Ventunesimo Capitolo

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-Sono proprio necessarie? - chiesi fissando le manette chiuse intorno alle mie mani e posate in grembo - mi fanno male ai polsi. -
Chris mi sistemò i capelli sulla schiena, togliendomeli dalle spalle e dal viso. - Non preoccuparti. Quando arriveremo te le toglierò. È soltanto una misura precauzionale. -
-Sono venuta di mia spontanea volontà- parlai lentamente scandendo le parole - perché dovrei scappare adesso?-
Lui scrollò le spalle e mi sorrise. Un sorriso che mi fece rabbrividire.
-Dove stiamo andando? -
-Non occorre che tu lo sappia. -
Scrutai al di là delle sue spalle il paesaggio, gli enormi grattacieli pieni di gente che entrava ed usciva, le macchine che sfrecciavano velocemente accanto a noi, una macchia indistinta quasi uguale alla precedente.
-Finalmente sei qui- disse avvicinandosi ulteriormente a me - ora non ti lascerò più andare via. -
Eravamo seduti sui sedili posteriori di una maserati nuova di zecca, con una macchina davanti e dietro, guidate entrambe da guardie di Tiberio.
-Ben ed Elide stanno bene? -
-Stanno bene. Per ora. -
Mi posò una mano sulla coscia, in prossimità del limite della gonna, e la fece scivolare lentamente in avanti fino a posarla sul mio ginocchio. Rimpiansi di non indossare i pantaloni. Sarebbe stato facile per lui toccarmi.
Tuttavia la sua attenzione era tutta per il mio collo. Si piegò in avanti e sentii i suoi denti penetrare la pelle tenera del collo.
Avrei tanto voluto che fosse bastato chiudere gli occhi per non vedere, ma era impossibile. Era una cosa sui cui non avevo nessun controllo. Vidi noi due, sei anni prima: giocavamo e ridevamo. Io nella sua stanza, con la testa sulle sue ginocchia, e lui che mi ascoltava parlare delle mie paure senza interrompermi. Era stato il mio migliore amico. Poi, crescendo, era cambiato.
Suo padre non era mai contento di lui e lo rimproverava e puniva sempre più spesso. Piano piano in lui era cresciuto l'odio.
Un giorno aveva preso coraggio e dichiarato il suo amore per me al padre e quest'ultimo lo aveva deriso. Una come me non sarebbe mai stata interessata a lui, un ragazzo gracile e timido. Se mi voleva davvero, doveva lasciare da parte la bontà ed usare la forza.
Ed ecco che nacque la sua ossessione per me.
Prima appena accennata. Mie foto nel corso degli anni appese intorno allo specchio nella sua stanza. Alcuni miei oggetti, di cui quasi non ricordavo l'esistenza. Poi la sua ossessione divenne più forte e vederla così, nella sua totale essenza, mi fece paura. Lui avrebbe torturato e ucciso pur di avermi.
Cominciai a sentirmi galleggiare. Chris continuava a bere senza sosta e la sua mano sul mio ginocchio stringeva la presa, le dita affondate nella mia carne. Nessuno aveva mai bevuto così a lungo.
Ricordai le parole di Caliba: i vampiri potevano bere il mio sangue a volontà senza rischiare di farmi morire dissanguata. Ma nessuno si era spinto troppo oltre, perciò non sapevano quale limite non potessero superare e cosa il farlo avrebbe comportato. Perché un dono così prezioso non va sprecato.
Annaspai in tutto quel calore ed in tutte quelle immagini cercando di spingerlo via con il braccio, che sembrava pesare un macigno. Lo colpii ad una spalla ma non servì a niente. Continuò a bere ancora per alcuni secondi, che a me sembrarono un'eternità. Poi, lentamente, ritrasse i denti.
Cercai di dire qualcosa. - Non dovresti... - le parole mi si bloccarono in gola. Mi sentivo instabile.
-Avevo fame.- Si ritirò indietro, poggiando nuovamente allo schienale. Mi guardò incuriosito. - Perché Derek ti ha lasciata andare? -
-Non lo so- ammisi. Ripensai al suo sguardo, alla rabbia così evidente sul viso e sulla postura: la mascella contratta, le braccia rigide lungo i fianchi ed i pugni chiusi.
-Be, tanto meglio. Guarda, siamo arrivati.-
Guardai alla nostra destra. Un sentiero costeggiato da cespugli di rose portava ad un grande edificio di mattonelle rosse, bianche e marroni, circondato da un terreno spoglio pulito e lavorato, ma circondato posteriormente da alcuni salici piangenti, per quel che riuscivo a vedere dalla mia posizione.
Chris mi tolse le manette ed io feci una smorfia. Le infilò sotto la giacca. - Ora devi fare la brava. Me lo prometti? -
Non gli risposi. Mi trattava come se fossi una bambina e la cosa mi irritata parecchio. Era inutile che usasse quel tono, entrambi sapevamo cosa volesse da me.
Scendemmo dalla macchina. Due uomini in divisa azzurra aprirono il cancello e Chris mi guidò lungo il sentiero fino al portone d'ingresso. Sulla parte superiore era raffigurata un aquila, con sottili linee nere. Un altro uomo in divisa ci fece entrare senza dire una sola parola. La villa sembrava ben sorvegliata, proprio come quella di Caliba.
Chris non lasciò che mi guardassi intorno, ma mi guidò subito verso un grande salone che chiamai subito "la stanza della musica".
Tiberio stava suonando il pianoforte, con movimenti abili ma delicati che difficilmente avrei collegato ad un uomo della sua stazza. Doveva essere stato un bell'uomo in passato, ma era stato trasformato in vampiro in età avanzata. Quando eravamo bambini, Chris mi aveva confessato che suo padre aveva violentato sua madre, che poi era rimasta incinta di lui. Allora lei, conscia di non sapere niente dei vampiri, aveva accettato di restare con Tiberio per amor di suo figlio. Era morta di leucemia, perché aveva rifiutato in ogni modo di essere trasformata. Era una cosa che aveva fatto soffrire molto Chris, che temeva che lei considerasse anche lui un mostro. Ora lo era di sicuro diventato.
-Papà. -
Tiberio si fermò e si voltò verso di noi. Indossava il solito smoking azzurro, ben stirato e pulito. Mi sorrise, in maniera tutt'altro che amichevole. - Benvenuta, Tammy. -
Gli lanciai uno sguardo che speravo fosse carico di odio e disprezzo. Il fatto che avesse usato il mio diminutivo mi infastidiva ulteriormente. Era un lusso che potevano permettersi soltanto i miei amici e chi mi voleva bene. Lui non rientrava nella categoria.
-Le mostriamo subito i prigionieri o... -
-Voglio vedere mio fratello ed Elide. Adesso. -
Tiberio rise. - D'accordo, come preferisci. -
Seguii Chris nelle cantine della villa, terrorizzata. Non si voltò mai indietro per controllare che lo seguissi perché sapeva che non sarei mai scappata lasciando Ben ed Elide lì sotto. Il corridoio era poco illuminato da piccole luci disposte ad intervalli regolari sul soffitto, che emettevano un raggio lieve ed opaco. Diverse porte metalliche si susseguivano ai lati di un lungo corridoio.
Alla fine ci fermammo davanti ad una di esse.
-Puoi guarirli. Poi li lascerò liberi. -
Aprì la porta e si fece da parte. Entrai.
La poca luce che entrava dal corridoio mi permise di individuarli, due ombre a terra con la schiena contro la parete. Non si mossero.
-Ben? Elide? - nessuna risposta. Mi spostai per permettere alla luce di illuminarli maggiormente e riuscii a distinguerli più chiaramente. Tenevano la testa abbandonata contro il petto e gli occhi chiusi.
La prima cosa che feci fu avvicinare il mio polso alla bocca di una delle due figure. Non ero sicura di chi fosse, ma non aveva importanza. Sentii una puntura.
Con una certa fatica mi misi in ginocchio. Già Chris aveva bevuto a lungo, ora anche questo. Avvertivo un pizzico di paura, ma ero disposta a farlo.
Poi, le labbra si ritrassero ed io porsi il polso alla seconda figura. Appena entrambi si furono nutriti abbastanza, mi lasciai cadere tra loro e appoggiai anch'io la schiena alla parete. Senza neppure rendermene conto, iniziai a piangere. Il cuore mi batteva all'impazzata e mi pulsavano le tempie.
-No, Tamara! - Elide mi gettò le braccia al collo e premette il viso contro la mia spalla.
Io le accarezzai con delicatezza la schiena. - Va tutto bene. State bene. -
-Ma tu... -
Chris li afferrò entrambi e li trascinò fuori con una forza incredibile. Riuscii a scorgere la testa di mio fratello sotto i ricci, prima che alcune guardie gli chiudessero i polsi con alcune manette che sembravano brillare. Manette magiche, probabilmente.
Li portarono via.
Ora che avevo fatto quello per cui ero venuta, l'unica cosa che mi restava era la consapevolezza di ciò che mi aspettava. Le parole e gli avvertimenti che in quei mesi mi avevano ripetuto mi rimbalzavano nella testa.
Potevi restare incinta. Incinta, Tamara! Magari di una femmina. Vuoi che una bambina passi quello che stai passando tu?
Mi passai una mano tra i capelli e un brivido mi corse lungo la schiena ricordando le dure parole di Leslie.
Non ricorderai neanche una di quelle facce che si distenderanno nel tuo letto. Delle volte sarai drogata. Altre volte vigile, e loro si divertiranno a sentirti urlare.
Anche Derek era sconvolto, quando aveva parlato di Candida. Di come fosse il suo corpo quando lo avevano trovato. Il pensiero di dover salvare Mowgli ed Elide era stato più forte di qualunque cosa, ma ora che loro erano al sicuro, la paura oscurava tutto.
Chris mi afferrò per un braccio per tirarmi su, ma io lo spinsi via con un urlo. Dovevo almeno provarci.
Cominciai a correre, con il tacco degli stivali che produceva un sonoro tic ogni volta che colpiva le piastrelle del pavimento. Dietro di me sentivo diverse persone muoversi lentamente, gustandosi la caccia.
Raggiunsi le scale che riportavano al piano superiore e mi fermai un attimo, a riprendere fiato. Poi cominciai a salire.
-Tamara. -
Mi bloccai di scatto e mi voltai.
Chris mi guardava dalla base delle scale, solo. - Dove pensi di andare? Chi ti dice che li abbia davvero lasciati liberi? -
Ammutolii. Guardai alle mie spalle, poi di nuovo Chris. Il dubbio cominciava ad insinuarsi dentro di me. - Non ti credo.-
-No? Ne sei sicura? Andiamo, erano il mio asso nella manica. Li avrei davvero lasciati andare così? -
Stavo tremando dalla testa ai piedi. Ora non sapevo davvero cosa fare. Dopo tutto quello che avevo fatto, potevo davvero rischiare che fossero ancora suoi prigionieri?
-Stai bluffando- ripetei, sempre meno convinta.
Lui annuì lentamente. - Sei libera di crederlo, a tuo rischio e pericolo. Ma ascoltami bene. Se ti ribelli, se provi a scappare, io li ucciderò. Tutti e due. E ti farò avere un pacchetto con dentro le loro teste. -
Quelle sue parole mi fecero capire due cose. Primo: non ero disposta a correre quel rischio. Come i miei genitori avevano protetto me, io avevo il dovere di proteggere loro. Li amavo entrambi e si trovavano lì per colpa mia. Tiberio e Chris volevano me ma, siccome io non ero lì, avevano preso e torturato loro. Non potevo abbandonarli. Certo, non avevo la certezza che quel che diceva fosse vero. Ma non valeva la pena correre il rischio.
Seconda cosa: non gli avrei dato la soddisfazione di diventare un cagnolino ammaestrato, o il suo giocattolino preferito. Non avrei perso la mia dignità.
-E va bene- scesi un gradino - hai ragione. Non voglio correre il rischio. Non cercherò di scappare e non mi ribellerò. Ma se credi che, in questo modo, mi innamorerò di te, ti sbagli di grosso. L'unica cosa che provo per te è disprezzo. Ed ascoltami bene tu, ora. Potrai avere il mio corpo, ma non avrai mai me. - Vidi ogni parola coprirlo come uno schiaffo. Fiera del mio discorso, ormai con un piede nella fossa, decisi di osare. - Tua madre deve vergognarsi davvero tanto di te, adesso. -
Quando mi venne incontro, quasi neppure lo vidi. Apparve come un movimento sfocato, prima di bloccarsi davanti a me ed afferrarmi in un secondo il braccio, facendomi ruotare e sbattere contro la parete alla mia destra.
Dovetti svenire per un po', perché quando rinvenni non mi trovavo più in cantina. Il primo pensiero che mi attraversò fu chiedermi se quello che temevo fosse già successo, o se non fosse neppure iniziato.
Mi accorsi di indossare soltanto la biancheria intima, per questo sentivo molto freddo. Avevo la pelle d'oca su tutto il corpo. Un liquido caldo mi scivolata lungo il collo, le braccia e forse anche le gambe.
Chris era in piedi in ginocchio sul letto, accanto a me, senza camicia. Sbattei le palpebre cercando di metterlo a fuoco e lui si chinò in avanti. Mi parlò proprio contro l'orecchio. - Sei deliziosa. -
Un brivido mi corse lungo la spina dorsale.
Poi sentii una voce. - Chris. -
Lui emise una specie di ringhio, proprio accanto al mio orecchio. - Che c'è? -
-Abbiamo un problema. Mi dispiace, ma devi interrompere quello che stai facendo. Hai bevuto abbastanza e sei in forze. -
Chris mi guardò, gli occhi che brillavano di una luce inquietante. Si sollevò ed uscì dalla stanza, i muscoli della schiena tesi.
-È solo rimandato, Tamara- mi disse Tiberio prima di chiudere la porta.
Appena rimasi sola, girai cautamente la testa a destra e sinistra. Sentivo un formicolio sul collo, come quando ti si addormenta un piede. Faceva male, ma era sopportabile. Mi misi a sedere, con un certo sforzo perché mi girava la testa e mi sentivo tutto il corpo addormentato. Con orrore mi accorsi di essere ricoperta di sangue.
-Oh Dio- sussurrai - che cosa ha fatto? -
Aveva bevuto davvero tanto ed io avevo perso troppo sangue. Chris aveva già bevuto in macchina, poi avevo dato il mio sangue a Mowgli ed Elide, ed ora questo. Provai a concentrarmi su me stessa e su come mi sentissi. Mi sembrava di stare bene, ma era tutto troppo assurdo.
Fissai con sgomento del sangue che aveva macchiato il cuscino e le lenzuola. Dovevo essere rimasta incosciente più a lungo di quanto pensassi.
Scesi giù dal letto e mi diressi verso la porta, lasciando sul pavimento impronte insanguinate dei miei piedi. Mi premetti una mano sulla bocca e mi venne voglia di vomitare. Che mostro ero? Chi poteva essere ancora vivo dopo aver perso tutto quel sangue?
La porta si aprì di scatto. Chris entrò passandosi le dita tra i capelli con un certo nervosismo, seguito da Tiberio.
Arretrai lentamente verso il letto.
-Hai fatto un gran casino- disse Tiberio guardandomi con attenzione - devi essere più cauto. Come ti senti? -
Io non risposi, così lui mi afferrò il mento e strinse così forte che sentii la mascella scrocchiare. -Quando ti faccio una domanda, gradirei una risposta. -
Tirai la testa indietro liberandomi dalla sua presa. - Come se ti importasse. -
-Cambia atteggiamento, ragazzina. Certo che mi importa. Non nascono Pandora tutti i giorni. Sarà meglio farti visitare da un medico. -
-Ma papà! - Chris sembrava un bambino capriccioso - non avevo ancora finito! Stavo per... -
-Continuerai dopo - Tiberio si diresse verso la porta irremovibile - avrai tutto il tempo. -
Quando uscì, io e Chris ci guardammo. Lui aveva un espressione infastidita, io a metà tra la soddisfazione e la paura. Con un passo mi raggiunse e mi afferrò i capelli, stringendo con forza. - Sono solo poche ore, Tammy. Ci vediamo presto, stanne pur certa. -
Una ragazza venne e mi accompagnò nel bagno, dove mi permisero di fare una doccia. Dovetti fregare con forza per togliere qualunque traccia di sangue dal mio corpo. La mia mente cominciava a schiarirsi, ma non ricordavo niente di come fossi arrivata in quella stanza o di Chris che beveva il mio sangue.
Dopo la doccia, misi una semplice maglietta bianca e una corta ma larga gonna nera. Uscii dal bagno, e trovai la ragazza di prima ad aspettarmi. - Tiberio ti sta aspettando- mi disse senza troppe cerimonie. La seguii fino in sala da pranzo, molto simile a quella di Caliba. Un pianoforte in un angolo, un caminetto spento dalla parte opposta ed un enorme tavola al centro. I soldi non erano certo una cosa che mancava agli Antichi.
La tavola non era apparecchiata e la sala quasi completamente deserta. Tranne per...
Spalancai gli occhi sorpresa. Di fronte ad una grande vetrata c'era Caliba. Era come al solito impeccabile, in un abito elegante e pulito. Ma soprattutto era lì, per me, e tutto sarebbe finalmente andato bene.
-Caliba- sussurrai, poi gli corsi incontro, gettandogli le braccia al collo. Mi posò una mano sulla schiena
-Stai bene! - esclamai.
-Sì,sto bene. Mi spiace di non avervi potuto dare notizie. -
Mi allontanò da sé e mi posò una mano sulla spalla, guardandomi con attenzione dalla testa ai piedi. I suoi occhi indugiavano sui segni di morsi ancora visibili sulla pelle. - Oh, Tamara... -
-Sto bene- dissi ripetendo le sue stesse parole - non mi hanno... -
-La tua fiducia nei suoi confronti è davvero immeritata- disse Tiberio alla mie spalle. Si avvicinò a noi, accompagnato da Chris. - Ti tradirebbe senza problemi. Come fai a non rendertene conto? -
-Se tu hai tradito quello in cui credevamo, non significa che lo farò anch'io- ribatté Caliba.
-Ma io so che lo farai. Quando capirai di non avere altra scelta. -
Caliba sospirò. - Cosa hai intenzione di fare? Lascerai che Tamara venga via con me? -
Tiberio rise. - Naturalmente no. Solo perché appartiene alla tua casata, non significata che tu debba tenerla tutta per te. È venuta qui di sua spontanea volontà ed è qui che resterà. -
-Immaginavo che avresti risposto così. In questo caso... -
Caliba si piegò in avanti e mostrò i denti, come una pantera che lancia il suo primo avvertimento prima di balzare in avanti. Vedevo i canini, allungati e letali, pronti a mordere e squarciare. - Tamara, va' via. Derek ti troverà. -
Vidi Tiberio scattare in avanti con un'agilità incredibile, poi Chris avanzare minaccioso verso di me. Così corsi in corridoio. Dovevo trovare un luogo sicuro dove nascondermi mentre aspettavo l'arrivo di Derek. Il pensiero di rivederlo mi fece battere il cuore più velocemente, ma cercai di concentrarmi esclusivamente sulla fuga.
In quella villa c'erano centinaia di porte, la maggior parte chiuse. Mi chiedi a cosa servisse avere tutte quelle stanze e in che modo fossero riusciti a riempirle. Non mi sembrava ci fossero vampiri richiedenti asilo come nella villa di Caliba.
Chris nel frattempo mi aveva raggiunta. Mi afferrò per i gomiti e mi spinse contro la parete, bloccandomi con il suo corpo. - Lasciatemi solo- disse ad alcuni uomini che lo avevano seguito - voi occupatevi di Caliba. Andate da mio padre -
Mentre un brutto presentimento si faceva strada in me, Chris mi spinse all'interno di una stanza e mi buttò sul letto. Il panico mi invase. Chris mi si distese sopra ed io cominciai a scalciare, urlare e graffiare, disposta a tutto pur di evitare che succedesse quel che temevo più di ogni altra cosa. Sarei morta piuttosto che permettergli di avermi.
-Lasciami andare! - urlai.
Alla fine mi colpì. Dal suono che fece capii quanta forza ci avesse messo ancora prima di sentire il dolore. Quando sentii quel rumore capii che non lo avrei mai più dimenticato, tanto mi raggelò. La testa mi schizzò da un lato, prima che Chris sollevasse la gonna e mi colpisse di nuovo sulla guancia, ancora più forte.
Una sottile nebbiolina simile ad un velo bianco mi coprì la vista. Entrai in uno stato di semi-incoscienza, non del tutto consapevole di quello che mi succedeva intorno.
Riuscivo a percepire ancora il suo peso su di me, il rumore della cintura e della cerniera mentre armeggiava con i suoi pantaloni. Ma mi sentivo come se fossi sott'acqua e i suoni risultassero attutiti. Mi allontanai sempre di più dalla superficie, sempre di più da quei suoni, finché l'oscurità degli abissi non scese su di me, proteggendomi da ciò che stava succedendo nel frattempo fuori dall'acqua.

-Derek... - sussurrai.
-Sta' ferma, non toglierlo. -
Derek mi premette il ghiaccio sulla guancia. Era riuscito a svegliarmi, ma mi sentivo così confusa e stanca che non mi sorpresi vedendolo lì quanto avrei dovuto. Sentivo la guancia gonfia bruciare, ma il contatto con quel corpo freddo mi diede un po' di sollievo.
-Che è successo?- chiesi. La mia mente galoppava veloce cercando di ricostruire gli ultimi avvenimenti. Non ricordavo quasi nulla, solo sprazzi di immagini.
-Non parlare o sarà peggio. -
Guardai alle sue spalle e riconobbi la stanza in cui ci trovavamo. Era la stessa dove Chris mi aveva spinta, subito dopo aver cacciato le guardie.
-Dov'è Chris? - chiesi.
-È scappato. -
Allora cominciai a ricordare. Abbassai lo sguardo sul pavimento e vidi una cintura. Guardai le mie gambe. La gonna sembrava striminzita e, con grande orrore, mi resi conto che sotto non indossavo niente.
Mi uscì un suono strozzato dal fondo della gola. - Oh mio Dio! -
-Tamara, sta' tranquilla... -
-Lui... Mi ha... È riuscito...? - gli rivolsi uno sguardo speranzoso.
Ma Derek non mi rassicurò. Mi rivolse un'espressione che conteneva diverse emozioni tutte insieme: pietà e smarrimento. - Non lo so. -
Lo fissati sconvolta.
-Appena sono entrato, lui era lì e... Te l'ho tolto subito di dosso, ma non so da quanto... -
Chiusi gli occhi. Le lacrime mi rigarono silenziosamente le guance.
-Caliba ti farà visitare e vedrai che... -
-Devi andare da Caliba. Ha bisogno di aiuto.-
Mi fissò senza capire.
-Va', ti prego. Io... Ho bisogno di stare sola. -
A questo puntò capì. Annuì lentamente e lasciò che sostituissi la sua mano sulla guancia con la mia. - Continua a tenere il ghiaccio premuto e non ti muovere da qui. Torno subito. -
Corse fuori dalla stanza.
Feci alcuni respiri profondi e mi alzai. Trovai per terra, tra il comodino e il materasso, l'indumento che mi era stato tolto e lo indossai con dita tremanti. Non riuscivo a smettere di piangere. Speravo con tutta me stessa che non fosse successo. Non a me. Non così.
Poi sentii un botto, così forte da spingermi a spalancare la porta e a correre per il corridoio, disobbedendo all'ordine di Derek. Non che fosse una novità. Quel rumore proveniva dalla sala da pranzo.
Ti prego, pensai. Fa che non sia Caliba.
Ma quando entrai non vidi lui a terra. Vidi Tiberio, con un paletto nel cuore. I suoi occhi fissavano il soffitto senza in realtà vederlo. Caliba era accanto a lui, ferito ma vivo.
-È morto? - gli chiesi con un filo di voce.
Lui annuì.

~Angolo Autrice~
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