5. You're Beautiful

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Detroit, 3 Aprile
Ore 6.45

Era raro che Mya facesse colazione in un bar, di solito beveva la sua tazza di caffè in ufficio, o quando abitava a casa dei Price la faceva prima di uscire per andare a scuola.
A guardare il menu le si illumonarono gli occhi: mille tipi di succo, tè verde, alla menta, con il limone, latte, caffè espresso, macchiato, nero e via discorrendo.
Ebbe l'imbarazzo della scelta, le sembrava tutto così buono - a parte il tè, quello non le piaceva.

«Dio, Price, quanto ti ci vuole a scegliere?!» esclamò Connor, stufo dell'attesa.

Mya storse la bocca. «Vada per il cappuccino.»

Così ordinarono all'arrivo del cameriere.
«In questa nottata in bianco, hai avuto qualche idea di quale gang sia la causa di questi messaggi d'aiuto?»

Effettivamente, nel mentre si rigirava nel letto, aveva pensato anche al loro caso.
«No, ma propongo di visitare i posti un po' più isolati.»

Le ordinazioni arrivarono e Mya si affrettò a mettere due bustine di zucchero nel suo cappuccino.

Connor bevve un sorso del suo caffè prima di rispondere. «Io non escluderei neanche un luogo, a volte le persone si trovano nei posti più probabili. - la squadrò con lo sguardo - magari anche sotto al tuo appartamento.»
Mya pensò ai signori Brown - persone calme e con ancora i mobili degli anni venti in soggiorno - complici di gang. Le venne da ridere.
«Che hai da ridere?» chiese Connor con un mezzo sorriso.

Più cercava di non pensare ai Brown con un giubbotto di pelle e pieni di tatuaggi, più ricavava l'effetto opposto.
«No scusa è che... - si mise una mano davanti alla bocca - è che sto pensando ai miei vicini a fare la parte dei loschi.»

Lui alzò gli occhi al cielo. «Non ci posso credere.» bevve un sorso del suo caffè.

Da lì calò il silenzio.
Perfetto, mi sono appena resa ridicola.
Doveva fare la professionale, ma il suo animo stupido aveva preso il sopravvento, e in più, proprio con la persona meno consigliata.

Avvicinò la tazza alla bocca e bevve per nascondere la faccia.
Sono stupida.

Connor poggiò un braccio sullo schienale della sedia e l'altro sul tavolo, poi incrociò le gambe.
Quel gesto le ricordò Lucas.

«Ti sei trovata bene con i Price?» Hill tornò alle domande personali.
Non le piaceva quell'argomento, non le piaceva parlare di sé in generale, in più con Connor, che era un perfetto sconosciuto, le piaceva ancora meno.
Mya annuì col capo, impercettibilmente. Cercò di bere un altro sorso di cappuccino ma, avvicinando la tazza alle labbra, si rese conto che essa era vuota.
«Non puoi non parlarne per sempre, lo sai vero?»

Odiava quelle prediche, e anche il tono cattivo con cui le aveva dette. «Ripropongo, parliamo di te.»

Connor a quelle parole la guardò truce e strinse la mascella, il muscolo guizzò sulla pelle.
«Io..» Prese il cucchiaino rigirandolo tra le mani. «Che vuoi sapere?»

Mya esattamente non lo sapeva, voleva soltanto rigirare il coltello in modo tale che il manico fosse dalla sua parte. Sapeva cosa volesse dire perdere una persona cara, aveva sofferto anche lei una perdita, e ne soffriva anche il quel momento. Ci pensava tutti i giorni, dal 1994. 

Lo sguardo atterrito che aveva Connor in quel momento le fece cambiare idea. Non voleva costringerlo a parlare, a rivivere quei momenti d'Inferno, non avrebbe ravvivato il ricordo che si portava sin dentro le ossa. 

Mya si alzò, prendendo il suo giacchetto dallo schienale della sedia. «Niente, ora andiamo.»

*****

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