20. Stop.

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Ottavo giorno.

Ero ferma a fissare l'imposta con su scritto il nome di James senza che io potessi fare nulla per cambiare la sua situazione. Trovavo davvero ingiusto che lui fosse costretto a rimanere chiuso dietro quella porta in metallo e che io non potessi assicurargli una vita felice. Mi aveva ripetuto più volte che non c'era problema, che per lui sapermi al sicuro era l'unica cosa che contasse davvero, ma io volevo di più. Non volevo accontentarmi della vana idea di salvezza o di una esistenza senza James. Per quel dovevo assolutamente imparare a gestire i miei poteri.

Sarei tornata alla mia vita, con lui, molto presto.

Distolsi la mia attenzione dall'incisione laccata in oro sulla porta proseguendo il mio cammino fino al piano superiore.

Eravamo sulla lista nera dei cattivi, in quella guerra che non ci apparteneva, ci eravamo ritrovati invischiati per caso. Tutto ciò a causa di una madre che non avevo mai conosciuto e che aveva pensato di tenermi al sicuro portandomi sulla Terra, illudendosi che i suoi problemi non mi avrebbero mai trovata. E mio padre... aveva fatto qualsiasi cosa pur di proteggermi, persino mentirmi... fino al suo ultimo istante.

Il tempo non conosceva ostacoli.

Con la testa bassa e lo sguardo assente, andai a sbattere contro qualcuno, perdendo l'equilibrio verso la fine della prima rampa di scale. Per poco non caddi all'indietro. Mi resi conto di aver urtato la piccola Lake, seduta con le gambe incrociate in cima ai gradoni. Mi puntò un dito contro la fronte con fare irriverente.

«Ringrazio la mia agilità per non essere volata a terra come un sasso, ma più come un abile cigno. Dove vai così di corsa, Dely?» Non mi ero resa conto di aver fatto le scale con foga. Lo scricciolo si sistemò il giacchino e con un solo balzo si riportò in piedi. Sul suo viso spuntò un enorme sorriso.

Mi domandai se l'avessi ferita, così esile e fragile. Sembrava stare bene.

«Vado da Sander. Abbiamo una lezione. Forse è il giorno buono per riuscire a sbloccare i miei poteri. Tu piuttosto, che devi fare, sali?» mi fece cenno di sì con la testa e dopo essersi messa al mio fianco mi superò accelerando il passo. Era incredibilmente veloce.

«Io mi alleno con queste!» Si voltò all'improvviso materializzando ai lati della sua vita due katane che agilmente fece roteare davanti al mio viso. Sbiancai indietreggiando di qualche passo. In una delle lame era possibile specchiarmici: non avevo un bel colorito.

«Figo, vero? È solo il quarto giorno che le sto usando, generalmente ne maneggio solo una, ma penso di essere pronta anche per queste.» Iniziò a studiare il profilo del freddo acciaio e, quando si accorse di essere abbastanza inquietante, le rimise a posto facendole scomparire nel nulla.

«Perché io non ho delle armi?» domandai vinta dall'invidia. Mi sarei potuta difendere al meglio.

«Le danno al partire dal quarto anno. Aggiungono alle funzioni della tuta la possibilità di accedere al deposito del gigafut così da avere sempre a disposizione una varietà infinita di armi. Io adoro anche gli shuriken, mi fanno sentire un ninja.» La piccola scimmietta si arrampicò sulla ringhiera al mio fianco. Un solo movimento sbagliato e sarebbe caduta giù per almeno dieci metri. Per lei, però, sembrava così naturale essere in bilico.

La guardai perplessa. «Ma non sei già un ninja che va in missione? Guardati: sei estremamente agile, sei silenziosa e attacchi in maniera precisa. Maneggi queste armi e fai i salti nel vuoto» le feci notare. Affilò il suo sguardo.

«Sono un ninja!» strillò contenta prima di stringermi forte tra le sue braccia. Mi sciolsi ricambiando attivamente quel contatto.

«Tu saresti perfetta con dei pugnali. Ne sono certa» mi confidò in un orecchio. Nella mia mente si proiettò quella eventualità, ma non seppi dare una vera forma all'immagine: l'unica lama che avessi mai maneggiato erano stati dei coltelli da cucina per tagliare le bistecche.

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