Il volto che ricambiava il suo sguardo non aveva niente di amichevole. Era irrigidito e a fatica nascondeva la rabbia, tra gli occhi ridotti a due strette fessure e le labbra corrucciate. Kim non si trovava affatto bella con quel muso lungo, ma non poteva farci niente. Girò la manopola del lavandino estinguendo il flusso dell'acqua e, mentre si asciugava le mani in una morbida salvietta, cercò di scusarsi ricordandosi che razza di serata aveva appena trascorso.
Era stato surreale. Surreale, ma non bello, spiacevole quanto un sogno di quelli in cui si osserva una scena dall'esterno e si tenta di intervenire, senza successo.
Al-Azar aveva monopolizzato l'attenzione del suo pubblico femminile per tutta la sera. Subito dopo cena, le aveva invitate a prendere un tè con lui. Kim si era ritrovata affondata in un enorme cuscino soporifero con in mano uno strano bicchiere smaltato pieno di tè alla menta. Sarebbe stata un'esperienza fantastica se solo il signor Dariush non si fosse messo a cianciare di sé stesso, ancora e ancora. Alle domande curiose di Ginevra aveva risposto in modo sensuale ed enigmatico, lasciando loro intendere di essere nato negli Emirati, provenendo da una schiatta di ricchi imprenditori, e di aver avuto non pochi flirt con donne bellissime. Quando aveva concesso l'ultima informazione, aveva sorriso a Jo e quella era stata la goccia che aveva fatto traboccare il vaso della sua pazienza. Si era alzata, dopo aver scolato il bicchiere di tè, e aveva presentato un forte mal di testa come scusa per ritirarsi. Allora anche Jozefien si era tirata in piedi e, alle velate proteste di Al-Azar, aveva risposto: "Anche io sono molto stanca".
Non si poteva di certo dire che Kim fosse riuscita a nascondere un sorriso. L'aveva considerata una piccola vittoria, per quanto tutta quella serata avrebbe dovuto essere classificata come totale fiasco.
"Kim?".
Jo bussò delicatamente alla porta del bagno, ma Kim trasalì ugualmente, stritolando con le dita il bordo del lavandino.
"Arrivo".
"Ti senti bene?".
Kim spalancò la porta e fece appena in tempo a notare la mano di Jozefien, pronta a bussare di nuovo, poi l'ombra di preoccupazione sul suo volto.
"Sto bene".
"Vuoi una pastiglia per il mal di testa?".
"No".
Kim la superò e si diresse verso la sua valigia. Mentre rovistava alla ricerca dei pantaloncini del pigiama, sentiva su di sé lo sguardo confuso di Jo.
"Kim? Va tutto bene?".
"Alla grande" rispose lei, sarcastica. Trovò quello che cercava e lo posò sul letto. Iniziò a cambiarsi ignorando completamente la sua ragazza, almeno finché Jozefien non si sedette con calma di fianco a lei e non la prese delicatamente per un braccio, facendole quasi perdere l'equilibrio.
"Kimmy...".
"Ti punta come un cane da caccia, Jo. Mi chiedo come tu possa non averlo notato" rispose brusca Kim, abbassandosi il corpetto e scalciando la gonna del vestito.
"Non è che non l'ho notato, semplicemente lo ignoro" rispose Jo, sedendosi tranquilla di fianco all'abito spiegazzato appena abbandonato. "Pensi che mi possa interessare?".
"Pensi che non mi dia fastidio? Cosa faresti se fossi al mio posto?".
"È innocuo, Kim" sentenziò Jo, recuperando il vestito rosso e piegandolo con più grazia. "Fa così solo perché non sa che stiamo assieme. Pensa che sia single".
"Peggio ancora. E comunque non sono così sicura che non abbia capito".
"Come potrebbe? Per un uomo del genere una donna non può mica stare con un'altra donna, ti pare?".
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La sposa del fuoco
Fiction généraleA quattro anni di distanza dall'incidente della Emerald, Kim e Jozefien hanno trovato un loro equilibrio e hanno realizzato un sogno: aprire assieme un'agenzia di viaggio nella loro città d'adozione, Venezia. Nella loro vita c'è solo un fastidio: i...