L'arresto

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22 Giugno 1791

Arno si massaggiò le tempie, innervosito: la testa gli sembrava esplodere. Era due giorni che dormiva giusto il tempo del riposo dei cavalli e quella notte a Varennes, con l'inconveniente dell'assenza dei soldati che avrebbero dovuto assistere e sorvegliare il re e la sua famiglia al posto suo, non era potuto tornare a Parigi.

C'era qualcosa che non andava e lo sapeva bene: nonostante il loro ritardo di cinque ore, non era possibile che non ci fosse nessuno pronto ad accoglierli. Era successo qualcosa, su questo ne era sicuro e ci aveva rimuginato tutta la notte, mentre sorvegliava la barricata che aveva protetto la berlina su cui si trovavano la famiglia reale e gli altri fuggitivi.

Era stanco, stravolto e nervoso; in quel momento avrebbe solo voluto prendere François, che probabilmente era stanco quanto lui, e tornare a Parigi da Juliette: sentiva l'impellente bisogno di rivederla; gli mancava la sua voce dolce, il suo sorriso, i suoi occhi color del miele, i suoi boccoli castani, il profumo della sua pelle.

Gli scappò un sorriso: l'Arno di soli due anni prima non avrebbe mai fatto quei pensieri, anzi quella stessa mattina, dopo aver trovato una collocazione alla famiglia reale, si sarebbe probabilmente cercato una bella donna di Varennes per portarsela, così, in qualche luogo appartato e divertirsi con lei.

Controllò l'orologio, quasi le cinque e mezza: di nuovo aveva dormito quattro ore, se non di meno.

D'un tratto qualcosa, o meglio qualcuno, attirò la sua attenzione. Un uomo si era avvicinato a lui, quasi correndo; quando gli fu di fronte scoprii che non era un uomo, ma un ragazzino, probabilmente un paggetto o un messaggero. Si bloccò, poggiando le mani sulle ginocchia nel tentativo di riprendere fiato, dopodiché si rimise diritto e parlò.

«Il capo squadrone Deslon desidera parlare con il re. A Parigi si è scoperta la vostra partenza e la voce si sta espandendo in tutta Francia. Il capitano vorrebbe aiutarlo per il resto del viaggio, rimanere qui non è sicuro.» disse tutto d'un fiato.

Lui chiuse gli occhi color del ghiaccio per qualche secondo, per poi riaprirli e rispondergli.

«Non posso scortare sua maestà fuori dal paese, soprattutto se ciò che hai detto è vero.»

«Il fatto è che il paese è in allerta e non fanno passare lo squadrone di ussari.» obbiettò il giovanotto.

Arno fece un sospiro, cercando di trovare una soluzione possibile.

«Scorta solo lui all'interno della città, se le guardie ti dicono qualcosa, dì loro che te l'ho detto io.» a quel suo ordine il ragazzo fece un leggero cenno di testa, dopodiché scappò nuovamente via.

Passarono non più di una decina di minuti che questi ritornò, accompagnato da un uomo in uniforme. Nel mentre che i due si avvicinavano, il capitano si affacciò all'interno della carrozza per parlare con gli occupanti.

«Vostra altezza, non vorrei disturbarla a quest'ora della mattina, – sussurrò – ma monsieur Deslon vorrebbe conferire con lei.»

Re Luigi, allora, molto educatamente si congedo dai suoi compagni di viaggio, scendendo poi dalla vettura.

«Maestà.» s'inchinò subito il capo Deslon, seguito a ruota dal suo valletto, che li avevano appena raggiunti.

«Capitano, si può sapere cosa succede? Abbiamo passato la notte a dormire in una carrozza protetti da una barricata. Capisco la segretezza, ma questo è troppo.» disse il re, con un tono autoritario che non ammetteva repliche.

«Comprendo la sua delusione vostra altezza, ma sono propenso a credere che qualcuno, prima del vostro arrivo, abbia detto al cavaliere di Bouillé che voi non sareste arrivati prima di domani, perciò non arriverà per scortarvi via.» rispose l'ufficiale.

Makohon Saga _ Amore A VersaillesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora