8 - La cassaforte

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Un rombo in lontananza.

Accelerai il passo e rivolsi un'occhiata preoccupata al cielo che si stava imbruttendo velocemente. L'aria preannunciava pioggia, le nubi scure di fronte a me un temporale con i fiocchi. Il tempo era cambiato in pochi minuti: nuvole grigie gonfie d'acqua avevano oscurato il sole e lanciato dei colpi d'avvertimento tramite i tuoni.

Si alzò il vento e mi parve di sentire le prime, piccole gocce sul viso. Casa mia era distante pochi metri ormai e pregai, in quel breve lasso di tempo, di non essere colpita da un fulmine o roba del genere. Non erano frequenti i forti temporali a Washington, ma non si può mai dire.

Con sollievo arrivai davanti alla porta di casa che ancora non pioveva, ma prima di entrare lanciai un'occhiata al vialetto e mi gelai. Accanto alla Hyundai di mia madre era parcheggiata una volante della polizia.

Non sapevo cosa aspettarmi, così infilai la chiave nella serratura e aprii la porta, decisa a chiedere spiegazioni a mia madre.

- Buongiorno signorina.

Ok, di certo non era questo che mi aspettavo. Lo scenario che mi si presentò davanti era quasi surreale: mia madre e due agenti, uno in divisa da poliziotto e l'altro in giacca e cravatta, seduti al tavolo della cucina. Al centro del tavolo era poggiata una cassaforte in metallo scuro, chiusa.

- Ciao Lydia - mi salutò mia madre con un sorriso, senza però alzarsi e venirmi incontro. I due uomini mi scrutavano attentamente, come per studiarmi.

Io richiusi la porta dietro di me e avanzai, a disagio. Perché c'era la polizia a casa nostra? E la cassaforte misteriosa?

- Buongiorno - Ricambiai il saluto solo per nascondere il nervosismo, e mi fermai a qualche passo di distanza dai tre. Nessuno di loro si era mosso, ma avevano continuato a guardar agire me, come se stessero aspettando che facessi qualcosa per contribuire a ciò che stava succedendo prima del mio arrivo.

Mi guardai intorno. - Dov'è Jimmy?

- È dai nonni - mi rispose mamma, facendo poi segno di avvicinarmi. - Vieni qui, Lydia.

Guardinga poggiai a terra la cartella e li raggiunsi. Non capivo quell'improvvisa apprensione che si era impossessata di me, in fondo erano solo due poliziotti.

Certo, probabilmente gli stessi che stanno indagando su tuo padre, ricordai a me stessa. Suggestione o no, non riuscivo a rilassarmi. Continuavo a tenere i sensi all'erta come se mi trovassi di fronte ad un pericolo.

Mamma invece non lasciava trasparire nulla: era solo un po' controllata nei modi, ma si sa, lo era sempre in presenza di persone più importanti di lei. Come quella volta alla Casa Bianca... sembrava avere una scopa al posto della colonna vertebrale.

- La riconosci? - mi domandò lei accennando alla cassaforte. Io la osservai attentamente e annuii: era di papà, la teneva nel suo ufficio all'ospedale e... Quando mi resi conto di ciò che avevo davanti, il mio cuore prese a battere più forte, ma feci finta di niente. Per quanto ne fossi capace. Simon mi aveva detto di cercare informazioni tra le cose di mio padre, e ora, ad un braccio di distanza, stava il contenitore di segreti per eccellenza.

Poi la realtà mi colpì ancora una volta. Già, perché era qui?

- È la cassaforte di papà - le risposi, spostando poi l'attenzione sull'agente che prese la parola.

- Esatto. L'abbiamo prelevata nel suo ufficio durante le operazioni di recupero degli effetti personali.

Vuoi dire mentre compivate un furto legalizzato, precisai nella mia testa, ma ebbi il buonsenso di tenere la bocca chiusa.

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