10 - Fatale

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- Dove stai andando?

Mia madre doveva avere un sonar incorporato, qualcosa che veniva offerto in dotazione alle mamme una volta che i figli cominciavano a crescere un po'. E ovviamente lo accettavano tutte.

Non avevo nemmeno posato il piede sull'ultimo gradino della scala che già la sua testa si era sollevata di scatto dal libro che stava leggendo, seduta in cucina, e la sua fronte si era aggrottata.

- Jen mi ha appena detto che c'è una festa a casa di Thomas - mentii infilandomi le scarpe e prendendo il giubbotto di jeans dall'appendiabiti. Vidi le sue sopracciglia scattare all'insù, e le sue mani posare il libro sul tavolo. Terzo grado in arrivo!

- Una festa? Adesso?

- Sì esatto. C'è già molta gente, perlopiù compagni di scuola.

Mi preparai per l'affondo. - Mi servirà per distrarmi, e poi viene anche Simon. Sarà divertente.

A quelle parole la vidi sgonfiarsi e ingoiare la predica che stava preparando. Sapevo di aver toccato i tasti giusti, perché lei non aspettava altro che mi riprendessi dalla morte di papà e tornassi a sorridere. Siccome Simon riusciva a farmi addirittura ridere e a, come diceva lei, farmi brillare gli occhi, con lui mi avrebbe permesso di attraversare l'inferno.

- Ok. Non fare tardi però - si raccomandò, riprendendo in mano il libro.

Sorrisi. - Sarò a casa per mezzanotte. Posso prendere la tua macchina?

- Certo. Salutami Jen.

- Va bene - esclamai imboccando la porta, e richiudendomela alle spalle.

Pregando tutti gli dei che mia madre non venisse a scoprire dove fossi veramente, salii in macchina e accesi il motore, prendendo in mano il telefono prima di mettere in moto.

Jen, se mia madre chiede, siamo a casa di Thomas per una festa e c'è anche Simon. Ok?

Misi il telefono nel pozzetto sul cruscotto, accesi i fari e partii, diretta in ospedale. Una parte di me ancora non capiva perché lo stessi facendo, ma ero stanca: stanca dei segreti, stanca di brancolare nel buio. Stanca di non riuscire a svelare il mistero di mio padre. Non so che in modo questo avrebbe potuto aiutarmi, ma almeno sarebbe stata una certezza, una delle poche in questo periodo.

Jen mi rispose che ero quasi arrivata. Perché?

Perché ho bisogno che tu lo faccia. Ti spiegherò, te lo prometto.

Ok, ma non cacciarti nei casini.

Sorrisi. Ci proverò.

Parcheggiai davanti all'ospedale semideserto, sorvegliato solo dalle infermiere del turno di notte e da alcuni medici.

Mi affidai alla mia buona stella ed entrai: alla reception c'erano due segretarie, ed entrambe alzarono la testa vedendomi arrivare. - Sì? Ha bisogno?

Mi avvicinai a quella che mi aveva rivolto la parola. - Sa indicarmi il reparto di radiologia? Ho fatto una brutta caduta dalle scale di casa e non riesco più a muovere il polso.

- Ha preso appuntamento? - domandò con professionalità. Dissi di no.
Grazie a Dio sembravo più grande, o avrebbe capito che ero minorenne e avrebbe chiamato mia madre. Se possibile, lo volevo evitare.

- Dovrebbe farsi visitare da un medico prima di fare la lastra.

- Non credo sia necessario - insistetti, avendo l'accortezza di tenere il polso destro fermo per risultare più credibile. - Voglio solo capire l'entità del danno, non mi serve qualcuno che mi confermi di essermi fatta male.

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