La gentilezza

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20 Giugno 1791

Arno era sdraiato sull'enorme letto con la testa appoggiata sul cuscino e le braccia, comodamente, sotto di esso. Teneva gli occhi chiusi, ma era perfettamente sveglio: attento a ciò che la sua amata, seduta di fianco a lui, stava leggendo.

«Per tema, io resto qui con te, in eterno; e più non lascerò questa dimora della notte, qui, qui, voglio restare insieme ai vermi, tue fedeli ancelle, qui fisserò l'eterno mio riposo, qui scrollerò dalla mia carne stanca il tristo giogo delle avverse stelle. – la percepì sospirare, come se l'emozione per ciò che stava leggendo l'avesse bloccata, poi, quando stava per riprendere – Oc...»

«Occhi, miratela un'ultima volta! – continuò lui aprendo gli occhi e puntandoli su quelli stupiti di lei – Braccia, carpitele l'estremo amplesso! E voi, mie labbra, porte del respiro, suggellate con un pudico bacio un contratto d'acquisto senza termine con l'eterna grossista ch'è la Morte!» quando concluse continuò a guardarla con aria seria e decisa, come se volesse farle capire che nonostante quelle non fossero parole sue ci credeva davvero.

All'improvviso, però, lei chiuse il libro e il suo sguardo diventò improvvisamente triste, nell'osservarlo. Quello sguardo, era da tanto tempo che non vedeva quello sguardo. Certo l'aveva vista parecchie volte un po' più preoccupata per le circostanze che spesso si trovavano ad affrontare, ma quegli occhi spaventati a quel modo, li ricordava solo in un occasione: quando anni prima il conte Grandprè aveva tentato di violentarla. Solo che questa volta non era in pericolo, non c'era nulla che la minacciasse e quello sguardo impaurito e quasi sul punto di piangere, gli spezzava il cuore.

«Juliette, che succede?» domandò preoccupato di quell'improvvisa tristezza.

«Tu lo faresti, vero?» rispose lei con un'altra domanda.

«Lo farei? Di cosa stai parlando, mon amour?» chiese, sempre più preoccupato, mettendosi anche lui seduto e prendendole la mano, che ancora teneva il libro della più famosa tragedia di Shakespeare.

«Tu rischieresti la tua vita per me... Pur... pur di non vedermi morire...» disse quando finalmente le lacrime sgorgarono dai suoi occhi.

Arno percepì nuovamente il suo cuore andare in mille pezzi, come un vetro che si frantuma.

«Juliette, cosa...»

«Non farlo... Non... non potrei sopportarlo... Io...» d'improvviso l'abbracciò, nel tentativo di farla smettere di singhiozzare.

«Juliette, mon amour, calmati. Andrà tutto bene. È soltanto un libro.» le sussurrò, senza però riuscire davvero a comprendere il motivo di quella crisi. Lei scosse la testa, sfregandola contro la sua camicia e bagnandola delle sue lacrime.

«Non è per quello...» disse, la voce ovattata dal tessuto su cui premeva il volto.

Lui, allora, allungò una mano, fino a portare l'indice sotto al suo mento e alzarle in quel modo il viso, in modo che i loro sguardi s'incrociassero.

«E allora cosa, amor mio?»

«Ho paura... Per domani... per ciò che sta accadendo... Questa calma prima della tempesta mi sta facendo impazzire...» disse con gli occhi ancora arrossati.

Lui non rispose, rimase in silenzio e fermo solo per qualche secondo: il tempo di osservare quegli occhi che tanto amava arrossati dalle lacrime appena versate e imprimerseli a fuoco nella mente, come monito a far sì che non accadesse mai più. Dopodiché le prese il viso tra le mani e avvicinò le labbra alle sue, in un bacio affettuoso e dolce. Non appena si separò da lei con un dolce sorriso parlò.

«Andrà tutto bene Juliette... Ricordi cosa ti dissi il giorno in cui chiesi la tua mano a tuo padre? – domandò poi e, notando la sua aria confusa proseguì – Ti avevo promesso che saremmo sopravvissuti entrambi. Nessuno, nemmeno Comt Ténèbre, potrà separarci.» dette quelle parole, voltò la mano destra e le accarezzò la guancia con il dorso.

Subito dopo quel gesto, come rassicurata da esso e dalle parole che l'avevano preceduto, la giovane nobildonna si accoccolò a lui, non più singhiozzante, ma comunque ancora turbata.

Passarono svariati minuti così: lei tra le sue braccia e lui che le accarezzava dolcemente la schiena e i capelli castani, sciolti sulle spalle.

«Arno...» sussurrò il suo nome talmente dolcemente e lievemente che quasi gli sembrò un rantolo di vento.

«Dimmi, mon amour.» rispose lui, continuando a stringerla.

«Prendimi.» rispose semplicemente lei, alzando lo sguardo sul suo viso e incrociando gli occhi con i suoi.

Sul suo volto si dipinse un sorriso, ma non un sorriso malizioso, come accadeva ogni volta che tra di loro si toccava quell'argomento. No, questa volta era un sorriso dolce e rassicurante, quasi accondiscendente: come se fosse semplicemente contento di esaudire quella sua richiesta.

Si riavvicinò a lei, baciandola nuovamente, sempre in quel modo gentile e affettuoso che non era proprio da lui, o per lo meno non in quei momenti in cui di solito la passione prendeva il sopravvento. Anche quando la fece sdraiare nuovamente sul materasso e la privò dei pochi indumenti da notte che indossava, lo fece con una gentilezza e una cura che Juliette non aveva mai visto in lui. Era come se in quel momento, ai suoi occhi, lei apparisse come una bambola di porcellana: bellissima, ma anche fragile, che al minimo tocco troppo deciso, sarebbe andata in mille pezzi.

Le baciò con dolcezza la pelle nivea, facendole percepire appena la morbidezza delle sue labbra e l'umido della punta della sua lingua. Si dedicò con particolare cura al suo seno, senza però essere vorace come suo solito, ma invece, con una certa cautela, come se stesse assaporando un dolce prelibato.

Persino quando lei si fu completamente abbandonata a lui, finalmente rilassata e priva di qualsiasi odioso pensiero o terribile presentimento sul futuro, e lui decise di esaudire finalmente la sua richiesta e farla sua, lo fece piano: quasi come fosse la loro prima volta e avesse paura di farle di nuovo del male.

Ciò che provò lei però fu solamente piacere e una gioia incommensurabile di avere un marito così premuroso e affettuoso nei suoi confronti.

Arno premette il suo corpo contro quello dell'amata, poggiandosi completamente su di lei, e sentendo la carezza delle sue braccia che dolcemente gli avvolgevano le spalle e si muovevano a ritmo dei suoi movimenti lenti e gentili.

Ormai erano un tutt'uno, nulla li avrebbe potuti separare, nemmeno la morte: di questo Arno ne era sicuro.

Makohon Saga _ Amore A VersaillesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora