In generale lui non è mai stato una persona che crede.
Non ha mai voluto credere a niente.
Tranne un tempo, un periodo della sua vita nel quale si poteva permettere di credere negli altri, nelle loro parole; gli veniva automatico. Era un periodo felice nel quale non conosceva la tristezza o la delusione, dove le bugie alle quali credeva fermamente erano all'ordine del giorno.
Anche lei era così prima, quando era piccola, quando aveva sette, forse otto anni. Poi però vari avvenimenti hanno cambiato le cose, hanno cominciato a farle dubitare delle parole delle persone, dubitare delle sue stesse parole.
(T/n) all'epoca aveva sedici anni. A quest'età solitamente ti credi forte, miglio di chianque ti sta attorno, ti senti pieno di te perchè hai addirittura 16 anni, mentre chi è più grande di te non fa altro che considerarti come una ragazzina. Ma lei non era così, non (T/n), non quella ragazza che ogni giorno, per anni, ha continuato a fare visita alla madre, imperterrita, senza farsi trascinare dalla massa, perdendosi così gran parte delle uscite con le sue compagne di classe.
E nonostante la situazione di sua madre, nonsotante le prese in giro di alcune ragazze, lei sorrideva, lo faceva sempre, glielo aveva promesso. Inoltre si mostrava felice a tutti perchè, a detta sua, c'era chi era messo peggio, chi era in situazioni terribili, chi stava vivendo la guerra in prima persona, chi era senza casa, senza lavoro... per lei questo era quasi un periodo di prova, voleva mettere alla prova sè stessa, la sua forza, il suo riuscir a mascherare tutta la tristezza che era in lei da tantissimo tempo.
Era proprio questo che lo affascinava, questo suo sorridere di continuo, questo suo sembrare tanto felice pur avendo la madre in ospedale che lo attirava. Per non parlare poi dei capelli (c/c) e gli occhi gentili di lei che ogni tanto gli rivolgevano uno sguardo pieno di dolcezza.
«Ehi tu!» Le corse incontro, quel piccolo bambino moro dallo sguardo minacciosoEra ancora un ragazzino, 10 anni, uno sguardo così carino ma che allo stesso tempo metteva pressione alla ragazza.
(T/n) gli si avvicinò e si abbassò alla su altezza sorridendogli. Lei gli chiese cosa lui volesse da lei, e il piccoletto cominciò a parlare e pian piano, sotto lo sguardo attento e curioso della (c/c), la sua sicurezza cominciò a svanire trasformandosi poi in imbarazzo.«S-Sono Kyotani Kentaro! Sappi che... tornerò!»
Detto questo scappò via, troppo in imbarazzo per poter reggere un secondo di più in presenza della ragazza. Quest'ultima lo guardò divertita per poi alzarsi e dirigersi verso la camera della madre e raccontarle l'accaduto.I giorni passavano e lui la aspettava sempre all'entrata dell'ospedale impaziente di vederla. Quando stava con lei era felice, riusciva a sorridere nonostante non lo facesse spesso, sentiva un calore unico quando lei gli teneva la mano, oppure in quei rari momenti in cui lei lo stringeva tra le sue braccia in segno di affetto.
Ormai erano diventati amici.
«Oggi ti porto a fare un giro nella mia scuola! Ti farò vedere cosa combinano i ragazzi del club a quest'ora»
I genitori di Kyotani conoscevano la ragazza. Il padre di lui lavorava come medico dell'ospedale e aveva un buon rapporto con (T/n), per cui non gli dispiaceva lasciare il figlio in sua compagnia.
Quel giorno lei lo portò all'Aoba Johsai, la scuola che frequentava. Si diresse verso la palestra della loro squadra di pallavolo e lui se ne innamorò. Per essere precisi non è che si fosse innamorato dello sport o della palestra stessa, quanto invece dell'espressione che aveva la ragazza quando guardava quei ragazzi giocare.
Voleva farla sorridere ed emozionare anche lui in quel modo, per cui decise di iniziare ad allenarsi di nascosto per imparare la pallavolo. Non voleva essere da meno dei ragazzi che aveva visto.«Mi dispiace darle questa notizia signorina ma... sua madre...»
Fu la peggior notizia che lei potesse ricevere in quel periodo.
Era periodo di esami, doveva studiare, concentrarsi sulla scuola, e invece scopre che sua madre, la migliore madre che qualcuno possa mai avere, è venuta a mancare e non è riuscita a sopravvivere.
Inutile dire che questo le causò un periodo davvero buio, ma uscì comunque di casa, con gli occhi rossi e gonfi dal pianto e con delle occhiaie che urlavano apertamente al mondo intero "Non ho dormito un accidente! Statemi lontani!"
Nessuno le chiese nulla. Nessuno si preoccupò di come lei stesse. Nessuno smise di prenderla in giro.
Tranne Kyotani. Lui era ancora lì, davanti alla porta dell'ospedale, ad aspettare la sua amica che gli aveva promesso che sarebbe tornata, che gli aveva promesso che nonostante non avesse più la madre come motivo per andare in quell'ospedale sarebbe comunque andata a trovarlo, ma più passavano i giorni, meno lui credeva in quelle parole. In realtà... lui voleva davvero credere alle sue parole, infatti quando gli passavano per la testa pensieri come 'Non tornerà, devo smettere di aspettarla' oppure 'È solo una bugiarda...' faceva di tutto pur di scacciarli, non voleva dubitare di lei, non poteva.«Basta così... davvero non ho le forze... davvero non riesco nemmeno a pensare lucidamente...»
Dopo tanti anni in cui ha resistito alla tristezza, era arrivato il punto in cui non poteva più sopportare tutto quel peso, un momento nel quale la tristezza aveva preso il controllo di tutto e nulla poteva più rallegrarla.
Un mese, poi due, tre e un anno.
Due anni, tre anni, quattro, sette anni passarono da quei giorni di attesa.
Lei frequentava l'università, lui era entrato nella scuola in cui aveva studiato lei, la ragazza che non ha mai dimenticato, colei per la quale aveva intrapreso la strada della pallavolo. Nonostante fossero passati tanti anni ricordava ancora bene come i suoi occhi (c/o) risplendevano nel guardare i membri della squadra della Seijo giocare a pallavolo e, anche se erano anni che non la incontrava, era sicuro di poterla rivedere, era sicuro di poter rivedere un'altra volta quel sorriso, quella felicità pura che aveva (T/n) quel giorno.
Da quando era entrato in quella scuola aveva cominciato a far parte di quella squadra, ma col tempo, da bravo ragazzo qual era, cominciò a cambiare, scoprì cos'era quella competitività di cui spesso sentiva parlare, cosa significasse sentirsi inferiore rispetto a qualcuno, e questo lo rese scontroso, bramoso di vittoria, di crescita. Questo suo desiderio di migliorare sempre di più per lei, per la ragazza che aveva capito di amare, si trasformò a breve in rabbia, rabbia che scaricava solo giocando.
Dopo averne passate di tutti i colori, aver saltato allenamenti su allenamenti, finalmente quel ragazzo, Kyotani Kentaro, riuscì a giocare una delle partite più importanti del campionato.
Karasuno contro Seijo, una delle partite più emozionanti alle quali (T/n) abbia mai assistito.
«FORZA SEIJO!» Urlava lei con tutto quello che aveva in corpo, i suoi occhi vispi e pieni di speranza guardavano attenti il campo sul quale si stava svolgendo la partita.
Ne successero di tutti i colori, scontri fra i giocatori, risate, scambi che duravano così tanto tempo che si perdeva il filo della partita. Si provarono fin troppe emozioni, paura, rabbia, felicità, ansia, euforia e delusione.
Fischio di fine partita, e le lacrime cominciarono a bagnare il viso di tutti i tifosi della squadra capitanata da Oikawa Tooru. Dagli spalti lei poteva vedere tutti e mentre passava lo sguardo sui componenti della squadra, incrociò il suo sguardo con quello di Kyotani, quello sguardo minaccioso, triste e arrabbiato, che non appena la vide si trasformò in uno sguardo pieno di stupore.
«(T/n)...» Sussurrò lui senza nemmeno accorgersene
Lei gli sorrise con le guance rigate dalle lacrime, si sporse verso il campo «Sei stato davvero bravo! Tornerò a vederti!» urlò.
Kyotani accennò un sorriso e guardò verso il basso per non far vedere le lacrime che non la smettevano di scendere, con l'avambraccio tentò di asciugarsele il più velocemente possibile per poter rialzare lo sguardo e vedere quella (T/n) non gli staccava gli occhi di dosso.
Fu un incontro che durò poco, ma fu un bell'incontro, uno scambio di poche parole importanti, che ridiedero speranza al ragazzo, la speranza di poterla vedere di nuovo, la speranza di poter giocare ancora per lei, tutto per (T/n), quella graziosa ragazza ora donna, dalle forme ben definite e il viso angelico come un tempo, per la quale non poteva che provare qualcosa di molto forte e persistente nonostante tutto.
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Hi!
Salve gente
Chiedo scusa se non ho pubblicato per un sacco e se questa One-shot non è chissà cosa ma ehi! Le idee scarseggiano, anzi, più che altro faccio fatica a mettere per iscritto le mie idee rip
So che è un finale aperto e in genere non è chissà quanto amato ma shh, fatevi voi i film mentali che servono per completare la storia e avere un happy ending uwu
Grazie per aver letto tutto nya!
Alla prossima,
bye-bye~
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Reader×Haikyuu! Haikyuu×Reader!
FanfictionNon so a cosa serva una descrizione dato che il titolo è AUTOESPLICATIVO... MA SIGLA! Tobe fly high!! ... no eh... *scappa via* NON CAPITE LA VERA ARTE! Insomma... ecco le mie one-shotz sui personaggi di Haikyuu!!!! Perché me li ama tutti dal prim...