Il consiglio

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14-16 Maggio 1789

Juliette aveva appena indossato la sua vestaglia di seta rosa e aveva già chiamato le domestiche con il campanello che teneva sempre sul comodino, quando notò qualcos'altro sul mobile. Allungò la mano, afferrando quel pezzetto di pergamena che, era sicura, veniva dal suo tavolo da studio: sopra vi erano scritte poche righe, ma le parevano talmente intense da farle battere il cuore.

Sapevo che prima o poi sarei riuscito a svelare la vera te, ma mai avrei pensato sarebbe stato così indimenticabile.
Spero riusciremo a rivederci, anzi ti aspetto tra due giorni all'evento che ci sarà a Versailles.
Spero ci sarai,
Chat Noir.

Aveva appena finito di leggere quando sentì bussare alla porta, ancora assorta da quelle poche semplici righe, invitò ad entrare chiunque fosse tenendo sempre lo sguardo puntato su quel foglietto.

Si riscosse da quei dolci pensieri solo quando sentì la voce sconvolta di Marie che tratteneva il respiro. Per un attimo ebbe paura che avesse visto Tikki, ma voltandosi si accorse che la piccola kwami rossa non era da nessuna parte.

«L'ha ferita, mademoiselle?» chiese, ancora con quel tono scosso.

«Ferita?» domandò confusa Juliette.

In quel momento la giovane donna si accorse della macchia vermiglia, fin troppo evidente, sulle lenzuola candide.

«Oh cielo!» esclamò l'altra domestica che, arrivata assieme a quella bionda, la scostò ed entrò nella stanza.

«Io...» la giovane nobil donna non sapeva come spiegarsi o che scusa inventarsi.

«Marie, qui ci penso io e guai a te se ne fai parola con il padrone.» ordinò la domestica più matura.

«Sì madame.» rispose lei facendo un leggero inchino e chiudendosi la porta alle spalle, lasciandole da sole.

«Dovrebbe stare più attenta a certe cose, mademoiselle.» disse con tono divertito, ma sempre molto referenziale, la domestica.

«Francine, ti prego, non dirlo a nessuno...» chiese la ragazza imbarazzata, come se dovesse chiedere qualcosa a una domestica e non le bastasse semplicemente ordinarglielo.

Il fatto era che Francine per lei era quasi come una madre, da quando la sua vera genitrice se n'era andata, quando aveva si è no quindici anni, lei ne aveva preso il suo posto. Le era sempre stata vicina in qualsiasi situazione, anche e soprattutto quando suo padre non poteva.

Aveva dei bellissimi e lucidi capelli corvini, sempre stretti nella crocchia, tipica delle domestiche, e un paio di occhi castano scuro.

«A chi dovrei dirlo, mademoiselle... – chiese, quasi fosse una domanda retorica, mentre toglieva le lenzuola macchiate dal letto – Spero almeno che sia stata un'esperienza piacevole.» continuò.

«La notte più bella e indimenticabile della mia vita.» rispose lei, tornando con il pensiero al giovane eroe parigino.

La domestica sorrise, addolcita dalle parole sincere e innocenti della ragazza, come se si fosse resa conto di quanto fosse cresciuta e di quanto fosse diventata donna, mentre lei se la ricordava ancora alquanto giovane e indifesa, ma soprattutto ingenua e sognatrice per quanto riguardava l'amore. Mentre ora sembrava aver trovato la sua anima gemella.

«Immagino lo rivedrete.» disse, quasi stesse pensando ad alta voce, mentre con dei colpi decisi stendeva le nuove lenzuola sul materasso.

«Sì, mi ha dato appuntamento alla prossima festa di Versailles.» rispose sempre con quel tono entusiasta.

«Beh, allora si dovrà preparare al meglio. E le consiglio di non portarsi dietro mademoiselle Blanchard, perché finirebbe per voler farle da balia, mentre immagino voi vorrete stare soli.» disse tutto d'un fiato voltandosi finalmente verso di lei.

«Francine, secondo te ho fatto bene? Insomma, mi posso fidare?» chiese poi Juliette, non sembrava aver perso l'euforia del momento, ma in qualche modo voleva essere sicura che quella sua prima volta non fosse stata uno sbaglio.

«Mademoiselle, non posso certo dirglielo io. A giudicare da quello che ho visto, questo giovanotto era molto elegante e a modo, nonostante la maschera che gli copriva il volto e che onestamente credo dia un fascino in più all'intera vicenda. Però, nonostante quello che penso io, è lei a conoscerlo e ad essersene invaghita, quindi sta a lei decidere se ha fatto la cosa giusta o no. Inoltre, mi permetta di dirle che non è assolutamente una sciocca, se ha accettato le avances di questo ragazzo e perché è innamorata e dell'amore ci si può sempre fidare.»

Le disse tutto con il sorriso sulle labbra, facendola rassicurare completamente dai pochi dubbi che aveva. Tanto che i due giorni di attesa per rivederlo, passarono molto lentamente, anzi forse anche troppo. Non aveva nemmeno avuto la possibilità di vedere l'eroe gatto durante le loro solite missioni in difesa di Parigi, perché fortunatamente Comt Ténèbre sembrava non avere nessuna intenzione di attaccare in quei giorni. Perciò, quando arrivò il giorno del ricevimento a Versailles, era talmente euforica che persino suo padre si accorse di quell'improvviso e inaspettato entusiasmo.

«Come mai ultimamente vai volentieri agli eventi organizzati dal re?» le chiese, mentre lei, già pronta, era andata a dargli i suoi saluti e a dirgli che avrebbe fatto tardi quella sera.

«Sto cercando di godermi un po' di più la vita mondana.» gli rispose semplicemente.

Persino il tragitto in carrozza le sembrò lungo, nonostante la compagnia di Tikki che, da dentro la sua borsetta, facendo capolino con la testolina rossa, chiacchierò con lei tutto il tempo.

Non sapeva nemmeno dove si sarebbero visti esattamente: forse si sarebbe avvicinato a lei senza maschera, presentandosi per la prima volta a lei.

Entrò decisa nella reggia, ignorando completamente la gente che la circondava, o meglio, si guardava attentamente attorno nel tentativo e nella speranza di trovare o incrociare il suo sguardo, mentre la sua testa escludeva disinteressata tutte le discussioni e i pettegolezzi che non le importavano.

Si diresse tranquillamente vicino ai musici, in modo che lui la potesse trovare. In fondo quale posizione migliore se non quella su cui gli occhi di tutti erano puntati.

Makohon Saga _ Amore A VersaillesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora