Parte 39

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STO in macchina con Giulia,Sami,Amed e Antonio.
E' sera inoltrata e stiamo cercando Simona per le strade di Milano,da ormai non so più quante ore.
La mia testa è rivolta verso il finestrino oscurato,da cui spero di vedere la tigrotta ritornare.
Non so perché, ma provo un senso di colpa nei suoi confronti.
Vada come vada,terrò sempre a lei e mi angoscia il fatto di non sapere dove e con chi sia.

Giulia:"Scusami puoi andare in Via Padova?"dice al mio autista,che annuisce.

Antonio:"Non c'è traccia di lei neanche qui."dice preoccupato,mentre guardiamo ogni angolo della strada.

Amed:"E se andassimo alla polizia?"dice guardandomi. Rimango immobile,ma poi annuisco.
Non ci mettiamo molto per arrivare alla caserma,nella quale entriamo insieme.
È da tanto che non parlo con un poliziotto e avrei preferito non farlo ora,ma per Simona lo faccio eccome.
Raccontiamo ad un agente che ci fa sedere in un ufficio,quando l'abbiamo vista l'ultima volta e le sue abitudini.
Anche se si dovrebbe aspettare un lasso di tempo più lungo,due poliziotti  si mettono a cercarla subito.Andando anche a casa sua,con le chiavi dategli loro da Giulia.
Sono esausto,ma non fisicamente.
Quindi ci salutiamo e vado a casa mia,ho la testa che mi scoppia.
Nel mio letto abbracciando il cuscino,cerco di non pensare.Ma dormire,soltanto.

Nella mente di Simona:

STO fissando quel tavolo,non troppo distante da me.Li sopra si trova la mia borsa,non so perche' quella pazza l'abbia presa ma so che mi essere utile più che mai.
L'unico piccolo grande problema,è che sono incatenata.Ho cercato di divincolarmi e di spezzarle,ma le catene legate  che ho sono più forti di me.
È tutto cosi assurdo.
Sono seduta da non so quante ore e ho un male tremendo alla schiena,dato  che  sono appoggiata ad una trave di legno.Questa stanza e' cosi vuota e buia,a parte una lampada e sento freddo.Tanto.
Cerco varie opzioni nella mia testa per potermi liberare,ma non so come. Mi viene un colpo quando sento dei forti rumori,provenienti fuori da questa stanza.
Qualcuno poi,sta aprendo la serratura per entrare qui dentro.
Mentalmente,mi preparo a vedere ancora quella ragazza ma non credo ai miei occhi vedendo entrare lui.Mi si gela il sangue,mentre incrocio il suo  sguardo.Di Andrea.

Andrea:"Ciao."dice avvicinandosi,con un vassoio in mano.Lo poggia vicino alla mia gamba e si china verso di me.Voglio indietreggiare,ma più di tanto non posso.
Fa un mezzo sorriso,quando pressa il suo indice sulla mia bocca coperta da una striscia di nastro adesivo.

Andrea:"Ti sto per levare lo scotch dalla bocca,ma solo per farti mangiare.E' tardi,avrai fame.
Ma non inveirmi contro,con le tue parole.
Se proprio devi dire qualcosa,sputa l'odio prima di parlarmi."dice calmo,guardandomi negli occhi.Fa come ha detto e da sollievo alla mia bocca,liberandola.
Poi si alza subito,andando dietro.
Prende con una mano i miei polsi e con l'altra,sembra intento ad aprire il lucchetto.

Andrea:"Ora,mangia."dice rimettendosi davanti a me.Ma io non gli presto attenzione,mentre muovo le mie mani e braccia indolenzite.
Vedo che mi porge un bicchiere d' acqua,che io prendo e lancio violentemente contro il muro.

Io:"Non voglio nulla da te,a parte che mi lasci andare."dico urlandogli contro.

Andrea:"Vedi? Parti di già col piede sbagliato,devi stare calma.Sai bene cosa posso fare,quando perdo le staffe."dice serio.

Io:"Cosa hai a che fare tu, con lei?Perche' mi tenete qui?Che volete?Che senso ha tutto questo?"dico confusa più che mai.

Andrea:"Zitta."dice cercando di intimorirmi.

Io:"Ti odio,vi odio."dico cercando di levarmi le catene che ho sull'addome.

Andrea:"Sta buona."dice gridando, alzandosi di scatto.Afferra con violenza i miei polsi e intorno a loro,mi rimette le catene.
Prima che possa dire altro,in un colpo mi rimette anche una striscia di nastro adesivo.Esce poi,senza voltarsi.
E' tutto cosi surreale,sembra un incubo.Perché infondo lo è.

Come andare in paradiso ma senza morire.  GHALIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora