{Capitolo 12}

29 7 2
                                    

Stavo correndo da più di mezz'ora oramai, le gambe non le sentivo più non sapevo più dove ero, chi ero, che cosa avevo fatto per stare in questa condizione, o meglio, lo sapevo benissimo ma facevo finta di non saperlo, preferivo non saperlo.

Ero stanchissima.

Avevo il viso bagnato dalle mie stesse lacrime e non facevo altro che correre in mezzo all'erba più alta, poi quella più bassa.

Stavo impazzendo.

Che mi era capitato? La Virginia buona e cara dove era finita?

Ero stanchissima e fuori oramai era buio pesto, non sapevo nemmeno se sarei riuscita ad arrivare a casa.

Mi appoggiai ad un tronco di un albero.

Il mio corpo stremato scivolò su di esso dalla stanchezza e mi ritrovai seduta sull'erba con la schiena appoggiata sul tronco dell'albero.

Il rumore dei miei passi rimbombava ancora nella mia testa.

Piangevo.

Non riuscivo a smettere.

Avevo bisogno di un po' di acqua ma non ce ne era da nessuna parte.

Tutto quello che riuscivo a vedere di fronte a me era solo prato ed una piccola stradina che già conoscevo,

Avevo l'impressione di averla già vista prima.

Avevo una speranza,

Scoprì che non ero persa per sempre e che probabilmente avrei ritrovato la strada di casa se davvero mi ci sarei impegnata.

Smisi di piangere e mi avvicinai alla strada.

La riconobbi subito appena mi ci trovai ad un metro di distanza da essa.

Era la stessa strada che riconduceva al cimitero dove stava nonna.

Avrei rivisto la nonna.

Nonna Josette.

Imboccai su una piccolissima scorciatoia di quella strada, quella che portava direttamente al cimitero.

Ora non mi importava più di niente.

Appena lo vidi mi ci fiondai dentro alla ricerca della lapide di nonna.

Giselle' pov

Ero arrabbiata, anche se non posso attribuire un aggettivo del genere ad una situazione simile.

Ero più che altro delusa dall'atteggiamento di mia figlia.

So che magari essere stata così dura con lei potrebbe essere stato un duro colpo, nonostante la situazione non era così grave.

Ma assicurarsi di affermarsi anche nelle piccolezze aiuterà Virginia a non comportarsi in modo sbagliato per altre situazioni più gravi

Così mi insegnavano sempre i miei genitori.

Ero molto arrabbiata con lei, tuttavia non amavo essere troppo dura.

Mi incamminai verso la cucina e le preparai un aspirina per il suo mal di testa.

Sentivo una piccola corrente di aria che sfiorava le mie caviglie, tuttavia pensai che fossero dei residui di umidità all'interno della casa, probabilmente Anne, la nostra padrona di casa, non l'aveva pulita bene affondo.

Decisi di non dargli troppa importanza.

Mentre mi dirigevo verso la camera di Virginia mi accorsi che la porta era aperta.

Ci entrai e scoprì che all'interno Virginia non ci stava più.

Mi lasciai prendere dal panico, ma preferivo non mostrarlo di fronte a Philippe, ma soprattutto di fronte ad Anne.

Così dopo un accurata ricerca in tutta la casa scovai la porta principale di casa socchiusa, era palese che qualcuno la avesse aperta dal didentro:

" Virginia! " pensai subito.

Mandai delle truppe poliziesche a cercare la ragazza.

A questo punto era da matti non farsi prendere dal panico, o perlopiù non mostrarlo.

Lo mostrai eccome.

Non chiusi occhio per tutta la notte se non per circa una decina di minuti perché me lo aveva imposto mio marito Philippe.

Ero in condizione penose, non riusciva a vedermi così.

Durante il mio breve sonno sognai il peggio per Virginia e sognai tutti i miei sensi di colpa che si aggiravano nella mia mente ed era una sensazione orribile.

Non avrei mai voluto che succedesse una cosa del genere.

Una serie di domande cominciò a turbarmi:

'Come gli è passato per la mente di fare una cosa del genere?' '

'Forse io non avrei dovuto essere così?'

'Ci stanno altre motivazioni che la hanno spinta a fare ciò?.

Ero preoccupata come non lo ero mai stata prima.

Virginia's pov

Erano circa dieci minuti che stavo chiacchierando davanti alla tomba vuota di mia nonna Josette.

Probabilmente non sapevo che cosa stavo facendo, mi aspettavo una risposta forse?

Gli raccontai tutto, tutto ciò che non ci siamo ma dette: gli raccontai della mia esperienza a scuola, dell'ombra furtiva che continuava a spiarmi, o almeno così credevo, gli raccontai persino ogni singola canzone che ascoltavo al ritorno a casa da scuola, gli raccontai del viaggio e la ringraziai tantissime volte per la biblioteca, la biblioteca che non mi sarei mai aspettata.

Non avevo niente appresso con me non avevo il telefono, non avevo un orologio, ne niente da mangiare.

Mi sentivo vuota, ma appena ho trovato un altra "amica" con cui confidarmi era come se non avessi più bisogno di niente di ciò.

Mi sentivo vicina a lei come nessun'altro, e solo io potevo capire come mi sentivo in quel momento, era un momento bellissimo.

Eravamo solo io e lei. Io e lei.

Contro tutti.

Interruppe la nostra chiacchierata di nuovo l'ombra, ma ero stanca ormai di stargli appresso.

Non mi interessava più di ciò che avrebbe fatto, non aveva fatto mai niente di niente tranne che seguirmi ovunque

Ora però la vedevo come una risorsa.

Magari lui sapeva cosa fare, sapeva come riportarmi a casa.

Il pensiero, tuttavia, di avere qualcuno che mi seguiva alle spalle, era abbastanza traumatico.

Tutta via tutti i miei pensieri si bloccarono all'improvviso quando qualcuno mi toccò la spalla destra.

SEGRETI [Wattys2018]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora