IL DONO DI ASGARD

CAPITOLO 25

All'arrivo in base  pensavo di dovermi bere 30 camomille per calmare il mio terrore e il mio nervosismo, invece, con mia grande sorpresa, il solo fatto di essere in mezzo alla natura mi portò ad una pace interiore a dir poco ironica.

Stark, dopo essere saliti sull'overcraft e aver navigato per una buona oretta, si era comportato normalmente senza togliere gli occhi dal cielo.

La giornata era passata come le ultime della scorsa settimana, con allenamenti meno intensi mirati solo alla resistenza in campo di tutti i miei poteri.

La sera, dopo cena, ci sedemmo tutti quanti in una saletta relax, e con tutti intendevo tutti, persino Strange si era unito a noi per evitare, lui e i suoi maghi, di arrivare in ritardo. Anche se obbiettivamente era impossibile dato che era uno che poteva letteralmente aprire un varco per spostarsi da un capo all'altro del mondo.

Tony si sedette in mezzo a Steve e me. Quel gesto fece azionare un campanello d'allarme nel cervello di Stephen, che mi guardava molto stranamente. Non era strano il fatto che si fosse seduto accanto a me, ma che si fosse accomodato affianco a Steve. Non è che si odiassero, ma se si stavano più lontano possibile era meglio.

Parlammo del più e del meno tra risate e chiacchiere. Stark ed io non eravamo gli unici inspiegabilmente vicini quella sera, anche Nat e Paul si sfioravano, si guardavano negli occhi furtivamente e si prendevano in giro. Lessi la mente di Paul, si lo so che sono una persona orribile, e non potei fare a meno di catapultarmi immediatamente fuori dopo aver visto certe immagini. Ma ero serena per loro, sembravano essere felici e anche se non potevo sapere se Vedova fosse capace di potergli rendere la vita migliore, non ero in grado di parlare, io che avevo passato una notte ubriaca nelle braccia di un uomo vedovo ed alticcio almeno la metà di quanto non lo fossi io. Bruce non dava cenno di arrabbiarsi per ora, meglio avesse tenuto tutto il suo risentimento per lo scontro.

Sembrava tutto perfetto, in quel momento. Come se il mondo si fosse fermato e avesse dimenticato tutto il male che c'era in esso. Eravamo sospesi in quel punto esatto e sarebbe bastata una parola storta, un ricordo a quello che ci attendeva e saremmo caduti tutti.

Per prendere in giro me e Thor a turno vollero provare a sollevare Mjolnir ma nessuno ce la fece, tranne il Steve che lo fece traballare. Potei vedere gli occhi di Thor sgranarsi dalla paura a quella vista.

"adesso tocca a me" disse Tony convinto di potercela fare. Si sistemò il gilet nero elegante e mise entrambi le mani sull'elsa del martello, tenendo una gamba come leva sul tavolino.

La prima volta non ci riuscì e si arrese subito, stranamente, bianco in volto.

Lo incoraggiai nel riprovarci. Thor lo prese in giro consapevole che non ce l'avrebbe fatta.

Mise le mani sull'elsa e fece più sforzo che poté, e io con un bel po' di vento glielo feci sollevare a 2 cm circa dal tavolo, che poi scheggiò cadendoci sopra. La faccia del mio cuginetto Asgardiano fece morire tutti dal ridere. E mentre noi ridevamo, Tony si stava sentendo male e stava andando verso la sua camera salutando tutti e dando la buona notte, tremante. Quel furbetto aveva sistemato la mia camera proprio accanto alla sua, per casualità, dunque quando mi accorsi del malessere di Stark e decisi di seguirlo, non diede sospetti agli altri. Tranne a Paul e Nat che avevano capito tutto ormai.

Lo trovai appoggiato alla porta che ansimava come se avesse finito tutto l'ossigeno del mondo e non ce ne fosse più.

Lo aiutai ad alzarsi e lo sistemai nel suo letto.

Aveva dei dolori allucinanti, lo leggevo nel suo viso, e tutto ciò che riusciva a dire erano solo mugolii di dolore.

Con le lacrime agli occhi andai al bagno e presi un panno con dell'acqua fredda per toglierli tutto il sudore che si era creato sulla sua fronte. Lo spogliai lasciandolo in mutande e lo misi sotto alle coperte.