Twenty-four.

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[ DREY ]

Ero scappata, in lacrime, perché era la cosa che mi riusciva meglio.
Non sarei riuscita a reggere un ulteriore confronto, non sarei riuscita a guardarlo con gli stessi occhi. Perché quella persona non era il mio Filippo, non era il ragazzo che avevo conosciuto qualche anno fa.
Quello che avrebbe fatto tutto pur di vedermi felice, quello che si è spogliato delle sue maschere per farmi fidare, quello che ha lottato mesi e mesi per riuscire ad ottenere una sola uscita; quello sbruffone ma, allo stesso tempo, così innamorato da non riuscire più a nascondere la sua reale persona.
Cosa era successo al mio Irama? Forse il problema ero io, forse non gli dimostravo abbastanza amore, forse non ero all'altezza.
Ero eccessivamente complessata, tempestivamente ambigua; non era facile starmi accanto e, dopo un po', ci si stancava.
Avevo un carattere terribilmente lunatico, avevo bisogno di attenzioni e non riuscivo a togliere definitivamente i miei muri. Non sapevo dimostrare a pieno le cose, non reggevo i confronti e non sopportavo i dolori.

Quando rientrai in camera, crollai sulle mie stesse gambe; avete presente quella sensazione  che si prova quando si sogna di cadere? Dove ti senti il cuore in gola e per un attimo pensi di dire addio a tutto?
Era esattamente ciò che sentivo io.
Ero psicologicamente lacerata; arriva un momento, durante il pianto, in cui le lacrime iniziano a scendere da sole.
In cui non ti escono nemmeno più i singhiozzi.
Le urla.
Resta tutto incastrato in gola.
E sussulti, sussulti solo.
Sussulti violenti, quasi spasmi.
Il dolore che cerca di uscire ma non ce la fa, ti muore dentro.

Mi accorsi di non essere sola quando percepii due braccia cingermi le spalle: Emma era accovacciata di fronte a me, mi guardava preoccupata e tentava in qualche modo di confortarmi.
Non proferii parola, mi lasciai stringere tra le sue braccia e sfogai; piangere non era da me, solitamente facevo finta di nulla e fingevo un sorriso. Ma non ero riuscita a controllare le mie emozioni.
Emma si staccò di poco e scacciò qualche lacrima dal mio viso, poi posò le mani ai lati delle mie spalle. «Cosa è successo?» chiese.
«Voglio andar via» sospirai, passando una mano sul viso.
Alla mia risposta, la giovane strabuzzò gli occhi e scosse la testa. «Racconta» mi spronò, sollevandomi da terra.
Si sedette sul letto ed io mi sistemai al suo fianco, poggiando il capo sulla sua spalla; la castana mi porse un fazzoletto ed io la ringraziai con lo sguardo, dandomi una sistemata.
Dopo svariati minuti, presi parola. «Non mi ama più» mormorai, tenendo lo sguardo basso. «Ha detto di aver capito di amare Giulia, poi mi ha baciata ed io gli ho dato uno schiaffo, non so neanch'io perché, non è da me» tirai su col naso, le lacrime minacciavano di uscire ancora una volta. «È una sensazione orribile, Emma. Mi sento come se fosse crollato tutto, mi sento presa in giro.» scrollai le spalle.
«Drey, non devi andare per lui!» esclamò, stringendomi a sé. «Irama non ha capito cosa ha perso, non troverà mai una persona come te»
«Non riuscirei a dare il meglio di me, se continuo a star qui» bisbigliai.
Emma mi prese la mano e portò i suoi occhi cristallini ad incrociarsi con i miei. «Fai quello che senti in tuo cuore ma..okay, in english» ridacchiò per il suo stesso italiano. «You deserve better, you're incredible and make me a promise» annuii alle sue ultime parole, lasciandola proseguire. «Prometti che non ti farai, uhm, be beaten down?» chiese per sapere la traduzione.
Curvai le abbra in un lieve sorriso «Abbattere» suggerii.
«Abbattere!» ripeté.
Quella ragazza era qualcosa di unico, le volevo un bene infinito e riusciva a tirarmi su in qualsiasi occasione.
Sapevo che avrebbe accettato ogni mia decisione, perché lei era così, voleva vedermi serena.
«Ci proverò» la rassicurai, annuendo.

***

[ IRAMA ]

Erano passate diverse ore dalla rottura con Drey, ero fermo su quella panchina da quando era andata via. Non riuscivo a realizzare ciò che era successo, ciò che stava accadendo nella mia vita.
Il mio sguardo era fisso nel vuoto, finché non fui distratto da una figura che camminavano verso di me a passo svelto. Lo riconobbi poco dopo, era Biondo e sembrava tutt'altro che felice.
«Che cazzo hai fatto?!» sbraitò quando fu abbastanza vicino, afferrandomi per il colletto della maglia. «E tutte quelle parole? E tutte quelle minchiate che dicevi? Ed io che credevo al tuo amore verso di lei»
Chiusi gli occhi, impotente. Non avevo forza di reagire. «Non è come credi, Simò» mormorai, risollevando le palpebre.
Lasciò la presa, sbattendomi sulla panchina come fossi un oggetto. Alzai lo sguardo verso il cielo, non volevo piangere, non dovevo farlo.
«M'ha chiamato Emma e m'ha detto tutto» disse a denti stretti. «Sei un bastardo, io ti credevo diverso, cazzo. Me facevo i fottuti cazzi miei ed evitavo proprio de mette' buona parola co' lei. Non te meriti niente, se non..»
«Porca troia, non sai un cazzo!» bloccai le sue parole, alzandomi di scatto dalla panchina «Lo sai che se non avessi fatto ciò che ho fatto, l'avrebbero uccisa, eh? Lo sai quanto mi è costato farlo, mh? La risposta è no! Siete tutti bravi a parlare senza sapere, tutti bravi a fare i giusti. Ma non sapete un cazzo, un cazzo» avevo alzato la voce, ero arrivato al limite della sopportazione. «Ho passato due giorni di merda, sono stato minacciato da coloro che si credono genitori ed io, dovessero cascarmi le palle se non sto dicendo la verità, la amo e l'ho fatto per vederla ancora viva e vegeta.» stavo piangendo, pessima figura. «Preferisco così piuttosto che andare a trovarla in uno stupido cazzo di cimitero» mi piegai sulle gambe, lasciandomi andare tra i singhiozzi, sotto lo sguardo fugace dei passanti.
Ma non mi interessava, mostrarmi debole.
«Cazzo» disse il giovane, inginocchiandosi verso di me e stringendomi in un abbraccio. «È una cosa orribile, Filì. Mi dispiace, non volevo» sospirò, stringendomi ancora.
Non dissi nulla, rimasi in quella posizione per minuti interminabili. Non sapeva tutto questo, prima che glielo dicessi, ed era stata normale la sua reazione.
«Mo te devi ripijà, però» mi alzò da terra e mi rivolse un sorriso. «Sembriamo due femminucce»
Ridacchiai alle sue parole e scrollai le spalle, prendendo un grosso respiro. «Solo una cosa, fra» lui annuì, guardandomi interrogativo. «Non dire nulla a Drey di questa storia, perché sono cazzi. Ora chiamo sua madre davanti a te e dico che ho fatto.» presi il cellulare dalla tasca posteriore e tornammo a sederci sulla panchina; sbuffai, passandomi una mano sul viso ancora umido e composi il numero, lasciando squillare.
«Pronto?» gracchiò quella voce fastidiosa, facendomi roteare gli occhi.
Attivai il vivavoce e feci cenno a Biondo di stare a sentire. «Ho fatto tutto, ma ho una sola richiesta» proferii, mentre il mio migliore amico teneva una mano sulla mia spalla. «Drey deve continuare il serale finché non esce, poi ti assicuro che smetterà perché sta male»
Una risata divertita fece eco. «Quanto dura questo serale? Lo so che smetterà, visto che senza di te è una morta che cammina.» quelle parole mi fecero percepire una fitta al cuore.
Fecero irrigidire persino il ragazzo al mio fianco, in quale era evidentemente teso.
«Due mesi, ma può essere eliminata anche prima» ci fu qualche secondo di silenzio.
«Va bene, tanto non durerà molto. È una fallita, senza la tua presenza» non mi diede il tempo di rispondere, mise giù.
«Io a questa le rompo il setto nasale! E si crede una madre? Che merda, che merda» Simone si era alzato dalla panchina e stava camminando avanti e indietro dinnanzi a me. Era allibito da ciò che le sue orecchie avevano udito e lo capito; quella donna era un essere spregevole.
«Sono impotente» ammisi, tenendo lo sguardo basso.
Perché era così, non potevo far nulla se non stare in disparte a guardare.
Sarebbe passato, almeno ci speravo, ma c'era una sola cosa di cui ero certo: non avrei più amato nessuna, neanche la metà di quanto avevo amato Drey.

[ Narratore esterno ]

Più passavano i giorni, più Drey si rendeva conto che la sua vita senza Irama non aveva più senso.
Non aveva più voglia di mangiare, non aveva più voglia di scrivere o di cantare.
Nonostante avesse persone meravigliose al suo fianco, si sentiva completamente persa e sola; per di più, la presenza delle telecamere la metteva ulteriormente a disagio.
Capitavano giorni in cui incrociava, per sbaglio, gli occhi del castano e si sentiva morire il respiro in gola. Gli occhi le bruciavano e, per non fare le solite figure, a passo svelto si rifugiava in uno dei bagni.

Irama, al contempo, nascondeva il suo malumore dietro un sorriso sornione; egli riusciva a far sembrare tutto una meraviglia, ma non era affatto così. Aveva semplicemente indossato la sua maschera da strafottente, ma bastava guardarlo negli occhi per capire come stesse davvero.
Aveva delle occhiaie profondissime, dovute al fatto che la notte non riusciva a chiudere occhio, nonostante non avesse più Drey in camera; ella aveva chiesto di essere spostata, con una scusa banalissima alla quale la produzione aveva creduto.
Inoltre, gli sguardi assassini puntati su di lui, gli mettevano ancor più agitazione e lo si notava perché iniziava a torturarsi il labbro inferiore; in quei casi, interveniva prontamente Biondo; quest'ultimo gli era stato accanto più del dovuto, lo costringeva a mangiare e ad alzarsi dal letto ogni mattina.
Spesso Irama si incantava verso la figura minuta della giovane, non riusciva a staccarle gli occhi di dosso; reprimeva un sorriso ogni volta che si fermava ad osservare le espressioni buffe della sua amata, tant'è che quando ella stessa lo coglieva sul fatto, lui si sentiva sollevato perché sicuro che Drey lo amava ancora.
Quei due erano capaci di mandare in tilt il loro cervello con degli sguardi dalla durata di 0,2 secondi.

Quando era iniziato il serale, ovvero la vita nelle casette, Drey ed Irama erano (s)fortunatamente capitati in due squadre differenti.
La giovane faceva parte della squadra dei Blu, il castano faceva parte della squadra dei Bianchi.
Durante la prima puntata, egli aveva cantato "E penso a te"   lanciando più volte lo sguardo verso la ragazza ed il pubblico sembrava averlo notato, tant'è che era in delirio totale.
Solo lei, non aveva osato alzare lo sguardo; non era riuscita a viversi quell'esperienza al meglio.

Era uscita, difatti, alla quarta puntata sotto sua richiesta; aveva azzardato nel fare una sorta di complotto con la produzione, spiegando il suo malessere di quel periodo.
«Ringrazio tutti per la splendida opportunità, ringrazio i professori che mi hanno aiutata a crescere, i miei compagni di viaggio. Ringrazio tutte le persone che mi hanno sostenuta, i ragazzi che lavorano per noi 24 ore su 24 sopportando ogni nostra lamentela! E, soprattutto, ringrazio Maria; è stata la prima a crede in me e forse l'unica, una mamma. Vi voglio bene, grazie per ogni singola cosa»  aveva detto, provocando le lacrime di tutti i presenti, particolarmente di Irama.
Perché lei era così, riusciva ad entrare nel cuore delle persone senza mai farle stancare.
Era capace di sollevare tutti nei momenti di debolezza, ma non con sé stessa.
Ma c'era stato qualcosa, fuori dalla scuola; era successo qualcosa di incredibile poco dopo.
E, presto, scoprirete cosa.

#SPAZIOAUTRICE

Cosa sarà successo fuori dalla scuolaa? Vi lascio sempre con l'ansia; questa cosa deve finire, ammazzatemi ed odiatemi!
Non vi farò aspettare tanto anche perché ho l'altro capitolo quasi pronto🍀
E NE VEDREMO DELLE BELLE, VI DICO SOLO QUESTO.

Anyway, aumentiamo a dismisura e niente sono strafelice che la storia vi piaccia (anche se mi odiate, io lo so!)

All the love as always!
STAY TUNED🍀

Def.

Tornerai da me. [ IRAMA ]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora