Il rientro

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29 Giugno 1791

Juliette concluse il pranzo quasi di fretta. In realtà non aveva assolutamente fame, se aveva mangiato l'aveva fatto solo per fare la un favore a Francine e Marie che avevano insistito tanto, preoccupate per la salute della padrona.

Era ormai più di una settimana che si sentiva a quel modo e più i giorni passavano più quell'orribile sensazione di aver sbagliato, a lasciar andare Arno da solo in quella missione, l'angosciava. Era vero, non era certo una missione di sua competenza scortare il re nella sua fuga fino a Varennes, ma allo stesso tempo mandandolo da solo aveva decretato la loro separazione.

Non sarebbe più stata con le mani in mano, soprattutto quel giorno che lui e la famiglia reale sarebbero rientrati a Parigi, soprattutto ora che la nube oscura e violacea di Comt Ténèbre era riapparsa dopo mesi di assoluta stasi, o quasi.

«Madame, è sicura di quello che fa?» domandò Marie preoccupata, osservando la donna alzarsi di colpo dal tavolo della sala da pranzo.

«Marie, sai bene che è il mio compito. Parigi ha bisogno di me... Mio marito a bisogno di me...»

«Lo so, ma ogni volta che uscite in quei panni... – cercò di protestare, la domestica, per poi sospirare – State attenta...» disse solamente alla fine. La donna rispose con un lieve cenno di testa, dopodiché si rivolse al suo kwami.

«Andiamo a salvare Arno... Tikki, trasformami!» esclamò e l'esserino rosso, come al solito, fu risucchiato dagli orecchini, trasformando in un batter d'occhi l'elegante polonaise giallo canarino che indossava, negli abiti comodi e allo stesso tempo eleganti di Coccinelle.

La giovane eroina si guardò un attimo, osservando quei panni che tanto sentiva come suoi, ma allo stesso tempo la mettevano a disagio: perché sapeva che quando li indossava voleva dire soltanto guai. Emise un sospiro, dopodiché, senza una parola, si diresse di corsa verso la vetrata dell'enorme sala, aprì la finestra e uscì dalla villa.

Parigi era in tumulto: stavano tutti attendendo il rientro della famiglia reale e nessuno, nemmeno una persona di tutta quella folla aveva buone intenzioni. Mettersi contro i parigini in quel momento significava decretare definitivamente la condanna dei due eroi di Parigi, come traditori del popolo. D'altro canto però, cosa poteva fare? Non avrebbe di certo lasciato Arno, il suo Arno, alla mercé di quegli uomini, affamati di vendetta e desiderosi del sangue dei reali e di ogni persona che li aiutasse. Sì, perché lo sapeva bene: ormai la maggior parte del popolo, alla scoperta della fuga del re e dei suoi parenti più stretti, aveva iniziato a parlare di pena di morte, di giustizia, di ghigliottina. Un brivido le percorse la schiena nel ripensare a quelle cose. No, non sarebbe successo ad Arno, non l'avrebbe permesso.

L'eroina arrivò agli Champs-Élysées, dove sapeva che per ordine del municipio, sarebbe passato il convoglio reale, per fare in modo che tutti i parigini lo vedessero e nessuno potesse protestare.

Non sapeva a che altezza era il convoglio, se fosse già rientrato a Parigi o se era ancora nella strada che portava alla capitale da Meaux, stava di fatto che quella zona, come altre della capitale era strapiena di gente, ma una persona più di tutte attirò la sua attenzione.

Sopra un piccolo podio approssimativo, creato in legno e abbastanza alto da superare di un paio di piedi un'uomo adulto, c'era Gilbert du Motier de La Fayette, nella sua parrucca incipriata e nel suo completo bianco, sotto la giacca blu. Egli stava gridando alla folla che, nel vociare concitato e furioso, sembrava comunque ascoltarlo. Anche Coccinelle si accostò meglio al luogo dove si trovava il palchetto, rimanendo nascosta dietro un comignolo, in modo da riuscire a sentire ciò che l'uomo stava dicendo.

«Comprendo la vostra rabbia. Comprendo il vostro astio. Questa fuga ci ha dimostrato una volta per tutte che il re e tutti i nobili di Parigi, non sono mai stati dalla nostra parte. Ci hanno tradito, hanno tradito la nostra fiducia. Quel briciolo di fiducia che puntava a risvegliare il buonsenso in tutti loro, attraverso le vostre, le nostre, proteste. Vi dò la mia parola che questo atto non resterà impunito. I fuggitivi verranno giustiziati come meritano.»

Makohon Saga _ Amore A VersaillesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora