L'imprevisto

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20 Novembre 1790

Juliette non riusciva a togliergli gli occhi di dosso, era strana la sensazione che provava in quel momento: si sentiva come se finalmente fosse libera, l'idea di essere legata a lui per sempre l'aveva mandata sulle nuvole, ancora più sopra di quell'odiosa nube viola che ancora incombeva su Parigi; ora quell'uomo era suo a tutti gli effetti e non si doveva vergognare più di nulla.

Sì, perché per quanto tra le giovani nobildonne che volevano l'avventura e la trasgressione fosse quasi un gioco concedersi al primo belloccio che incontravano, lei invece, educata dal padre, era cresciuta con dei principi, dei principi che, nonostante l'amore e l'attrazione incondizionati che provava per Arno, l'avevano messa più di una volta a disagio per aver perso la sua voluttà prima del matrimonio.

Ora però nessuno avrebbe più potuto dire nulla, ora lei aveva tutto il diritto di passare le sue mani tra quei lunghi capelli corvini, aveva tutto il diritto di perdersi in quegli occhi liquidi del colore della Senna d'inverno, aveva tutto il diritto di sfiorare i suoi muscoli scolpiti. Ora erano legati per sempre.

Tutto questo pensava, mentre danzava con lui, continuando a guardarlo, come d'altronde lui faceva con lei.

Attorno a loro altre coppie danzavano e continuavano i festeggiamenti, ma a loro sembrava di essere in un altro mondo, un mondo dove c'erano solo loro, dove non dovevano combattere contro Comt Ténèbre, dove la rivoluzione era lontana, dove potevano godersi almeno quei momenti senza essere disturbati.

Persino quando le danze finirono e proseguì il ricevimento, o quando l'enorme e sontuosa torta nunziale, ricoperta di panna e glassa perlacea, preparata dai pasticcieri assunti dalla nobile famiglia Ponthieu, entrò nella sala portata da ben quattro camerieri e fu servita a tutti, loro continuavano a rimanere in quel mondo tutto loro, assuefatti dalla sensazione di appartenersi, di essere finalmente uniti anche nello spirito, oltre che nella passione e nel corpo.

Quando finalmente si ritirarono nelle stanze adibite per la loro prima notte di nozze, in casa della sposa, proprio come voleva la tradizione, finalmente sembrarono uscire da quel limbo di beatitudine: la realtà gli piombò addosso, travolgendoli come un tornado. Fu Tikki a dar loro la cattiva notizia, schizzando fuori dalle pieghe candide del vestito da sposa di Juliette.

«Odio rovinarvi questo momento, soprattutto ora, ma non possiamo più attendere: avverto chiaramente la forza di Comt Ténèbre accumularsi di fronte al municipio.» disse, con la sua vocina e lo sguardo azzurro addolorato nel dare quella notizia.

«Un'altra protesta?» chiese Arno, tornando sull'attenti. Nonostante sentiva il bisogno quasi impellente di unirsi nuovamente a quella che ora era sua moglie, il dovere chiamava e il suo lato da soldato e da capitano gli impediva di cedere ai suoi istinti.

«Non ne sono sicura, ma credo di sì.» rispose la kwami rossa.

«È assurdo. Il comune e la municipalità entra finalmente in funzione e quelli già tentano di farla crollare!» protestò il giovane, passandosi una mano sul viso, in un gesto esasperato.

«Avanti, non abbiamo tempo da perdere. – lo incitò la compagna – Tikki trasformami!» disse.

Arno rimase per un attimo incantato nel vedere quel suo elegante e sontuoso vestito trasformarsi nel costume completo di gonna e corpetto a pois di Coccinelle. Dopodiché, quando quegli occhi color del miele, dietro la maschera, lo guardarono severi e in attesa, si riscosse da quel momento d'incanto e anche lui ordinò al suo kwami di trasformarlo.

Uscirono dalla finestra della camera, sperando di tornare in tempo in modo che nessuno si accorgesse della loro assenza. Uscire dalla camera designata agli sposi la prima notte di nozze, non solo si diceva portava male, ma era anche molto sconveniente, perché stava a significare che i due novelli sposi avessero qualcosa da nascondere.

Makohon Saga _ Amore A VersaillesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora