Non ci eravamo più tornate dopo quel giorno, e sicuramente non pensavamo di farlo per un motivo che non fosse una visita medica o un saluto a papà.
L'ospedale si ergeva imponente davanti a noi, e non so perché improvvisamente mi parve una tomba. Così massiccio, teatro di così tante morti e sofferenze, così asettico...- Fa uno strano effetto essere qui - mormorò mia madre dando voce ai miei pensieri. Stava parcheggiando l'auto nello spiazzo apposito antistante l'edificio, pieno come sempre: le persone venivano da ogni parte della città per essere visitate dalle menti più brillanti nel campo della medicina, e il reparto di chirurgia era tra i migliori. Almeno finora.
Con un'ultima manovra mia madre posteggiò vicino all'entrata, e spense il motore della sua Hyundai.
- Sì infatti - concordai, slacciandomi la cintura di sicurezza e scendendo dalla macchina. Era particolarmente caldo quel giorno, e l'afa ci soffocava; presi comunque la felpa dal sedile posteriore per affrontare l'aria condizionata dell'ospedale.
- Te la senti? - le domandai, vedendola squadrare l'edificio in modo strano. Lei annuì e prese un lungo respiro. - Prima o poi bisogna che lo faccia.
Poi si voltò e mi sorrise. - Sono contenta che ci sia anche tu.
- Figurati.
Quella mattina mi aveva chiesto di saltare la scuola per accompagnarla, e io avevo subito acconsentito; Jimmy invece era a casa dei nostri nonni paterni, che abitavano alla periferia di Washington. Mamma non voleva portarlo con noi, e lui ancora non se la sentiva di tornare a scuola, naturalmente. Io non ci andavo dall'annuncio della morte di papà, due giorni prima, e sarei rimasta a casa ancora per un po'; Jen, la mia migliore amica, mi telefonava quasi ogni giorno per sapere come stavo, se c'erano novità e per informarmi sugli argomenti svolti e i compiti da svolgere. Non perché gli insegnanti si aspettassero che li facessi, aveva precisato, ma perché sapessi cosa avrei dovuto recuperare una volta che mi fossi sentita meglio. Mentre ciò accadeva stavo vicina a Jimmy e a mamma, fisicamente e psicologicamente.
Ci incamminammo verso l'ingresso mano nella mano e varcammo le ampie porte scorrevoli, venendo investite da una sventagliata di aria fredda. Pochi passi più in là la corrente si attenuò e il freddo diminuì, ma indossai comunque la felpa per evitare un raffreddore causato dallo sbalzo termico.
Davanti a noi c'erano la reception, un bancone circolare dietro al quale sedevano quattro donne, alcune barelle, due distributori di snack e bevande e molti cartelli che elencavano i vari reparti e il piano in cui erano situati; oltre, le scale e gli ascensori per raggiungerli. L'aria odorava di malattia e disinfettante, un mix che non avevo mai amato.
Ci dirigemmo verso la reception. Una delle quattro segretarie ci vide e si alzò, lasciando la sua postazione per venirci incontro. - Marta!
La riconobbi. Si trattava di Sarah Morris, una grande amica di mio padre.Quando ci raggiunse ci abbracciò entrambe, poi si rivolse a mia madre. -Come stai tesoro?
Lei sospirò. - È dura. È davvero, davvero dura.
- Sì immagino. Manca molto a tutti anche qui - commentò Sarah, e mia madre annuì, come se l'avesse già intuito.
- A quando il funerale?
Mia madre alzò le spalle. - Non lo so, appena ci restituiscono la salma.
- E ancora non hai notizie?
Lei scosse la testa, affranta. - Per il momento no. Oggi sono qui solo per dare un'occhiata allo studio di Michael e vedere cosa tenere e cosa buttare.
Sarah parve stupita. - Non lo sai?
- Non so che cosa?
- Stamattina è arrivata la polizia e ha fatto piazza pulita nello studio di Michael. Ho tentato di fermarli ma avevano un mandato, per cui non ho potuto fare nulla. Hanno portato via tutto, non credo sia rimasto più niente.
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What can you see? - Il progetto γ
Misterio / SuspensoE se coloro che hanno giurato di proteggervi... avessero anche giurato di uccidervi? Lydia Davis è così orgogliosa del padre, brillante primario di chirurgia di uno degli ospedali più all'avanguardia di Washington; una volta ha persino operato il p...