L'ansia

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21 Giugno 1791

Juliette si allungò verso il lato opposto del letto a baldacchino, ancora mezza addormentata, non trovando ciò che si aspettava di trovare.

Sbatté le palpebre un paio di volte, cercando di mettere a fuoco la stanza e imponendo al suo cervello di riprendersi dal torpore del sonno. Quando ci riuscì, biascicò il nome del suo amato, voltandosi verso il punto del letto in cui doveva esserci, ma questi non c'era. Si guardò intorno, ma di Arno non vi era traccia.

Il panico prese possesso di lei, possibile che fosse partito prima senza nemmeno salutarla? Sospirò, passandosi una mano tra i capelli. Sì, era possibile, anzi possibilissimo.

Si alzò dal letto e, prima di avvicinarsi all'armadio per scegliere cosa indossare, allungò la mano verso il comodino, strofinando la punta dell'indice sulla macchia nera che la sua piccola kwami aveva sopra la testa, svegliandola.

«Buongiorno, Juliette...» disse con una vocina un po' assonnata la piccola creatura, strofinando le zampette sugli occhi.

La ragazza non rispose: si vestì in silenzio, senza un fiato, con il peso sul cuore del fatto che ora, per almeno due giorni, sarebbe rimasta da sola.

«Juliette, va tutto bene?» domandò Tikki, avvicinandosi a lei e aiutandola ad allacciare bene il corsetto del suo adrienne, dietro la schiena.

«Mi sento come il giorno della Bastiglia... Ho paura... Ho il terrore di non rivederlo più...» le rispose lei.

«Amica mia, devi stare tranquilla. Non deve far altro che accompagnare la famiglia reale a Varennes, dopodiché tornerà qui.» la rassicurò, l'altra, parandosi davanti a lei con un dolce sorriso stampato sul musetto rosso.

La ragazza ricambiò sinceramente il sorriso: vedere la fiducia che Tikki aveva nei confronti di Arno in qualche modo la tranquillizzava. Doveva essere forte, doveva essere sicura anche lei che Arno e Plagg sarebbero tornati a casa sani e salvi tra qualche giorno. Solo un paio di giorni e sarebbe tornato tutto alla normalità.

Uscì dai suoi appartamenti, mentre Tikki si metteva comoda sulla sua spalla, reggendosi a una ciocca di capelli, per non cadere quando la ragazza cominciò a camminare.

«Potrei chiedere a Chantal se ha voglia di fare qualcosa questo pomeriggio.» mormorò la ragazza, quasi come se stesse parlando tra sé e sé.

«Perché no... – le rispose Tikki – È da quasi due mesi che non la vedi. Inoltre un pomeriggio tra amiche è il modo migliore per distrarsi.»

Arrivarono nella sala da pranzo che la tavola era già imbandita per la colazione, compresa di biscotti per lo spirito della fortuna. Dopo essersi seduta, la giovane nobildonna, si versò del latte in una tazza, servendosi anche di un pezzo di torta di mele.

Aveva iniziato a sorseggiare il contenuto della tazza, quando la domestica bionda entrò nella sala, dandole il buongiorno.

«Buongiorno Marie.» rispose Juliette, dopo aver poggiato nuovamente il recipiente sul suo piattino ed essersi pulita la bocca con il tovagliolo.

«Ha dormito bene stanotte?» domandò nuovamente la domestica.

«Sicuramente meglio del risveglio. – commentò la donna, storcendo la bocca – A tal proposito, potresti andare a comprarmi il giornale di questa mattina, per favore?» domandò, o meglio ordinò, ponendola in modo che sembrasse una domanda.

«Certamente, madame Ponthieu.» rispose la bionda, chinando il capo e uscendo dalla stanza, lasciando nuovamente sole Tikki e Juliette.

Non appena finirono la loro colazione entrambe si recarono in uno dei due salottini della villa e si accomodarono sul divano, nel tentativo di rilassarsi un po', prima della lezione di piano, che era oramai l'unica lezione che Juliette continuava a seguire da quando si era sposata.

Non sapeva con esattezza quanto tempo fosse passato, mentre stava comodamente seduta sul divano accarezzando il capino di Tikki con due dita, un gesto che rilassava parecchio entrambe, stava di fatto che Francine bussò alla porta, per poi entrare solo quando fu invitata dalla padrona di casa.

«Il maestro di piano ha annunciato che arriverà con un'ora di ritardo, ha mandato il suo giovane apprendista ad avvisarci; qui invece ho il giornale del giorno.» disse porgendole una copia del Journal de Paris.

Lei lo afferrò con un sospiro, per poi incrociare lo sguardo con quello scuro della domestica.

«L'hai visto andar via?» domandò.

All'inizio la donna rispose con solamente un cenno di testa, ma quando si accorse che la sua padrona stava continuando a fissarla, come se si aspettasse qualcos'altro, spiegò meglio cos'era accaduto quella notte.

«È venuto a salutarmi poco prima della mezzanotte, prima di andarsene, sembrava parecchio nervoso: credo più per il fatto di abbandonarla qui che per la missione in se.»

La nobildonna fece un cenno di testa, dopodiché chinò il capo, spostando lo sguardo verso il giornale e sgranando gli occhi, proprio mentre la domestica usciva dalla stanza.

I grossi caratteri sulla testata del giornale la lasciarono completamente basita: già si parlava della scomparsa del re. Era mai possibile che la voce si fosse sparsa per tutta Parigi in così poco tempo? A detta del giornale, il sovrano era sparito lasciando un biglietto nelle sue camere, che aveva ritrovato uno uomo della servitù e che, nonostante l'Assemblea Costituente attribuisse quella sparizione ad un rapimento più che a una fuga, il comandante della Guardia Nazionale, La Fayette, era già intenzionato ad intervenire e mandare alcuni suoi uomini a cercare la famiglia reale per decretarne una volta per tutte l'arresto.

Nel leggere quelle parole, Juliette sentì il cuore balzarle in gola. Se il convoglio che avrebbe dovuto portare il re e la sua famiglia a Varennes fosse stato trovato, avrebbe rischiato l'arresto o peggio ancora la morte, Arno compreso, per tradimento nei confronti del popolo.

Lanciò il giornale lontano da lei, cercando di togliersi quell'orribile pensiero dalla testa, ma meno tentava di pensarci, più il suo cervello lavorava di fantasia: una fantasia che in quel momento avrebbe voluto proprio non avere.

Makohon Saga _ Amore A VersaillesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora