Kim aveva dormito malissimo.
Era stata una notte difficile quella che era seguita alla visione di Frozen. Dopo aver accompagnato Glenda e Jacopo a casa della nonna, si era messa a letto dimenticandosi le gocce calmanti. Si era addormentata subito, con il rassicurante chiarore azzurrato del cellulare di Jo, che stava chiacchierando con Stella a proposito di un annoso dilemma su alcuni nuovi vestiti da comprare online, ma un paio d'ore dopo si era risvegliata sudata e tremante. Non riusciva a ricordare l'incubo, ma sapeva che c'entrava in qualche modo la Emerald, ovviamente. Non aveva più ripreso sonno da allora.
In quel momento, intenta a fissare la tastiera del proprio PC, non tentava nemmeno di sopprimere l'angoscia mentre i ricordi delle sensazioni provate durante la notte la assalivano a ondate. Si era fermata mentre cercava un volo per il Vietnam, ma tutto quello che riusciva a fare era guardare le sue dita abbandonate sui tasti.
Trasalì bruscamente quando nella sua visuale entrarono la sua mug e la mano di Jozefien.
"Ti ho fatto un caffè" le disse con un sorriso tenero, quando alzò gli occhi per capire cosa stesse succedendo.
"Grazie" rispose Kim, sinceramente grata di quel pensiero. Jo si abbassò su di lei e le diede un bacio sulla guancia. Kim chiuse gli occhi e si godette quel prezioso secondo, annusando il profumo di estate che Jo portava sempre con sé.
"Avete fatto le ore piccole?" inquisì immediatamente Martino, notando il brevissimo scambio di effusioni. Kim riaprì gli occhi e lo trovò teso sulla sua scrivania, di nuovo con quella dannata sciarpa di Gucci al collo e il ciuffo ancora più lucido di pomata sotto la luce perlacea che filtrava dalla vetrata. Quel giorno era prevista neve.
"Fatti i fatti tuoi" lo riprese Jozefien, tornando alla sua scrivania dopo aver lasciato una carezza sul volto di Kim.
"Lo sapete che a me potete dirlo".
Martino era un pettegolo che perdeva letteralmente la testa quando poteva avere accesso a informazioni etichettate come intime. Si dimenticava sempre che Kim era impermeabile a certi tipi di domande, soprattutto quando erano richieste in un luogo pubblico, con la presenza di Francesca Beatrice che, con discrezione, drizzava le orecchie dietro lo schermo del proprio computer. Kim ormai la conosceva abbastanza bene per sapere che avrebbe tentato di carpire qualsiasi segreto riguardante il misterioso e incomprensibile mondo saffico.
"Martino, non ti paghiamo per fare gossip".
"Non mi concedete la stufetta, potreste almeno impegnarvi in questo".
Jo si sistemò le cuffie, gli sorrise e ribatté: "Manco morta".
Non avevano fatto niente di speciale se non dormire – e fare incubi – la notte prima, ma c'era una legge non scritta tra Kim e lei riguardo il fatto di lasciare Martino sempre nel dubbio. Lui sbuffò e Kim affondò con piacere nella sedia, le braccia ben adese al corpo e la tazza di caffè sotto il viso. Socchiuse gli occhi inspirando i fumi caldi della bevanda e fu quasi sul punto di assopirsi, quando all'improvviso l'irritante carillon della porta annunciò l'ingresso di un cliente. Kim non ebbe il tempo di cercare dentro di sé la voglia per controllare chi fosse. Martino trillò, più acuto del campanello: "Ginevra, tesoro!".
Una voce femminile, lievemente roca, rispose altrettanto vivacemente al saluto, seguita da un tintinnio di catenelle e lo scalpiccio deciso di tacchi dodici. Kim sorrise ancora prima di vedere il cappottino candido che la signora Venchi indossava con eleganza disarmante.
"Buongiorno, ragazzi!" esclamò allegra, mulinando nell'agenzia assieme a una folata di fiocchi di neve freschi di caduta. "Che splendida giornata, vero?".
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La sposa del fuoco
General FictionA quattro anni di distanza dall'incidente della Emerald, Kim e Jozefien hanno trovato un loro equilibrio e hanno realizzato un sogno: aprire assieme un'agenzia di viaggio nella loro città d'adozione, Venezia. Nella loro vita c'è solo un fastidio: i...