17. Devil' Smile (2)

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Nancy Whiskey Pub, 9 Aprile
Ore 23.31

Le ci volle tutta la giornata per far tornare Lucas in sè. Non potè negare che si era spaventata a vedere quel viso dipinto di rabbia. Ma Lucas l'aveva rassicurata dicendo che mai lo avrebbe rivisto in quello stato, poi avevano iniziato a ridere e a scherzare fino a quel momento, il giorno dopo.

Era in macchina con Connor fuori dal pub, era vestita in maniera totalmente diversa dal suo stile. Maglietta bianca, giubbotto di pelle nero, pantaloni neri e anfibi.
Connor era vestito come lei, ma sulle labbra aveva poggiato una sigaretta che accese subito. Abbassò il finestrino e ispirò il fumo.
Non fumava spesso, anzi, in sua presenza non aveva mai toccato neanche il pacchetto.

La notifica di un nuovo messaggio le fece abbassare la testa sullo schermo, era Lucas.

"Buona fortuna, non farmi preoccupare, rispondi appena puoi."

Rispose con una faccina che mandava il bacio e mise il telefono in tasca.

«Andiamo?» chiese lei impaziente di portare a termine quel caso.

Connor annuì aprendo la portiera seguito da Mya. Buttò la sigaretta in terra e la pestò con l'enorme scarpa nera.

In prossimità dell'entrata si poté sentire la musica spacca-timpani riempire il pub e il vociare dei presenti accompagnato dalle risa.
Connor aprì la porta facendo passare Mya per prima.

All'interno, la maggior parte delle persone erano sedute a mangiare la loro cena principalmente fatta di panini e carne, c'è chi beveva semplicemente un drink al bancone, seduto con la schiena curva, come a sostenere tutto il peso del mondo.

Le ricordò Connor, la prima volta che lo vide.

«Mya» la mano di Connor si andò a posare sul suo braccio e la tirò leggermente per richiamarla. Era rimasta ferma a osservare quei uomini al bancone, rimanendo indietro.

«Scusa, arrivo.»

I due iniziarono a guardarsi attorno, ma senza dare troppo nell'occhio. L'abbigliamento di tutti i presenti era trascurato, così come i loro visi.
Non era uno dei pub più sobri di Detroit, era poco ma sicuro.

«Di qua» Connor la portò a un tavolo singolo posto al fondo della sala, attaccato al muro.
Mya lo seguì sedendosi sul divanetto rosso.
Si misero comodi e nel giro di pochi minuti arrivò la cameriera a portare i menù, se ne andò via alla velocità della luce.
Prese un dei menù facendo finta di leggerlo. Sentì Connor avvicinarsi a lei e sbirciare il piccolo libretto.
«Allora - iniziò tranquillo, come se essere così vicini e avere un braccio poggiato sulle spalle di Mya fosse normale - la maggior parte dei componenti di questa gang sono afro-americani.» lanciò un'occhiata ai presenti, il novanta percento di essi aveva la pelle scura.
«Sarà una passeggiata.»

Mya non aveva più parlato con Jackson Paul, forse lui avrebbe potuto dichiarare un paio di nomi in cambio di una sentenza meno lunga.
«Sicuramente» rispose lei ironica.

Lui fece un piccolo sorriso. «Non è difficile come credi. Osserva, studia i movimenti dei presenti. Non sappiamo quanti componenti abbia questa gang, ma sappiamo che spacciavano e che prostituivano. Chiediti il perché di certe gesta» lei era finita per guardarsi attorno, seguendo quelle parole come se fossero sacre, estrapolate dalla Bibbia per essere dettate al popolo. E lui era lì, a sussurrarle nell'orecchio - come se fossero parole segrete, la chiave di tutto - e a provocarle mille brividi.

Osservò le cinque persone sedute al bancone, a bere il loro drink.
Tre quinti di essi sembravano essere usciti da una lunga e stancante giornata, il loro portamento goffo e curvo le fece capire che non ne potevano più, volevano solo che quel giorno finisse per cominciarne uno nuovo, sperando in qualcosa di diverso; gli altri due ridevano e scherzavano tra loro ad alta voce, brilli. Sapeva che, coloro che cercavano, erano totalmente lucidi.
Escluse una decina di persone.

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