Capitolo XI

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Non appena ebbi modo di realizzare quanto era appena accaduto, mi scostai da quello sconosciuto con estrema rapidità. Le mie gote cominciarono a pungermi per la vergogna e in quel momento benedissi la semioscurità che ci avvolgeva. Per tale motivo non nascosi il viso arrossato con le mie mani, consapevole che l'altro non se ne fosse accorto.

Non ero mai stata baciata. Fino a quel momento.

Avevo da sempre fantasticato su quella congiunzione sentimentale.

Da anni mi domandavo cosa si provasse a far sfiorare la punta del proprio naso con quella di qualcuno, mentre i propri respiri si attorcigliano gli uni agli altri necessitando di respirare all'unisono. Quasi come un unico corpo con delle anime comunicanti attraverso due paia di labbra.

Avevo immaginato l'atto di un bacio soavemente delicato, una carezza a fior di labbra che non avrebbe deturpato la mia verginità.

Avevo desiderato che fosse un momento estremo, uno di quelli che sembrano accadere sempre ad altri e di cui si è soltanto attenti spettatori.

Avrei voluto che il mio bacio fosse destinato all'uomo della mia vita. Avrei voluto che non fosse lui.

Mi sentii violata da quel gesto inaspettato, seppur leggero proprio come la mia mente lo aveva immaginato. Per questo motivo sollevai la mia mano destra e gli colpii una guancia, provando con soddisfazione un lieve bruciore sul palmo della mano a dimostrazione della violenza appena usata.

"Come ha potuto appropriarsi del mio primo bacio in un modo così rude!"

Dall'altra parte potei percepire un sussulto attraversargli la laringe.

Dopo aver deglutito, finalmente rispose.

"Hai per caso sbattuto la testa, Priscilla? Se questo è stato il tuo primo bacio, tutti gli altri cosa sono stati?"

Un tremore attraversò ogni angolo della mia pelle, rendendomi vulnerabile ad ogni spiffero di corrente d'aria che si ribellava alle travi lignee riuscendo ad attraversarle.

"Come si permette, mascalzone!"

Provai a ripetere il gesto di poco prima ma, sollevata la mano, lui la afferrò. Con una stretta al polso ben più delicata e amorevole di quella del gigante, mi trascinò all'esterno di quello stanzino.

La luce del sole, ormai flebile e destinata a spegnersi, illuminava appena gli angoli spigolosi del viso che mi era di fronte.

Per primi vidi quegli occhi grigi che, attraversati dai raggi solari, parevano splendere di luce propria. Li vidi muoversi rapidamente e con evidente nervosismo da una mia pupilla all'altra, attendendo una qualche mia reazione.

Subito dopo fui attratta dalla sua mandibola ben squadrata e puntellata di tanto in tanto da una barba chiara e nuova. Nonostante la giovane età dimostrata dalla peluria, quel ragazzo aveva l'espressione di un uomo.

Le sopracciglia convogliavano in numerose rughe d'espressione che si rannicchiavano all'entrata del setto nasale, il quale era leggermente deviato verso destra. Subito mi chiesi se quel difetto fosse dovuto a qualche pugno piuttosto violento.

Le labbra, poi, rispecchiavano il tocco morbido e delicato di qualche attimo addietro. Erano morbide, rosee e disegnate con una tale armonia da sembrare dipinte. Mi persi nelle pieghe di quella carne calda, fino a quando quel ragazzo schioccò le dita davanti al mio naso ed io mi risvegliai da quel sogno ad occhi aperti.

Immediatamente ritornai in me e, con un profondo respiro, riacquistai il disprezzo e la sensazione di offesa che prima mi avevano tanto infervorata.

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