urlai per essere ascoltata.
In risposta soltanto un impercettibile tuono, simile a qualcuno che si schiariva la voce.
Innervosita da quella situazione di stallo, decisi di intervenire con più ragionevolezza.
Modellai il tono della mia voce, rendendolo il più quieto possibile, poi mi rivolsi a quell'essere fatto d'aria.
"Salve, sto cercando mio fratello. Mi è stato detto che la Bufera può saperlo. Dunque?"
Un altro fastidioso tuono. Poi singulti: stava ridendo. Infine, silenzio.
Arrivata al limite della sopportazione, decisi di erigermi sulle mie gambe minute e dare dignità alla mia figura.
"Sei davanti alla Centouno, cara Bufera. Ti ordino di parlarmi!"
Rimasi sbalordita dal mio tono autoritario, quell'aura di dignità di cui mi stavo circondando mi era nuova ma piuttosto gradita. Inoltre, mi stavo abituando al titolo di Centouno, nonostante fossi all'oscuro di ogni sua peculiarità. La mia testa cominciava ad appropriarsi di quel ruolo, cucendolo in maniera tale da farmelo indossare perfettamente. E ci stava riuscendo.
L'aria densa finalmente rispose.
"Dimostrami di essere la Centouno."
Una voce profonda e surreale, proveniente non da una cavità orale bensì da ogni atomo di ossigeno che ci circondava, tuonò nelle mie orecchie. Quel suono sembrava provenire da antri profondi e sconosciuti, colmi di misteri mai svelati.
Io non sapevo cosa fare, il panico si stava impossessando di me.
Non sapevo nulla della Centouno. Non conoscevo le sue abitudini, i suoi piatti preferiti, i suoi gusti musicali. Non ero nemmeno sicura di esserlo davvero, nonostante giocassi ad impersonare quel ruolo.
Mi voltai verso Philos, riponendo ogni mia preoccupazione nei suoi occhi. Lui ricambiò con un sorriso ed una semplice frase.
"Balla, Priscilla. E' ciò che meglio sai fare."
Mi ricordai della cinta muraria e dei guardiani estasiati dalla mia danza, così ci provai.
Mossi i piedi in maniera impacciata, attorcigliando le mie caviglie come corde annodate. Quel momento imbarazzante fu coronato da un ultimo passo sbagliato ed io ricaddi al suolo, con un tonfo sordo e impaurito.
La Bufera rise di nuovo ed io mi tinsi di rosso.
Poi pensai a mio fratello e alle sue condizioni che io ignoravo. Mi feci forza e mi rimisi in piedi.
Questa volta i miei piedi seguirono adagio comandi che il mio subconscio stava dando. Li osservai mentre carezzavano la terra e facevano gracchiare le foglie depositate sul fondo disordinatamente. Dalle mie labbra fuoriuscirono note musicali che non conoscevo e che componevano una melodia antica.
La Centouno stava ballando.
Un fruscio lento e composto, così diverso dall'irrequietezza precedente, mi circondò in un abbraccio.
"Signorina, è tornata."
Nella voce della Bufera percepivo profondo rispetto e un po' di commozione.
Cavalcai l'onda e pronunciai nuovamente la mia domanda.
"Quindi puoi aiutarmi?" Mentre gli parlavo sembravo una bambina in cerca del suo gioco preferito.
L'abbraccio divenne più forte e rassicurante e la Bufera parlò.
"Per lei qualunque cosa, signorina. Da vent'anni Ekaton non è la stessa senza di lei. Dopo la sua scomparsa più nessuno è nato né è morto, il tempo si è fermato lasciando l'età di ogni abitante invariata."
Quelle parole mi parvero confuse.
"Questo significa che nessuno è cresciuto? Le persone che ci sono adesso ad Ekaton e le loro fattezze sono le stesse da venti anni?"
"Esattamente, signorina. La Centouno e i Cento convogliavano le anime dei morti in un'altra dimensione, il Nuovo Mondo, lì chiamato Terra. A quel punto quelle anime rinascevano per condurre una seconda vita fatta di redenzione."
Non dissi nulla riguardo la mia provenienza proprio da quel mondo, non volevo turbarlo così come accadde alla mia dolce amica Rèuma. Però cercai di ottenere nuove informazioni su tutto il resto.
"Com'erano questi Cento?"
La domanda lo spiazzò, lo percepii da una lieve scossa d'aria. Poi sicuramente si rese conto della mia amnesia e decise di chiarire ogni mio dubbio.
"I Cento erano uomini dall'aspetto fiero e dignitoso, meravigliosamente adornati da corone d'alloro. Loro non potevano abbandonare il Tempio a differenza della Centouno, a cui era permesso girovagare per la città. Quando si doveva compiere un rito, i Cento si tramutavano in polvere. A quel punto loro venivano gestiti dalle sue mani, signorina, e ogni cosa era compiuta."
Un nuovo tassello fu aggiunto a quel puzzle di misteri.
Inizialmente pensai che i miei centouno granelli di polvere non fossero altro che i Cento, nelle loro fattezze da rituale. Ma qualcosa nei miei conti non quadrava, vi era un granello di polvere in più.
Non feci ulteriori domande per non destare sospetti, ma mi ripromisi di indagare su quella strana rassomiglianza.
In quel momento, però, mio fratello era ciò di cui più avevo bisogno.
La Bufera si mostrò disponibile a cercarlo.
"Anche se lei non ne ha mai avuto uno, signorina."
Ci saremmo rivisti esattamente una settimana dopo, nello stesso posto e alla stessa ora. Se lo avesse trovato, lo avrebbe posato dinanzi ai miei piedi come dono della Bufera alla Centouno.
In caso contrario avrebbe continuato a cercare.
Io e Philos andammo via più sollevati e con molte speranze che facevano capolino nei nostri cuori.
Decidemmo di passeggiare per la città, mano nella mano.
Raggiunto il centro esatto di Ekaton, fui accolta dall'inferno.
Ammassi di corpi putrefatti rantolavano al suolo.
Insieme componevano un canto. Un'ode di morte.

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Centouno
Fantasia[COMPLETA] Immersa tra le ombre, Sara comincia a contare quei centouno granelli di polvere che da anni aleggiano indisturbati nella sua camera. Eppure un giorno qualcosa in quei conti non torna. Un granello mancante la porterà a vivere un'avventura...