33' Lettera

13 3 0
                                    

Muori, Sconosciuto.
Perché, se la mia ipotesi era corretta e tu sei realmente solo, vivevi del motivo della mia morte.
Adesso io sto morendo e tu non riceverai più lettere.
Non ti verrà più consegnato alcun foglio firmato con le mie lacrime.
E io non voglio più piangere:
perché, se la gente, alla fine, pensa di avere il diritto di mostrare i sentimenti, io di lacrime ne ho già versate abbastanza.
Penso che alla fine tutti anneghiamo nelle nostre lacrime, mostri e ancora peggio.
Certo, non sempre si tratta di lacrime di dolore, di tristezza… Alcuni muoiono anche felici.
Ma, alla fine, tutti anneghiamo.
Ciò che distingue me dagli altri?
Io le mie lacrime le ho già versate.
Ti racconto una storia, Sconosciuto.
Il giorno in cui penso di aver versato più lacrime.
Fa sempre parte della mia prigionia, di prima non ricordo molto. Un "prima" penso non sia neanche mai esistito.
È un ricordo abbastanza confuso a dire il vero.
Forse era solo un sogno, un incubo terribile…
Ma le lacrime erano vere, ne sento ancora il sapore sulle labbra.
E avvenuto prima che iniziassi a scrivere le lettere, il giorno preciso non lo conosco: qua dentro la cognizione del tempo si perde facilmente.
Faceva freddo.
Pioveva forse, non ne sono sicuro.
Era notte, di questo sono certo.
È arrivata una guardia, ha detto di avere qualcosa per me, pensavo volessero picchiarmi.
Mi ha consegnato realmente un pacco, era un pupazzo. Disse che era da parte di mia sorella.
Del pupazzo mi ricordavo: l'avevo già visto, più di una volta, anche se non so dirti né come né perché; di mia sorella no.
Niente, per quanto mi sforzarsi di farla tornare alla luce dai ricordi di cui non ricordo niente, a dire il vero. Non ricordo niente, Sconosciuto.
Neanche la forma del pupazzo, solo che gli ho staccato la testa.
Mi ricordavo di quel pupazzo, "ci tenevo" in un certo senso.
Ho pensato lì dentro ci fosse la mia anima.
Volevo farla uscire.
Ancora non so dove sia.
E quel pupazzo non è mai esistito, era solo un incubo. Ne sono certo.
Ma mi sono svegliato piangendo e  ho continuato a farlo: perché pensavo di non ricordarmi di mia sorella, di che fine avesse fatto…
Mi sentivo, mi sento, in colpa verso una persona che forse non è mai esistita.
E io ho pianto e piango anche in questo momento, perché alla fine non sono riuscito a non firmare.
Perché, ormai, le lacrime sono il mio marchio di fabbrica.

Odio il tre, il nome Alessa e i conigli,
33

33Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora