La decisione

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29 Giugno 1791

Arno si sedette sul suo letto, con un sospiro. In un momento diverso avrebbe pensato a quanto gli era mancato quel materasso e avrebbe cercato di sfruttare quella mancanza, magari possedendo la sua amata, proprio su quelle candide lenzuola. Quello però, purtroppo, non era proprio il momento e, per quanto gli fosse mancata l'adorata moglie e l'istinto gli dicesse di fregarsene di tutto e appropriarsi del suo corpo con passione, Arno cercò di concentrarsi su come risolvere quella situazione.

Nello stesso istante in cui Coccinelle rilasciò la trasformazione, tornando ad essere Juliette, qualcuno spalancò la porta dei loro appartamenti.

«Oh, Arno! Stai bene!» esclamò, con un tono più che preoccupato, sua madre, per poi stringerlo forte.

«Sì... sì sto bene...» rispose lui strofinando la mano sulla schiena della donna, nel tentativo di tranquillizzarla e rassicurarla.

Poco dopo si staccarono e gli occhi di Arno tornarono seri e calcolatori.

«Dobbiamo andarcene da qui! Tutti e cinque!» disse con tono duro.

«Andarcene?» domandò stupita Francine, gli occhi castano scuro strabuzzanti e confusi.

«Arno è inutile... Mi sono esposta troppo, ormai tutta Parigi, Comt Ténèbre compreso, avrà capito che siamo noi due. Inoltre abbiamo un compito e non possiamo lasciare Parigi in balia del male più assoluto.»

«Lo so... – sospirò l'uomo – Loro pensano sia solo una stupida rivoluzione, ma la verità è che ci sono forze più oscure, forze che per loro fortuna non riescono a percepire.»

«E allora capisci che scappare non è la soluzione.»

«Non sto dicendo che Coccinelle e Chat Noir devono andarsene. – disse incrociando lo sguardo di ghiaccio con quello dell'amata – Sto dicendo che noi due dobbiamo andarcene.»

«Ma... Dove dovremmo andare?» questa volta fu la domestica bionda a intervenire: che, per tutto il tempo della conversazione, era rimasta alla soglia della porta ed ora era entrata facendo un breve inchino.

L'uomo si portò una mano al mento, pensieroso, strofinando le due dita su di esso e percependo la sensazione ruvida della barba che stava crescendo.

«Andare a sud è fuori discussione. È verso dove siamo fuggiti col re e sarà il primo posto in cui ci verranno a cercare.» disse, cercando di pensare a un'altro luogo.

«Potremmo andare a Senlis, ho dei parenti lì ed è abbastanza lontano.» propose Juliette.

«E allo stesso tempo sarebbe vicino per noi due, in modo da tornare a Parigi quando ce ne sarà bisogno.» confermò il marito, annuendo con la testa.

«Immagino quindi che vi dobbiamo preparare i bagagli...» fece Marie, osservando l'uomo.

«Il prima possibile. – rispose Arno – Partiremo stanotte stessa. Conoscendo La Fayette fino a domani sarà troppo impegnato a condannare il sovrano per occuparsi di noi.» a quelle parole entrambe le due domestiche fecero un'inchino e subito dopo schizzarono fuori dagli appartamenti per fare i bagagli.

Non appena furono finalmente soli, fu Juliette a gettarsi, finalmente tra le braccia del marito: sentire nuovamente la presa salda delle sue braccia, attorno alle sue spalle, in qualche modo la rassicurò, nonostante ciò che li attendeva.

«Mi sei mancato...» disse, tenendo il viso premuto contro la sua camicia, rendendo così la voce ovattata.

«Anche tu, mon amour...» rispose lui, ma ebbe tempo di dire solo quello, perché subito dopo lei si allontanò, con una smorfia quasi di disgusto sul volto.

«Però prima di partire ti fai un bagno, perché caro mio, puzzi quanto una forma di camembert di Plagg.» disse puntandogli il dito contro al petto.

«Come...?!» tentò di chiedere lui, quasi sconvolto.

«Questa è un'offesa per il camembert. – intervenne il piccolo kwami nero, che era schizzato fuori dagli abiti del padrone non appena erano arrivati in casa – Fidati sono rimasto lì nascosto per tutto il tempo e aveva un'odore rivoltante pure per me.» a quell'affermazione la giovane nobildonna scoppiò a ridere, una risata argentina che ad Arno era mancata da matti. Cercò di trattare anche lui il riso: nel vederla comunque spensierata, almeno ogni tanto, nonostante tutto, e mise su il broncio continuando quel gioco.

«Ma bene... Fate pure comunella voi due...» disse offeso per poi dirigersi verso l'armadio e cercare un'altra camicia e un'altro paio di pantaloni da indossare per la nuova partenza.

Juliette rimase solo qualche minuto ad osservare divertita la porta da cui era uscito il marito.

Erano di nuovo in fuga e in pericolo, eppure erano insieme e questo, in qualche modo, la rassicurava: sapeva che al suo fianco sarebbe andato tutto per il meglio. In fin dei conti erano una squadra e avevano imparato a combattere fianco a fianco, coprendosi le spalle, molto più che da soli. Avrebbero affrontato quell'ultima difficile sfida, allo stesso modo di come avevano affrontato la presa della Bastiglia due anni prima, con la speranza di sconfiggere il misterioso Comt Ténèbre una volta per tutte e potersi godere il resto della loro vita assieme in pace.

La domestica bionda entrò nuovamente nei loro appartamenti, tutta trafelata, con un grosso baule in mano che sembrava pesare parecchio.

«Madame, forse le conviene andarsi a lavare anche lei.» propose, poggiando il bagaglio sul letto e asciugandosi il sudore dalla fronte.

«Sì, prima partiamo e meglio è... Avete avvisato il cuoco?» domandò, mentre andava anche lei verso l'armadio e sceglieva una veste comoda e poco ingombrante per partire.

«Certamente, sta cercando di racimolare un po' di provviste dalla cucina, per ogni evenienza, credo anche per il viaggio.» rispose la domestica affiancandosi a lei e prendendo alcuni dei suoi vestiti più belli, per poi piegarli per bene e metterli dentro il baule.

La nobildonna, senza più nessuna parola uscì dalla camera, diretta al secondo bagno della villa. Solo quando si fu allontanata e i suoi passi non si sentirono più nemmeno in lontananza, Marie sospirò.

«Spero solo che tutto questo finisca in fretta...» disse.

«Stai tranquilla Marie, vedrai che in un modo o nell'altro si risolverà tutto.» la giovane domestica trasalì.

«Maledizione Tikki, mi hai spaventato!» esclamò, portandosi una mano al cuore, che ora sentiva martellare furioso nel petto.

«Perdono...» rispose il piccolo esserino rosso.

«No, no... Tranquilla... È che ancora non mi sono abituata alla vostra presenza.» cercò di spiegarsi la bionda, riprendendo a riempire il baule di vestiti.


Juliette si stava davvero dirigendo verso il bagno di servizio, quello un po' più piccolo della villa, ma ciò la portò comunque a passare proprio davanti alla porta bianca di quello principale.

Si fermò davanti ad essa, indecisa sul da farsi, poi però l'istinto ebbe la meglio: prima ancora che se ne potesse rendere conto, la sua mano si poggiò sulla maniglia, spingendola verso il basso e aprendo così la porta.

Arno era lì, sdraiato dentro la vasca, con gli occhi chiusi e l'aria rilassata. A Juliette sembrò che un sorriso gli si stesse dipingendo in volto proprio in quel momento e qualche millesimo di secondo dopo ebbe la conferma di quella sensazione.

«Sapevo che saresti venuta...» disse, aprendo finalmente gli occhi e guardandola.

Makohon Saga _ Amore A VersaillesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora