Epilogo.

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Un anno dopo.

[ IRAMA ]

«La smetti di andare avanti e indietro» sbottò Lori, facendomi rendere conto delle mie azioni.
Non riuscivo a fermarmi, ero in panico; mancava poco alla fine del concerto e dovevo fare una cosa importante.
Ora mi trovavo dietro le quinte, la solita pausa prima della fine, con l'amico di sempre.
«Eccoci qui!» la mia ragazza entrò nel backstage, tenendo tra le braccia il piccolo David, nostro figlio.
«Oh, guarda qui chi c'è! L'ometto di papà» mi avvicinai a lei, prendendo tra le braccia il piccolo di casa.
Aveva gli occhi chiari come i miei, i capelli chiari e le sue labbra. Caratterialmente non riuscivo ancora a definirlo, ma da quelle poche mosse che compiva potevo rivedere un mini Drey.
Il ricordo della sua nascita era ancora impresso nella mia testa, un'immagine che mai più avrei dimenticato.

Flashback.

«Ancora un piccolo sforzo, signorina Levis» la spronò il dottore.
Era sul punto di nascere, riuscivo a vedere il dolore che la mora stava provando: aveva gli occhi serrate, il volto paonazzo e la sua mano stringeva forte la mia.
«Ssh, ora passa» tentai di rassicurarla, ricevendo un'occhiata truce.
«Filippo, io giuro che ti strappo quelle piume e te le infilo su per il..» si bloccò, percependo un'altra piccola fitta, che la costrinse a spingere ancora.
Ormai era da un'ora abbondante che mi insultava, la cosa mi faceva ridere ma reprimevo il tutto stringendomi il labbro tra i denti.
Era normale essere nervosi.
«Ci siamo quasi» sussurrò l'uomo dal camice bianco, prima di estrarre la creatura.
Persi un battito quando lo vidi, fu amore a prima vista.
Piangeva, il ché voleva dire che stava bene.
Portai prontamente lo sguardo su Drey, avevamo entrambi gli occhi colmi di lacrime. «Ce l'hai fatta» mormorai, asciugando una lacrima dalla sua guancia.
Mi piegai verso di lei, posando un bacio sulle sue labbra secche.
Il frutto del nostro amore era lì; lo stavano ripulendo, non stavo nella pelle.
«Mi spiace averti insultato così tanto» bisbigliò la mia donna, prima di tirare un sospiro di sollievo.
Era stato difficile, per lei; aveva il limite di sopportazione minimo, anche un piccolo graffio poteva farle del male.
La mia bimba.
«Eri buffa ed anche sexy, con quei toni» ammiccai, facendola scoppiare in una risata.

«Ecco qui il pargoletto!» esclamò l'uomo, rientrando nella camera. Lasciò il bambino, avvolto da un lenzuolino, tra le braccia della giovane.
Fu la scena più bella che io avessi mai visto.
Mi accomodai sulla sedia di fianco al lettino e carezzai la manina di quell'ometto.
«Spero che abbia gli occhi come i tuoi» soffiò Drey, curvando le labbra in un sorriso «Prendilo» mi incitò.
Mi feci coraggio e lo presi tra le braccia, con una delicatezza mai avuta prima. Era una piuma, anche lui, sì. Era così piccolo, così delicato, così dannatamente perfetto.
«Come volete chiamarlo?» chiese, d'un tratto, il medico.
La giovane mi guardò ed io, dopo aver posato un bacio sulla fronte del pargoletto, mi avvicinai a lei lasciando nostro figlio tra le sue braccia. «David» affermai, senza pensarci troppo. Sapevo che era importante per la mora, dare il nome di suo nonno.
«Davvero?» era entusiasta, aveva un sorriso capace di illuminare il buio totale, in quel momento. Io annuii, scontrando ancora una volta le sue labbra con le mie, in un bacio soffice.
«Benvenuto, David Fanti» conclusi, guardando il mio primo genito.

Fine flashback.

«Irama, dovete rientrare in scena» la voce del mio manager mi riscosse dai miei pensieri.
Drey annuì e lasciammo in custodia a Lori, il piccolo David.
Sì, ormai anche i concerti li facevamo assieme; alcuni, ovviamente.
Non era una cosa facile da gestire ma grazie all'aiuto della nonna e dei miei genitori, col quale avevo ripreso un rapporto, riuscivamo a seguire il nostro sogno ed a prenderci cura di nostro figlio.
«Andiamo, madame» presi la mano della mia donna e ritornammo sul palco, accolti nuovamente dalle urla della miriade di persone.

Tornerai da me. [ IRAMA ]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora