Il rientro a scuola

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L'intervallo delle 11:00 am arrivò dopo ore che sembrarono secoli. E lì cominciò il putiferio.
Uscii dall'aula di diritto e sentii la voce di Ethan gridare e sghignazzare.
"Hai le palle di ribattere, frocietto di merda?" diceva sto stronzo. Un colpo secco su un armadietto.
Un solo pensiero balenò nella mia testa: Toby. Corsi nella direzione del colpo e...trovai Ethan e i suoi due amichetti sbattere la testa di Toby sul suo armadietto. Il mio migliore amico aveva già un occhio nero.
"Rispondi, checca del cazzo!" un altro colpo sull'armadietto. Una lacrima rigò il volto spaventato di T. Ma i professori dove sono quando servono davvero?
Intervenni io. "Lasciatelo stare!" gridai addosso ai tre bulli più temuti.
"Oh, è arrivata la puttana!" esclamò Jack, il ragazzo alla destra di Ethan.
Mi avvicinai a loro. "Ho detto di lasciarlo in pace! Guardatevi allo specchio prima di picchiare Toby! Non vi ha fatto niente di male!"
"Ce ne ha fatto, invece." soggiunse Ethan. "Guarda sta faccia di cazzo di un frocio..."
Mi si offuscò la vista, ero talmente incazzata da non riuscire a ragionare. Mi avvicinai ancora a loro e sferrai un pugno a Ethan. Lo colpii in piena faccia e i suoi occhi cominciarono a lacrimare.
"Oh, cazzo." esclamarono i suoi due amici, Jack e Aidan. Dopodichè i tre bulletti cominciarono a correre via.
"Ecco, andatevene a fanculo!" gridai ai tre codardi di turno. "T-Toby?" guardai il mio migliore amico, seduto a terra con la schiena poggiata ad un armadietto.
"Grazie, Aly." sussurrò impercettibilmente.
"Oddio, Toby..." scoppiai a piangere.
Non ce la facevo, non lo sopportavo, stavo crollando di nuovo.
Sentii i passi di qualcuno venirci incontro. "Cosa succede qui?" chiese la voce severa della professoressa Smith. "Oh mio Dio, signorina Amber... Vieni nel mio ufficio e ne parliamo? Mi dici cosa è successo davanti a una tazza di té?" mi limitai ad annuirle, mentre l'infermiera soccorreva Toby.
Percorremmo la scuola per arrivare nell'ufficio della professoressa. Ci ero già stata, ma non per un motivo così serio.
Mi sedetti davanti alla scrivania mentre la Smith preparava i due té.
"Giustificherò io al professor Anderson la tua assenza alla sua lezione." disse in tono dolce. Dopo che l'acqua venne versata nelle due tazze e le bustine di té furono messe nell'acqua, la professoressa di chimica si sedette dietro la propria scrivania. "Mi puoi raccontare cosa è successo, per favore?"
Io le raccontai tutto per filo e per segno, sorvolando la parte del pugno.
"Questo da quanto va avanti?" chiese tornando magicamente al suo tono duro.
"D-da settembre." balbettai.
"Potevate segnalarcelo prima. Ciò che è successo oggi non sarebbe accaduto forse." replicò la Smith.
"L'avevo già detto a Toby, m-ma lui ha preferito continuando a farsi maltrattare... G-guardi ora come l'hanno ridotto... L-lui ha bisogno di fare qualche seduta dal consulente scolastico, professoressa..." dissi lentamente tra i singhiozzi.
"Sei molto legata a lui, giusto?" annuii. "Allora ti va di accompagnarlo dal consulente? Forse con te si sente più a suo agio..."
"I-io... ci proverò, professoressa... Non le assicuro nulla..." ribattei.
"Va bene. Vuoi andare a trovare Toby in infermeria?" mi chiese la professoressa di chimica.
"Io... s-sì, vorrei tanto..." tirai su col naso.
"Puoi andare da lui, ma prima ti firmo il permesso e tu vai a lavarti la faccia." mi ordinò.
La professoressa Smith mi firmò il permesso, io lo misi nello zaino e corsi verso il bagno per sciacquarmi le lacrime.
Andai addosso ad una persona ed alzai gli occhi. "Ci si rivede, troia."
"Ethan, lasciami stare. Ho detto tutto alla professoressa Smith." replicai.
"Per questo la devi pagare." cercò di afferrarmi i capelli, ma indietreggiai in tempo e corsi verso un altro bagno nel corridoio. Mi chiusi lì dentro, mi lavai la faccia e sfrecciai fuori dalla porta verso l'infermeria. Bussai e la dottoressa aprì la porta.
"Vorrei v-vedere il ragazzo che avete portato qui mezz'ora fa." le chiesi.
"Hai un permesso?" domandò la signorina Sprite.
Tirai fuori dallo zaino il foglio che mi aveva consegnato la professoressa e glielo feci vedere. Lei lo lesse con attenzione.
"Bene, puoi entrare..." si spostò da davanti la porta e mi fece passare.
"Toby?" chiamai.
"Alyssa? Sei tu?" rispose la sua voce.
Lo vidi seduto su un lettino da ospedale con l'occhio sinistro bendato. "Grazie al cielo." lo abbracciai. "Come ti senti?"
"Secondo te?" rispose ironicamente. "Peggio di ieri e di tutti gli altri giorni. Mi avrebbero ucciso se non fossi arrivata tu."
"Io... oh, Toby, mi dispiace davvero tanto. Sono un disastro." dissi tristemente.
"Smetti di dire che ti dispiace. Mi hai salvato, Aly." fece una pausa. "Sono un mostro, scusami..."
"Non sei un mostro, assolutamente no. Basta dire cazzate, T." gli risposi.
"G-grazie, Aly. Ti devo un favore." sussurrò.
"No, nessun favore. L'ho fatto perché ti voglio bene e ti considero un fratello." gli sorrisi. E lui pianse. Pianse per tutte le volte che non l'aveva fatto. Io mi sedetti accanto a lui e lo strinsi a me. Era strano vedere come un ragazzo grosso e forte come lui piangere e farsi abbracciare da una piccola e debole come me.
"Ti voglio bene anch'io, A..." disse Toby sottovoce.
"Ho raccontato tutto alla professoressa di chimica. Le ho anche detto che avresti bisogno di parlare con il consulente e lei mi ha proposto di andarci insieme. Pensava che forse ti saresti sentito più a tuo agio con me. Tanto non fa male neanche a me qualche seduta da quello specie di psicologo. Cosa ne dici?" gli chiesi dolcemente.
"I-io..." tirò su col naso. "Grazie, Alyssa... Ci rifletterò su, okay?"
"Va bene, Toby." guardai l'ora: 11:50 am. "L'ultima cosa e poi ti lascio riposare... Oggi pomeriggio posso venire da te dopo aver fatto i compiti?"
Toby si asciugò le lacrime. "Se ti chiamo puoi venire, se non ti chiamo non ti preoccupare. Vuol dire che mi sono addormentato o che sto provando a fare qualche compito o studiare."
"Okay." gli baciai la fronte. "Ci sentiamo dopo. Buon riposo."
"Ciao, piccola." mi salutò con la mano e, mentre uscivo, vidi che si stava coricando sul lettino.
Suonò la campanella di mezzogiorno. Ancora due ore, ce la potevo fare. Mi mancavano geografia e algebra. Le due ore passarono in fretta, anche se non riuscii ad ascoltare nulla delle spiegazioni. Avevo la testa altrove.
Finalmente tornai a casa. Dio, che giornata pesante. Quel pomeriggio non pranzai, mi sentivo così fiacca... Feci i compiti in meno di mezz'ora ed aspettai una chiamata di Toby. Arrivarono le 4:15 pm. Lui non aveva ancora chiamato. Non ce la facevo ad aspettare ancora. Presi la mia giacca ed andai a casa sua. Suonai più volte il campanello e feci anche squillare il telefono di Toby. Niente. Suonavano tutti e due a vuoto. Dopo la ventesima volta che pigiavo sul citofono lui rispose.
"Chi Caspian è?" chiese seccatamente.
"Sono Alyssa. Mi lasci entrare?" chiesi insicura di me
"Ti avevo detto che ti avrei chiamata se avessi voluto che tu venissi." ribattè più seccato di prima.
"Scusa, Toby, avevo bisogno di vederti e sapere come stavi. Ho aspettato tutto il pomeriggio una tua chiamata. Ora se vuoi me ne vado, non importa." sospirai.
"No, entra. Tanto non facendo nulla di importante." mi aprì cancello e porta d'ingresso.
Andai dentro a casa sua. Lui era seduto sul divano a guardare serie tv come sempre quando non sapevo che fare.
"Ciao, T. Tutto okay?" gli chiesi sedendomi accanto a lui.
"Ciao, piccola. A parte il mal di testa sto bene, tu?" mi strinse a sé.
"Io... non lo so come sto." sbuffai e mi strofinai gli occhi.
"Sei stanca?"
"Penso di sì." sentii qualcosa di bagnato sulla mia felpa. Spostai il braccio di Toby e mi toccai la schiena: quando mi riguardai le dita vidi macchie rosse e appiccicose.
"Toby..." lo guardai con un misto di tristezza e rimprovero. Lui abbassò lo sguardo. Gli presi il braccio sinistro e gli tirai su la manica del maglione. Altri cinque tagli gli rigavano i polsi. "Perché, Toby? Perché?" esclamai.
"Scusami, Aly..." disse piano.
"Chiedi scusa a te stesso, non a me. Fai più male a me che a te, ma questo non importa. Io voglio che tu in primis stia bene, a me ci penserò poi." lo rimproverai. "Vieni, andiamo a disinfettarli."
Ci alzammo dal divano ed andammo in bagno. Presi dei dischetti di cotone e del disinfettante e cominciai a tamponargli le ferite su entrambe le braccia.
"Cazzo, brucia." strillò Toby.
"Così impari a fare ste cose." mi scese una lacrima sul suo braccio destro. Lui la notò subito e mi spostò i capelli biondi da davanti la faccia.
"Faccio schifo, Alyssa, perdonami." mi alzò il viso scrutando dentro i miei occhi verdi. I suoi erano pieni di dolcezza. "Mi puoi perdonare?"
"Io ti perdonerei sempre, T." risposi. "Però ora dobbiamo fare una cosa."
"Che cosa?" chiese Toby.
"Devi dirmi dove tieni quelle schifezze e le buttiamo insieme, okay?" domandai buttando il cotone inzuppato di sangue nel cestino del bagno.
"Ma..." cominciò lui.
"Niente ma." soggiunsi. "Non voglio venirti a trovare in ospedale, poi. Altro che infermeria della scuola."
"Va bene..." mi portò nella sua camera da letto ed alzò il cuscino dal suo baldacchino. Io presi le sue lamette e le andai a buttare nella pattumiera coprendole con altri rifiuti. Poi tornai in camera sua.
"Guai a te se rinizi a fare ste cagate. Non so se te lo potrei perdonare ancora. Mi fa troppo male, Toby." lo avvisai.
"Va bene, piccola, lo faccio per te." mi accarezzò una guancia.
"Ora è meglio se torno a casa. Mamma mi aspetta. Tu non fare altre cazzate. Domani andiamo insieme a parlare col consulente scolastico." dissi.
"Okay, Aly. Ci vediamo domani." mi accolse tra le sue braccia. "Grazie di tutto. Ti voglio molto bene."
"Anch'io ti voglio bene, T, non ringraziarmi." ricambiai l'abbraccio.
"Ti accompagno all'ingresso, dai." sciolse l'abbraccio ed uscì dalla stanza con me che lo seguivo. Ci baciammo ancora una volta sulle guance e lo lasciai riposare a casa da solo.
Tornai a casa. Mentre camminavo pensai a quanta paura avevo a lasciarlo a casa da solo. Non riuscivo a far altro che pensare a quei tagli sui suoi avambracci. Perché dovevo fare quelle stupidaggini? Io ero con lui qualunque cosa sarebbe accaduta. Sarei sempre stata dalla sua parte. Avrei sempre cercato di aiutarlo come potevo. Io c'ero e lui lo sapeva, sapeva di poter contare su di me. Invece no, aveva preferito farsi del male.

Maledetto Sorriso || Jace Norman // COMPLETADove le storie prendono vita. Scoprilo ora