IL DONO DI ASGARD

CAPITOLO 7

Venni svegliata da Jarvis di buon ora, e anche se non mi sentivo proprio in forma per alzarmi, mi misi seduta nel bordo del letto e mi stiracchiai, stropicciandomi gli occhi. Mi sentivo davvero stanca e avevo un leggero mal di testa, colpa del whisky. Ero abituata a bere cose leggere e non certamente di alta qualità come quelle della sera prima.

Ero agitata, davvero molto agitata. Non sapevo cosa sarebbe scaturito da quella mattinata. Oltre al fatto di non sapere quali capacità avessi, non ero nemmeno sicura che alla fine di quella giornata sarei rimasta li in quella torre, o peggio, sarei rimasta libera. Desideravo ardentemente di poter controllare i miei eventuali altri poteri, se mai ne avessi altri, mi accontentavo anche di quello e basta, sia chiaro. Saper controllare il tempo non era niente male come capacità, se solo avessi potuto controllarla. Avevo davvero paura di poter arrecare qualche danno a qualcuno, e per questo non volevo più scatenare una tempesta come quella, almeno finché non avessi capito come maneggiarle per bene.

Sotto alla doccia pensai che sicuramente preparati come sono, i Vendicatori dovevano avere qualche asso nella manica per fermare un eventuale super temporale. Insomma avevano sconfitto un Dio, un esercito di alieni, un robot assassino e psicopatico, cosa sarebbe mai stato un temporale? Mi meravigliai a pensare che se in fondo ci fosse stato Iron Man, un altro dei suoi abbracci avrebbe fermato tutto, proprio come la prima volta.

Mi avvolsi il corpo in un accappatoio e lasciai i capelli umidi che mi cadessero sulle spalle.

Evitai lo specchio. Non ero ancora abituata a vedermi con quegli occhi bianchi candidi, e un po' mi facevano impressione.

Io ero molto una tipa da doccia alla sera, prima di andare a letto, per riposare pulita e profumata, cullata dalle coperte pulite e soffici, solo che considerando il cumulo di stress a cui stavo per sottopormi, credevo, un po' di acqua che lavasse i pensieri mi avrebbe fatto bene, ed infatti cosi fu.

La mente si era un po' alleggerita e con lei il mal di testa si era proprio dissolto, lasciando spazio ad un senso di quiete. La stessa che ti pervade quando dopo una giornata di lavoro torni a casa, fai la doccia e ti butti sul letto come se non ne avessi mai visto uno.

Solo che al posto di tuo padre che ti ruba il telecomando qui si hanno supereroi che ti chiamano per fare da cavia al dottor Frankestein.

Ero ancora in biancheria intima. Non sono mai stata una che si faceva proprio vedere, nemmeno tra ragazze. Mi vergognavo del mio corpo. Solo che pensai che in confronto a Nat, che doveva scortarmi come una prigioniera al patibolo, io non ero nulla, cosi urlai di farsi avanti, che dovevo finire un secondo di sistemarmi.

Solo che invece di una chioma rosso fuoco e una silouette da bambolona letale, mi ritrovai un corpo piuttosto atletico, due occhi nocciola come la nutella e un lampione al posto del cuore.

Appena entrò si mise le mani davanti agli occhi "ma non ti avevo detto di essere pronta per una certa ora?" si vedeva che era divertito da quella scena, soprattutto dal salto che avevo fatto rendendomi conto che non era proprio Natasha ad aver varcato la soglia.

L'asciugamano era volato come per un Leviosa attaccato al mio corpo, con io che raccattavo i vestiti che mi mancavano e mi fiondavo dritta dritta nel bagno.

"scusami ma non mi sono resa conto del tempo passato a riflettere sotto la doccia" dissi alzando la voce cosi che lui potesse sentirmi da dietro la porta.

"agitata?"

"giusto un pochino." Uscii dal bagno con i capelli ancora bagnati, legati e pronta per andare.

"oh eccoti, andiamo." Presi la chiave e richiusi la porta alle mie spalle intanto che lui continuava a parlare. Sembrava stesse facendo davvero un bello sforzo per non sembrare antipatico, ma malgrado la situazione di silenziosa condivisione di ieri notte, non mi fidavo del tutto e quindi mantenevo una leggera distanza mentale.