Il cielo era sereno, sopra la terrazza. Un'ampia luna di tre quarti prometteva uno splendido plenilunio per Capodanno e, nonostante le distanti luci del cuore della città, riusciva a brillare con tutta la sua forza, oscurando perfino le stelle.
Sarebbe stata una serata perfetta, a Venezia. Avrebbero spalancato la finestra della loro camera, nonostante il freddo e il nevischio, e si sarebbero sedute sul letto, abbracciate, avvolte in due o tre coperte, ad osservare silenziosamente la notte, grate di quel magnifico spettacolo e della reciproca presenza.
Sarebbe stata la notte ideale per fare l'amore, dirsi cose importanti seguite da idiozie, stupendosi di quanto la vita fosse stata buona, nonostante tutto.
Kim affondò il viso tra le mani, afferrandosi i capelli con la punta delle dita. Avrebbe voluto strapparseli dalla disperazione, ma non riusciva nemmeno a piangere.
In neanche cinque giorni, tutto ciò che aveva amato, adorato, protetto era stato messo in discussione. Ogni cosa. Ne era la conferma il fatto che fosse lì, su quella terrazza solitaria, sotto una luna enorme e bianca.
Sola.
"Ti giuro che non so perché l'abbia fatto".
Erano passati quasi tre anni dall'ultima volta in cui aveva avuto una feroce crisi di gelosia, ma il sentimento che le era bruciato nelle viscere era identico a quello che ricordava. Le aveva afferrato lo stomaco, glielo aveva torto, il sapore di bile le era risalito la gola e l'aveva nauseata. Era così arrabbiata da non riuscire a respirare.
"Io non gli ho chiesto niente!".
Kim si era sentita male dalla rabbia. Era stato un dolore psicofisico che le aveva spezzato qualcosa dentro. Il cuore sembrava aver ricevuto un colpo talmente forte, come un calcio in pieno petto, da aver destabilizzato i suoi battiti. Aveva avuto un cuore con un meccanismo a orologio, in quel momento.
Un orologio che non funzionava a dovere.
"Kim, mi devi credere!".
La voce di Jo non aveva fatto altro che ferirla. Aveva ferito le sue orecchie e i suoi pensieri. Avrebbe voluto che se ne andasse, che se ne stesse lontano. Ma lei non aveva fatto altro che insistere. Insisteva sempre, non sapeva quando era ora di smetterla.
Erano rientrate in camera loro poco dopo la serata più brutta e allucinante di cui fosse stata partecipe e lei non era riuscita a fare altro che guardare fuori dalla finestra, verso il terrazzo, senza vedere alcunché. Davanti ai suoi occhi erano vibrate come fiamme le immagini di tutto ciò di cui era stata involontaria e orripilata spettatrice.
Certo, Jo aveva immediatamente iniziato con le giustificazioni. Come al solito. Si era tolta la collana, l'aveva gettata sul letto e aveva tentato di farla ragionare a parole, giurando di non sapere cosa Dariush volesse da lei.
Tuttavia, per Kim ogni cosa era sufficientemente chiara. Erano la gelosia e il delirio da lei scatenato a sussurrarglielo all'orecchio.
"Hai fatto la stupida con lui" aveva sussurrato, furiosa, stanca di quelli che reputava ipocriti piagnistei. Tutto nella sua mente aveva senso: al mercato dell'oro non aveva chiarito proprio niente con quell'odiosa creatura. Aveva probabilmente giocato con lui, aveva fatto la sciocca e lui era rimasto al gioco. Perché altrimenti comportarsi così davanti a tutti? Kim si sentiva strangolare dalla rabbia al ricordo di un uomo americano, un imbecille, che subito dopo lo spettacolino col fuoco si era alzato e aveva indetto un brindisi alla splendida coppia, come se tutti davvero avessero creduto nella loro relazione.
"Non è vero! Te lo giuro, io non ho mai..." aveva continuato Jo. Kim, però, non le aveva permesso di continuare con le giustificazioni.
"Ti ho visto! Ti ho visto come gli sorridi, come lo stuzzichi! Fai la leggera con lui, la stupida! Flirti, maledizione! E sotto i miei occhi!" era esplosa finalmente.
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La sposa del fuoco
General FictionA quattro anni di distanza dall'incidente della Emerald, Kim e Jozefien hanno trovato un loro equilibrio e hanno realizzato un sogno: aprire assieme un'agenzia di viaggio nella loro città d'adozione, Venezia. Nella loro vita c'è solo un fastidio: i...