Twenty-nine.

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[ IRAMA ]

«Che cazzo significa che l'hai lasciata?!» Lori era furioso, stava agitando le mani in modo frenetico e camminava senza meta per il salotto di casa sua.
Mi ero rifugiato lì dopo una notte insonne, non ero riuscito a prender sonno e tutto ciò era un casino.
Passai le mani tra i capelli, scuotendo più volte il capo. «Non ho alternative, Lò!» esclamai, stravaccandomi sulla poltrona. «Non voglio rovinare la mia carriera, non di nuovo» era un discorso egoistico, ne ero consapevole.
Ma avevo perso così tanti treni, in così pochi anni, che non volevo lasciar scappare anche questo.
«Ma dove cazzo è finito il tuo cervello?» il moro mi puntò il dito ed inarcò le sopracciglia. «Ma la vuoi smettere di comportarti come "Irama Plume artista"» mimò le virgolette con le dita, sottolineando il mio nome d'arte. «E far tornare, giusto per due secondi, Filippo?» continuò, incredulo del mio comportamento.
Sbuffai, spazientito. «Sono sempre io, non ci sono due parti di me.» affermai, sollevandomi dalla poltrona. Mi stavano mandando all'esasperazione. «Sono fottutamente io, mettetevi in testa questa cazzo di cosa! Irama è Filippo. Filippo è Irama. Ed in quanto persona, non posso prendermi una responsabilità del genere» alzai i toni, avvicinandomi alla figura del mio migliore amico. «Un figlio, bro, non è un gioco. Io sono giovane per diventare padre, lo volete capire o no?» accennai una risatina nervosa e strinsi i pugni. «Ma no! Sembra facile restare dall'altro lato, è facile puntare il dito quando non si è dentro! Per anni mi sono sentito schiacciato da qualcosa di più potente ed ora che ho in mano tutto questo, non me la sento di mandare tutto a puttane» sbattei il pugno chiuso contro il tavolino; mi meravigliai delle parole che stavano uscendo dalle mie stesse labbra, sembravo un mostro e forse lo stavo diventando.
«Ovvio, perché per Drey che ha 19 anni sarà tutto così facile. Crescere un figlio da sola ed assumersi tutta la responsabilità, quando è una cosa che avete fatto in due, certamente.» il suo tono ironico mi stava innervosendo e non poco.
Probabilmente aveva ragione, ma era tutto così poco chiaro ai miei occhi.
«Ma sai cosa ti dico? Spero che incontri qualcuno di migliore, che la ami e che si dedichi completamente a lei» quella frase pronunciata da Lori, mi fece cascare il cuore in un vuoto cosmico. «E che la aiuti con vostro figlio, anche. Poi voglio vedere se non te ne fregherà un cazzo oppure farai come qualche anno fa, che correrai da lei in preda al panico» mormorò, riportandomi con la memoria al passato.

Flashback.

Erano esattamente tre settimane che non avevo notizie di Drey, avevamo rotto per incomprensioni da parte di entrambi.
Io ero uno spirito libero e sentirmi legato mi portava al limite della sopportazione: era gelosa del mio approccio verso il genere femminile, ma quella era una parte di me che mai sarebbe cambiata.
Aprii la porta della mia camera e trovai Lori, con la mano sollevata verso l'alto. «Stavo per bussare» disse, facendomi sorridere.
«Ed io stavo per venire a cercarti, che fine avevi fatto?» risposi, lasciandolo entrare nella stanza d'hotel.
Quella, ormai, era diventata una casa; noi concorrenti di XFactor, eravamo costretti ad alloggiare lì.
Io non ero stato preso ma mi avevano comunicato che ci sarebbe stato un ripescaggio tra tutti gli eliminati; speravo di tornare in gara, magari assieme alla mora. Aveva talento e sentiva il continuo bisogno di essere capita; lo meritava, anche.
«Sì, ma ho incontrato la piccola Mercoledì Addams di sotto!» ridacchiò alle sue stesse parole, riferendosi alla mia ex ragazza.
Passai la lingua tra le labbra e schiarii la voce. «E?..»
Il moro inarcò un sopracciglio e curvò le labbra in una smorfia divertita. «Ti interessa quel che ci siamo detti?» domandò, con aria di chi la sa lunga. «Se te lo stai chiedendo, così per informazione, sì sei stato un coglione a lasciartela scappare»
Roteai gli occhi e portai una sigaretta alle labbra, scrollando le spalle. «Poco mi interessa, sono pieno di donne attorno, non voglio catene.»
Lori si alzò dal divano e si diresse verso il mini frigo, prendendo una birra. «Già, anche lei se ne strafott!» accennò, stappando la bottiglia. «Dato che sta per uscire con un certo Riccardo» continuò, prima di prendere un sorso di Heineken. «È anche molto carina, ha un jeans a vita alta che le mette in risalto il culo»
Percepii il sangue ribollire nelle vene, quando il mio migliore amico mi informò di quanto stava per accadere.
Una morsa allo stomaco mi fece sollevare istintivamente dal divano, Drey era roba mia e di nessun altro.
Avevo capito cosa diavolo stavo per perdere, lei era troppo preziosa per le mani sporche di qualsiasi essere, al di fuori del sottoscritto.
Lasciai la sigaretta consumata nel posacenere ed afferrai la giacca di jeans, prima di raggiungere velocemente la porta. «Dove vai?» sentii dire dal giovane, ma non ci feci caso.
Lasciai l'appartamento ed a passi svelti mi diressi giù per le scale, rischiando anche di rompermi la testa.
Arrivai nella hall, in completo affanno, ed uscii fuori dalla struttura; i miei occhi vagarono ovunque, finché non furono come attirati dalla figura seduta su uno dei muretti.
Lei era lì, stava sicuramente aspettando quel tizio; lo capii dal modo in cui agitava la gamba e dal modo in cui il suo sguardo cercava qualcosa di indefinito.
Mi avvicinai pericolosamente a lei e la vidi alzarsi, con sguardo confuso. «Che ci fai qui?»
Non osai rispondere, le presi il polso e la trascinai verso il retro dell'hotel, sotto le sue continue proteste. «Sto aspettando una persona, lasciami!» non me ne curai più di tanto.
«Tu non hai capito un cazzo!» gridai, quando fummo lontani da occhi indiscreti.
Si liberò dalla mia presa ed io mi sentivo bruciare sotto il suo sguardo. «Ma che ti prende?» sembrava sull'orlo di un esaurimento nervoso.
Non riuscivo più a ragionare, il mio cervello stava per esplodere. «Con chi devi uscire?» ringhiai, sottovoce.
Mi stava guardando con le sopracciglia inarcate ed aveva le braccia incrociate al petto. «Non ti riguarda neanche un minimo, Filippo»
«E invece mi riguarda, tu appartieni a me, sei roba mia» soffiai, prima di sbatterla contro il muro.
Drey sussultò a quel contatto e tentò di divincolarsi, lamentandosi. «Vuoi che ti tiro un calcio nelle palle? Finisce sempre così, ti conviene starmi lonta..-» roteai gli occhi per il suo continuo parlottare e, istintivamente, posai le labbra contro le sue.
Le mossi nella speranza di venir ricambiato e successe, pochi secondi dopo che la mora ebbe realizzato.
Fu un bacio diverso, era forse la prima volta che avevo lo stomaco in subbuglio.
L'avevo capito che non desideravo altre che non fossero lei.
L'avevo capito che la gelosia fosse un sentimento normale, perché aveva rischiato di mangiarmi vivo.
«Ora capisci come mi sento?» chiese, annullando quel bacio.
Sospirai, annuendo. «Dagli buca ed esci con me, ti porto a cena» mormorai, incastrando i nostri sguardi.
Lei sorrise e fece la vaga. «Ci penso!»
«Lo prendo per un sì, piccola» ammiccai, divertito.
Mi assecondò, accennando una risata. «E fai bene! Ma sappi che questa è l'ultima volta che ti perdono»

Tornerai da me. [ IRAMA ]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora