° venti °

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Dopo aver finalmente raccontato tutto quello che era successo nelle ore precedenti a Taehyung, e avergli anche spiegato come nel frattempo fossi riuscito comunque a venire a sapere diversi dettagli a proposito di Yoongi, ci salutammo e tornai a casa. Mi sentii un po' meno nervoso a proposito delle brutte abitudini che Taehyung era capace di avere nei confronti di persone su cui voleva sapere di più, e pensai che comunque se la sarebbe cavata in ogni caso. Anche se la sfiga era perennemente dalla sua parte, come questa volta che l'aveva portato a seguire il ragazzo sbagliato, era comunque di una furbizia mai vista, e sarebbe stato capace di svignarsela da ogni tipo di situazione.

Rientrai a casa, lasciando le chiavi vicino alla porta d'ingresso e levandomi il cappotto. Lo lasciai sull'attaccapanni all'ingresso, e cominciai a domandarmi cosa fosse meglio da mangiare per cena. Accesi il telefono, pensando che forse su internet avrei trovato qualche risposta. 

I miei occhi finirono sulla parete bianca che divideva il mio appartamento a quello di Yoongi. Mi chiesi cosa stesse facendo, e se fosse a casa. Avrei voluto invitarlo a cena, ma mi sentivo incredibilmente imbarazzato, e anche se i recenti avvenimenti avrebbero dovuto impedirmi di sentirmi così, al contrario mi facevano salire la pelle d'oca al solo pensiero di lui ancora vicino a me. Chiusi gli occhi, immaginandomi la sua figura arrivare alla porta di casa mia, con addosso una bella camicia bianca e il suo migliore sorriso sul volto. Probabilmente sarei stato capace di farmelo seduta stante. 

Scossi la testa, tornando a pensare alla cucina. Trovai una ricetta niente male, e pensai di provarla. La TV poco distante sfornava un sottofondo perfetto, che mi faceva sentire un po' meno solo. Mentre cercavo di fare qualcosa che fosse mangiabile, cominciai a ridere sopra al modo in cui Taehyung si era presentato tutto fiero delle proprie ricerche, per poi scoprire la verità, ma probabilmente era meglio così. Dallo sguardo pieno di lusso che aveva mostrato, sapere che non ero interessato a quel ragazzo doveva avergli aperto completamente la via, quasi a mostrargli un cielo privo di nuvole. 

A risvegliarmi dai pensieri, il rumore di qualche colpo contro la porta di casa. Pensai di essermi sbagliato, e mentre mi pulivo le mani con uno straccio lasciai la cucina per controllare se effettivamente avessi sentito male. Aprii leggermente la porta, senza levare la catena argentata che impediva che essa si aprisse del tutto, e sgranai gli occhi nel vedere che di fronte alla mia abitazione si trovava Yoongi. Yoongi, per di più, vestito più che bene, coi capelli tirati indietro, una camicia azzurra e in mano una bottiglia di vino.

Sono morto. Deglutii, mentre i miei occhi percorrevano tutta la sua figura come un dono dei cieli. Ero stato fin troppo buono nella mia vita passata per ricevere Yoongi, soprattutto presentato in quel modo, come un regalo di natale incartato tutto per me. «Sì?» dissi con un filo di voce, incerto. Per un attimo pensai avesse sbagliato appartamento.

Ma Yoongi mi sorrise, un sorriso sincero che non gli avevo mai visto fare, quasi innocente. Alzò leggermente la bottiglia di vino. «Ehi, Jimin, non è che avresti un cavatappi per questa?» domandò, ed io rimasi imbambolato per qualche secondo cercando di seguire le sue parole, ma era davvero troppo difficile rimanere concentrato quando i miei occhi stavano praticamente mangiando la sua figura.

«Uh?» feci, tornando pesantemente alla realtà. «Oh, certo.»

Richiusi la porta, per poi levare la catenella e aprirla. Lasciai che Yoongi entrasse nella mia casa, e mi diressi nuovamente verso la cucina. Lanciai un'occhiata prima al ragazzo alle mie spalle, che si guardava attorno curioso, e poi al cibo che avevo lasciato. Lui si sporse per vedere. «Cos'è?» domandò.

Mi strinsi nelle spalle, cercando di non pensare a quanto fosse bello in quei vestiti. Mi mancava di nuovo il fiato, sentendomi il volto in fiamme come se avessi la febbre. «Niente di che, qualcosa di commestibile, spero.» risposi soltanto. Aprii un cassetto del mobile vicino al piano cucina e tirai fuori quello che l'altro era venuto a chiedermi. Glielo passai, e le nostre mani si sfiorarono nel gesto. «E' tutto?»

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