17. Gelido miraggio.

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Quinto giorno

Non avevo trovato neanche il coraggio di controbattere dopo ciò che mi aveva rivelato Sander, per paura di non riuscire a esprimere cordoglio, avevo scelto la via del silenzio. Impegnata a vagare con la mente nell'intricato mondo dell'autoconsapevolezza, mi alienai rispetto al resto del mondo. Il suo dolore era come il mio.

In mensa studiai Christopher e i suoi movimenti, soffermandomi ad analizzare i suoi occhi scuri che riversavano in un immenso vuoto interiore. Era pur sempre suo fratello, era parte della sua storia e con lui condivideva le tragedie.

Eppure, all'apparenza sembrava essere la persona più felice tra tutte. Piegava le labbra in sorrisi e le dita in gesti di scherno rivolti a Max. Il tutto si consumava sotto l'attento sguardo magnetico di JJ, seduta al capo opposto del tavolo. L'osservai domandandomi se nascondesse qualcosa a sua volta: la freddezza che la caratterizzava poteva essere un meccanismo di difesa. Forsa la sua era solo abitudine o una imposizione che si era data: non vi erano reazioni che potessero tradire i suoi reali sentimenti. Magari non sapeva come esternarli.

Mi stavo iniziando a sentire una stupida. Anche loro avevano un passato tormentato e tutti avevano avuto la forza necessaria per rialzarsi. E io avevo la necessità di scoprire di più. Non volevo limitarmi alle formalità: stavano diventando qualcosa di più che semplici conoscenti. Se mi avessero chiesto di affidarmi a loro, lo avrei fatto a occhi chiusi. Erano la mia nuova famiglia e lo sapeva anche il mio cuore.

Indugiai sul profilo di Christopher per ancora qualche istante continuando a tormentarmi su una possibile connessione con il fratellastro. Che i due non si parlassero abbastanza? O se lo facessero troppo? Avevano lo stesso legame che io condividevo con James?

Sembravano così soli.

Erano sarebbero stati sempre uniti.

«Che ti succede, Dely?» Lake spuntò alle mie spalle facendomi sobbalzare.

«Oh, sì, che ti succede, Dely?» fece il verso Kit mostrando il capo dalla parte opposta. Ero stata appena accerchiata dai peggiori teppisti dell'Accademia.

«Niente di particolare» tagliai corto. I due ragazzi scrollarono i loro dubbi rubando dal mio vassoio cadauno.

«Ma quello è mio!» inveii contro Kit. James mi trattenne prima che potessi rincorrerlo. Guadagnai una sua occhiata divertita, mentre io ripensavo all'ultima volta che qualcuno me l'aveva fatta sotto il naso in mensa: non avrei mai riserbato loro lo stesso trattamento di Colton. Puntai i miei occhi in quelli scuri di Lake convinta di poterla far cedere. Lo scricciolo si stava nascondendo dietro JJ.

«Mike ti sta cercando, di là!» le comunicai indicando l'orizzonte. Mentii spudoratamente, ma non potevo permettere che la sua azione rimanesse impunita. La ragazzina si destò di colpo, sgattaiolando via dal nascondiglio improvvisato pur di non incrociare il suo compagno. Si scrutò intorno guardinga, mentre io approfittavo della sua distrazione per agguantare il pezzo di pane che era mio di diritto.

«Ti ringrazio per avermelo tenuto al caldo!» farneticai ritornando composta sulla mia seduta.

«A casa non mangiavi così tanto! Non starai ingrassando un po'?» mi canzonò James. Lo guardai in tralice, seguire una dieta ipocalorica era il mio unico problema all'epoca! Gli diedi un buffetto sulla nuca. Per punizione avrei mangiato anche il suo contorno.

«Mio!» Mi mostrò una faccia da cane bastonato che mi fece sciogliere il cuore. «Dividiamolo, va bene, ma è la mia ultima offerta!» ritrattai ponendo il piatto a metà strada tra i due.

«Dovrei anche ringraziarti?» mi domandò stupito, intingendo il cucchiaio nella sostanza semi gelatinosa.

«Visto che i due piccioncini si dividono il pasto, questo me lo tengo!» Kit ci sorpassò con il piatto ancora in mano, seguito alle calcagna da Lake, la quale voleva a tutti i costi il primato di ladruncola della squadra. Diedero spettacolo nella mensa, ma sembrava essere nella norma: nessuno si scompose al passaggio dei due uragani. Scoppiai a ridere osservando le fossette che si formarono sul viso di mio fratello. Stavamo cercando di vivere spensierati, almeno per quello che era possibile.

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