Seventeen.

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[ DREY ]

Avevo corso per circa mezz'ora, ero arrivata in un boschetto lontano dal centro.
Mi sedetti per terra, a gambe incrociate, con la schiena poggiata contro un tronco di un albero abbastanza anziano e malridotto.
Avevo lasciato un messaggio a Nicole, dove le scrivevo che sarei tornata in tarda serata e dove le chiedevo di portare la mia valigia in hotel; avevo lasciato tutto lì tranne il mio zaino che era il mio compagno di avventure.
Dopo aver ripreso abbastanza fiato, estrassi una penna ed una sorta di agenda consumata dal tempo; essa era piena dei miei sfoghi, dei miei testi e c'erano ancora poche pagine a disposizione.
Decisi di fare ciò che mi riusciva meglio: scrivere, buttare su carta bianca ogni pensiero che avrei poi trasformato in una canzone.
Era l'unico sfogo che avevo, riuscivo a liberarmi solo in quel modo. I tipi come me piangevano di rado, le emozioni erano rinchiuse nell'anima senza esitare.
Mi chiudevo a riccio, senza un motivo. Avrei potuto fare il peggio, in quel momento, ma non riuscivo.
Il mio cellulare vibrava in continuazione, erano messaggi e chiamate perse di Nicole, Biondo ed Irama.
Se avessi risposto, non sarebbe andata bene: ero fin troppo nervosa per poter reggere una conversazione con qualsiasi essere vivente.
Perché Filippo aveva fatto una cosa simile? Aveva promesso di non ferirmi più, di non farmi stare male, di rendermi felice.
Ma forse era proprio vero che la felicità sarebbe potuta durare un battito di ciglia.

ti guardavo
come si guarda un tramonto
in piena estate,

ti guardavo
senza stancarmi mai
delle sfumature che assumevi,

Avevo talmente tanta di quell'ansia, che mi veniva un buco allo stomaco e giramento di testa.

ti guardavo
di meraviglia e di stupore
che se solo ti fossi visto con i miei occhi
avresti capito
che più ti guardavo
e più mi veniva voglia di amarti,

Forse era questo il mio male.
Pensavo troppo e ricordavo tutto quello che mi aveva ferito nel profondo.

ti guardavo
e non l'avevi capito mai
che era perché il tramonto più bello
eri tu.

***

Erano le 23:10 quando decisi di tornare a quello che era diventato una casa; ero fuori dall'hotel, non volevo rientrare solo perché sapevo che c'era Irama ad aspettarmi.
Però dovevo affrontarlo, dovevo dirgli quanto male mi avesse fatto quella situazione, gli dovevo delle spiegazioni.

Varcai la porta d'entrata e salutai l'uomo sulla cinquantina che lavorava alla reception, il quale mi fece segno di avvicinarmi al banco.
«Che succede?»  chiesi, sottovoce.
«Irama ti sta aspettando da ore, è seduto sulle scale d'emergenza»  confessò, indicandomi la destinazione.
Annuii e gli rivolsi un sorriso, stringendomi nel mio parka caldo; quando fui alla meta, notai la sua figura stravaccata sulle scale.
Aveva lo sguardo perso, le mani tra i capelli e gli occhi non brillavano per nulla.
Quando mi notò, alzò di scatto lo sguardo e deglutì, sollevandosi dallo scalino di ferro sul quale era seduto.
«Cazzo, ero in pensiero»   esordì, passandosi più volte una mano dietro la nuca.
Non risposi, mi avvicinai a lui e mi sedetti al suo fianco, lasciando vagare gli occhi ovunque tranne che sulla sua figura.
«Sai, la vita alle volte è strana. Ti mette contro delle difficoltà che non ti aspettavi e ti chiedi, per giorni e giorni, perché proprio a te.»  proferii, alzando lo sguardo verso la luna coperta da qualche nuvola; udii solo un sospiro. «Perché prendere in giro una persona che ti ha amato più di chiunque altro? Perché sfruttarla per un po' di popolarità? Perché, Filippo?»  finalmente lo guardai, notando i suoi occhi cristallini che mi scrutavano. Scossi la testa, curvando le labbra in un sorriso amareggiato.
«Drey, io..»  lo fermai, non volevo sentire nulla.
«No, Filippo. Ora tocca a me parlare, hai avuto occasione tutta la vita, mi sono bevuta tutte le tue stronzate e guardami ora! Sono distrutta, sai perché? Perché gli scheletri nell'armadio verranno sempre scoperti nel momento in cui si inizia a ripulire il caos. Quella Giulia di anni fa, quella tua "cara amica" si è presentata nella mia cazzo di città, buttandomi merda addosso e facendomi passare per la rincoglionita del momento. Mi ha spiaccicato la vergogna in faccia e sai perché? Perché tu pensi solo a te stesso ed a ciò che fa bene a te. Perché sei talmente concentrato sulla tua vita che riesci a distruggere quella degli altri, Irama Plume.» sputai, senza rendermi conto che le lacrime avevano iniziato a scivolar via dalle mie guance ininterrottamente.
Mi stava guardando, con un'espressione indecifrabile e quando fece per rispondere, io scossi la testa e mi alzai, allontanandomi da ciò che mi aveva fatto del male.

Tornerai da me. [ IRAMA ]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora