9 - 156

20 6 0
                                    

- Mi sembra di impazzire - mi lamentai lasciandomi cadere sul letto, il telefono premuto contro l'orecchio. - Ormai ho l'impressione che ogni cosa sfugga al mio controllo, perfino i miei stessi pensieri. È così sfiancante.

- Devi solo stare tranquilla e procedere un passo alla volta.

Potevo immaginarmelo, Simon: seduto davanti alla scrivania o sdraiato sul letto come me, tentando di confortare una povera ragazza pazza il cui padre era morto con molti scheletri nell'armadio. Stava sorridendo, me ero sicura.

- Se le domande sono troppe, dà loro un ordine: prendine una e trova la risposta, poi passa alla seconda - mi suggerì.

Io alzai gli occhi al cielo. - Sì beh non è così semplice. Nella mia testa sembrano avere tutte la precedenza, e molte si intersecano tra di loro.

- Ma tu sai qual è quella che ti assilla di più - Non era una domanda, perché anche lui lo sapeva.

Dopo cena io mi ero congedata in camera e lo avevo chiamato, in preda ad una crisi isterica. Era dura non poter parlare di quello che stava succedendo con mamma e Jimmy, ma non volevo che fossero coinvolti: papà aveva fatto in modo che solo io scoprissi il suo segreto, il post-it era indirizzato a me e a Sarah aveva fatto solo il mio nome. Però fingere si stava rivelando più difficile del previsto e, se non fossi stata attenta, mamma si sarebbe accorta che qualcosa non andava.

Così avevo parlato a Simon della cassaforte e dei dubbi sorti in me subito dopo. Gli avevo rivelato la mia domanda più grande solo pochi minuti prima, perciò non potevo fingere, nemmeno con me stessa.

- Sì - ammisi rispondendo alla sua allusione. Non pronunciai la domanda ad alta voce, fu lui a farlo per me.

- Vuoi sapere che ruolo avesse tuo padre in tutta questa storia.

- Non ti sembra giusto?

- Assolutamente. Lo vorrei anch'io, se fosse successo a me.

Appena pronunciò quelle parole mi diedi dell'egoista. Troppo concentrata sui miei problemi, mi ero dimenticata di non essere l'unica a dover affrontare un lutto. - E tu? Come stai?

Lo sentii sospirare. - Non posso dire di stare bene, in fondo è successo da poco. Mamma invece finge di essersi in parte ripresa, ma credo che il vero tracollo debba ancora arrivare.

- Per qualsiasi cosa, ti prego, chiamami - Cercai di trasmettergli tutto il mio supporto, di fargli capire che io c'ero.

- Grazie Lydia - mormorò, inconsapevole di avermi fatto saltare un battito. Lo dovevo ammettere: Simon mi piaceva, mi piaceva parecchio. Siccome però non ero sicura che ricambiasse, mi guardavo bene dal dirglielo.

- Comunque la capisco - ripresi. - Tua madre. Almeno io ho qualcosa che mi tiene la mente occupata, questo mistero assorbe tutte le mie energie.

- Devo dire che questa storia ha preso anche me; in fondo mio padre e il tuo si conoscevano, e sono morti uno poco dopo l'altro.

Non so esattamente perché, ma quella frase attivò nella mia mente un ragionamento fulmineo che portò ad un nuovo dubbio.

Balzai a sedere. - Noi non siamo sicuri che questo stia accadendo solo nell'ospedale dove lavorava mio padre, vero?

Silenzio. Per un lungo momento non ottenni risposta poi, quando stavo per chiamarlo per verificare che fosse ancora lì con me, parlò. - No Lydia, in effetti non ci abbiamo mai pensato. Perciò no, ora che mi ci fai pensare, non ne siamo affatto sicuri.

What can you see? - Il progetto γDove le storie prendono vita. Scoprilo ora