26: dove il tempo si ferma e cala la notte

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La jeep di Atiya era ben diversa dai mezzi con cui Kim aveva affrontato per la prima volta il deserto: non era una Range Rover argentea come quella che l'aveva condotta verso la trappola ordita da Al-Azar. Si trattava, invece, di una Land Cruiser bianca vecchio modello, con il parabrezza incrostato di sabbia e le maniglie delle portiere scrostate. Tutta la carrozzeria sembrava aver ormai assunto la sfumatura color ocra del deserto e, a ben guardarla, Kim non era così certa che avrebbe retto più di dieci chilometri di dune impervie.

Il suo proprietario, tuttavia, era il ritratto dell'ottimismo. Il giovane Al Rais, aveva scoperto quasi immediatamente, aveva circa diciotto anni. Era un adolescente pieno di voglia di fare che, Kim se n'era accorta subito, riusciva a mantenere un certo tipo di comportamento con i suoi anziani genitori – ossequioso, serio, fin troppo adulto – e, non appena quelli giravano le spalle, si trasformava in una specie di cucciolo sovraeccitato che non era in grado di stare fermo al pensiero di poter finalmente guidare da solo nel deserto.

Alla giovane donna ricordava An. Non era certa che fosse una buona cosa, ma An era sempre stato così, prima di adagiarsi nella pigrizia in cui aveva iniziato a poltrire nell'ultimo anno: iperattivo, ottimista, a volte un po' troppo impulsivo. In quel ragazzo con la testa piena di riccioli scuri vedeva suo fratello e, puntualmente, non sapeva se esserne felice o spaventata. Voleva bene per abitudine a quella tipologia di giovane maschio irruento e allegro, ma non era affatto sicura che sarebbe stata una fortuna averlo con sé. Quello non era un gioco, né un passatempo. Un singolo passo falso, una duna sbagliata, un miraggio mancato e avrebbe dovuto dire addio a Jo.

"Possiamo seguire il percorso che fanno le nostre guide" stava spiegando allegramente, mentre caricava sul retro dell'autovettura taniche d'acqua e di benzina. "Andiamo a sud! Conosco un sacco di tende tradizionali beduine che di sicuro ci ospiteranno! Ai clienti bianchi di solito piacciono queste cose. Se siamo fortunati, assisteremo anche ad una danza tradizionale attorno al fuoco!".

Kim avrebbe tanto voluto intervenire sbrigativamente a dirgli che no, non aveva alcuna intenzione di godersi un giretto turistico, ma Amina l'aveva pregata di lasciarla fare con Atiya. Così anche in quel momento si morse la lingua, lanciando un'occhiata nervosa alla ragazza al suo fianco. Diego le strinse la mano che le aveva preso non appena erano usciti dalla casa dei signori Al Rais, come a ricordarle di stare buona. In quel momento lo stava detestando.

"In realtà" commentò finalmente Amina. "Stavamo pensando di andare verso est".

"Verso est?" domandò il ragazzo, bloccandosi per guardarla con una smorfia in viso, una tanica d'acqua posata sulla spalla. "Perché?".

"Per le dune rosse".

"Il deserto ha sempre quel colore".

"Lo sai com'è oltre Al Faqa".

"Sempre deserto".

"Atiya" ribatté Amina, aggiungendo qualcosa in arabo. Il ragazzo rispose meno sicuro di sé, guardando nuovamente Kim. Lei immaginò che la giovane gli avesse appena detto di soddisfare i desideri della sua ospite, per quanto assurdi e poco intelligenti sembrassero. In un'altra occasione non avrebbe facilmente accettato quell'essere trattata come un'inferma mentale, ma sapeva che il trucco avrebbe funzionato solamente se si fosse dimostrata tale. Per questo si costrinse a metter su il suo sguardo più vacuo e distante, mentre Atiya la squadrava. Doveva rivelarsi debole come quel ragazzo si immaginava.

"Non ti preoccupare" le sussurrò Diego, che stava opportunamente al gioco della sua fidanzata. "Andremo dove vuoi".

Atiya udì quel commento, perché sospirò e tornò a caricare beni di prima necessità.

La sposa del fuocoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora