Conclusione- Parte 2

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Ciao a tutti! Utilizzo questo breve spazio per dirvi che il prossimo capitolo sarà l'ultimo! Pensavo di riuscire a terminare con questo, ma un incontro inaspettato ne ha aumentato la lunghezza...

Se vi va, fatemi sapere cosa ne pensate!

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Ormai mancava poco meno di un'ora alla Cerimonia e i Cento decisero di preparare il rituale affinché fosse tutto pronto in anticipo.

Mi disposi sull'altare, dando le spalle all'entrata principale del Tempio, e sollevai le braccia al cielo, pronta a pronunciare le frasi di rito impartitemi dai Cento.

Non appena disposi gli arti a mirare il cielo, la mia Anima Grigia prese a illuminarsi impetuosamente. Percepii nel petto un calore bruciante che ormai ben conoscevo da quando mi trovavo ad Ekaton. Quel dolore somigliava a milioni di frustate concentrate in un unico punto: il mio cuore. Eppure sorvolai il fastidio sferzante al centro del mio petto e ripresi a pronunciare parole indefinite per provare a dare una nuova opportunità al popolo di Ekaton.

Alcuni minuti dopo, la porta centrale del Tempio si spalancò violentemente, lasciando entrare pochi raggi di sole cocente e il vento tagliente che si atteggiava a bufera.

Eppure non interruppi il rituale, così come desideravano i Cento. Ogni distrazione doveva rimanere tale, una futile macchia d'inchiostro su di un manoscritto dal profondo valore.

Poi ci furono dei passi. Flebili, delicati, poco sonori.

Nel mio stato di estasi per la Cerimonia, riuscii a percepire la timidezza con cui erano stati poggiati quei piedi sul pavimento marmoreo del Tempio. E, senza alcun motivo apparente, il cuore prese a rombare come uno di quei motorini che i ragazzi della mia età amavano tanto guidare sulla Terra.

Ma non diedi peso neanche a quell'altro segnale.

Un'altra piccola, insignificante sbavatura di niente.

Il bruciore si irradiava negli spazi intercostali, marchiando le ossa con una forza surreale e astratta. Avrei potuto cedere alle torture che la mia posizione di Centouno implicava, ma non lo feci.

Infine ci fu un urlo. Fece capolino da una delle ante del portone centrale e giunse alle mie orecchie.

Fu rapido, inaspettato, meravigliosamente straziante.

"Ciao Saretta."

Una voce infantile, bianca come quella di qualsiasi bambino della sua età, però rotta dal pianto.

Sconcertata, abbassai con uno scatto rapido le braccia e mi voltai.

Vidi un esile corpicino correre a perdifiato verso di me, con le braccia pronte a cingermi la vita.

Inizialmente non realizzai quanto stava per accadere, perciò mi lasciai trasportare dagli eventi e con lunghe falcate ridussi la distanza che mi separava da lui.

Poi avvenne tutto in un istante.

Si fiondò su di me con una forza disumana per un bambino, mi cinse forte a sé e fiondò il volto sul mio ventre, premendo talmente tanto che avrebbe potuto farsi largo nel mio utero e rannicchiarsi al suo interno.

Ad un tratto realizzai ogni cosa.

Mi destai come ci si risveglia da un incubo, con gli occhi sbarrati e le mani sudate.

Guardai in basso e mio fratello era lì, rannicchiato su di me, con le spalle che sussultavano per i singhiozzi.

Ogni velo d'odio si dissipò dal mio cuore per lasciare spazio al profondo amore che nutrivo per lui.

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