°~°~°~Chapter 8~°~°~°

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|DIANA P.O.V|

<Lo aveva detto lui, che dopo 17 anni dalla tua fuga, saresti tornata accompagnata dal tuo compagno e dai tuoi fratelli... Stellina mia....>

La voce distante, quasi inudibile che sentiamo ci fa sobbalzare, sono pervasa da brividi, non so perché ma un angolo del mio cervello era convinto di non poterci parlare. Ma questa nuova scoperta, malgrado la sua voce sia colma di dolore, mi scalda il cuore.

Mi giro di scatto verso Gabriel, e sempre con gli occhi chiusi, ma con un espressione sofferente in volto, parla ancora.

<Vieni qui stellina mia. Ohhh su su non piangere per me... avvicinati, vieni ad abbracciare il tuo vecchio...>

Gli occhi continua a tenerli chiusi, come se trovasse un po' di sollievo dagli atroci dolori solo con questo gesto... Perdo un battito non appena mi riconcentro sugli ematomi che ricoprono braccia e collo, avanzo lentamente, come se dovessi andare al patibolo, e arrivata al lato destro del letto, le lacrime riprendono a scendere copiose dai mie occhi. Dea quanti ricordi mi tornano alla mente... i pomeriggi insieme mentre ruzzolavamo giù per le colline sono così vividi da farmeli confondere con la realtà, il labbro mi trema e il cuore mi batte così forte da sentirmi le pulsazioni persino dentro le orecchie.

<G-G-Gabriel... >

È così tremante la mia voce che non so se apre gli occhi per compassione o se perché vuole davvero vedermi, ma quando lo fa sembrano così spente le sue iridi da sconvolgermi, non capisco... non tollero ciò che sta sopportando, e men che meno riesco a guardare le profonde occhiaie nere sotto gli occhi, ma evito di fargli pesare addosso tutto il mio dispiacere e come se nulla fosse mi godo il suo tocco, quasi impercettibile, mentre prende una mano. Non so a chi si stesse riferendo prima, non riesco a ricordare nessuno che sapesse qualcosa sul futuro, ma sinceramente spero non sia un'altra di quelle rivelazioni strane, mi da fastidio non sapere le cose e scoprirle all'ultimo.

<Non piangere, te ne prego stellina. Sono stato uno stupido. Lo avevo promesso, lui credeva in me... Ma non ci sono riuscito... la mia promessa non è stata mantenuta... perdonami Jack...>

Sono frasi sconnesse le sue, sembra delirare, ma sentire il nome di mio padre mi procura un tonfo al cuore, Dea.. sento che le gambe rischiano di cedermi, io adoravo mio padre, più di quanto avessi mai adorato mia madre, e, non è bello da dire, ma quando diciassette anni fa è successo quel che è successo, per un istante, ho pregato che non fosse morto, che non mi avesse lasciato anche lui, ma sinceramente, infondo so che è stato meglio così. Ho visto il sorriso sul suo volto, e ho appreso, anche se continuo e continuerò sempre a negarlo, che finalmente si erano riuniti, non voglio parlare di loro però... non è il caso di mettere a nudo anche questa cicatrice che mi solca l'anima. Non adesso almeno. Mente sono persa in non so quale ricordo, noto distrattamente che anche gli altri si sono avvicinati a me, ascoltano la nostra conversazione senza interferire... ma sinceramente se Stephen non mi stesse accarezzando la schiena, sono sicura non riuscirei osservare le lacrime di Gabriel, senza unirmi a lui o semplicemente a reggermi in piedi. Cercando di infondergli forza continuo ad accarezzargli il dorso della mano e, finalmente, dopo una leggera stretta da parte sua, mi decido a forzare le parole ad uscire.

<C-cosa avevi promesso a nostro padre?>

Tremo, le mani mi sudano, mi sento in imbarazzo per questo, ma non me ne curo, mi concentro soprattutto sulla presa ferrea di Stephen sul mio fianco sinistro, si è accorto dell'instabilità delle mie gambe, Dea... non so come avrei fatto se non avesse deciso di seguirmi. È un sospiro tremante quello che rilascia Mark, non sembra voler dire nulla, è attanagliato da un non so quale senso di colpa, ma non capisco perché, se sa cose che noi non sappiamo non capisco perché non ci renda partecipi. A dirla tutta la scena, se vista da fuori, sembra più un addio che un tentativo di salvataggio. Le pozze marroni che fisso sono irriconoscibili. Guarda me e i miei fratelli con tristezza. Aspettiamo impazienti, sperando che si sciolga, che ci parli e che soprattutto non ci tagli fuori. Sembrano istanti interminabili, quelli che passano, lo osserviamo pazienti, ma ad un tratto tossisce si porta velocemente un fazzoletto alla bocca, e poi, cercando di non far vedere la macchia fresca di sangue che lo ricopre, lo accartoccia. Il suo petto quasi non si alza quando parla, ma io non ascolto veramente se dice qualcosa o se sono solo lamenti, sono ferma ancora alla scena del fazzoletto insanguinato perciò non ci faccio troppo caso, mi sento impotente. Perché sì, io sono venuta qui per salvarlo, ma non so... ho tante aspettative sulle mie spalle è sempre stato così, e purtroppo sto iniziando ad accusare tutto questo ma soprattutto spero di potermi dare la carica anche da sola per poter avere la forza di salvarlo.

L'ultima Alpha del clan MoonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora