-Sofia
-volevi fare una foto?-
Un sorriso timido fa capolino sul suo volto, e le sopracciglia si inarcano leggermente sotto i ricci scuri.
Siamo in mezzo all'enorme piazza centrale di Verona, in tutta la Brà, è a me che stanno parlando?
Quella voce sembra destarmi dai miei pensieri, e quando rimetto a fuoco l'immagine che ho di fronte mi ritrovo a guardare, ricambiata, un giovane cantante alquanto famoso, accompagnato da qualche amico che nelle foto che si trovano su internet non ho mai visto.
-mi sentivo osservato con insistenza- esclama ridendo
-uh, io... no.... no, non vorrei disturbare- balbetto sorridendo timidamente, mentre con le dita mi metto nervosamente una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
-ma no- ride di nuovo -nessun disturbo, anzi, vieni qua- dice tendendo un braccio nella mia direzione.
Mi alzo indecisa dalla panchina su cui ero seduta. Sento formicolare le gambe mentre percorro quei tre-quattro metri che ci separano.
Questa deve essere la mia giornata fortunata, penso tra me e me.
Quando arrivo accanto a lui mi domanda silenziosamente consenso, poi quando faccio un cenno con la testa mi mette un braccio intorno alle spalle e mi sorride di nuovo, i brividi mi trapassano tutta la schiena, un attimo dopo tira fuori il telefono dalla tasca.
-guarda qui- mi fa cenno con la testa di voltarmi verso lo schermo del telefono, quindi scattando una foto.
-non dovremmo farla con il mio?- chiedo ridendo mentre tiro fuori il telefono dalla borsa.
Un silenzio fatto di sguardi imbarazzanti si protrae per qualche secondo -...sono davvero così perso oggi?-
Scoppiamo a ridere entrambi e lui mi dà una pacca sulla spalla come fossi uno dei suoi vecchi amici.
-allora facciamo questa foto!-
-oh aspetta un secondo... stupido telefono... oh ecco!-
Riesco a far aprire la fotocamera interna e ci inquadro sul display. Quando sorridiamo tutti e due scatto.
Riguardiamo un attimo la foto insieme, è venuta benissimo.
-ti ringrazio!- sorrido a trentadue denti, voltandosi del tutto nella sua direzione e facendo diventare quella sorta di contatto, un vero e impacciato abbraccio.
-di niente, è sempre un piacere far felice una fan-
-beh, allora... ti auguro di passare bene il resto della giornata- balbetto facendo qualche passo indietro.
-grazie...?-
-oh, ehm, Sofia-
-grazie Sofia, buona giornata anche a te-
Mi sorride di nuovo prima che mi allontani, cercando di trattenermi dal saltellare da tanto felice mi sento.
Sento un'altra risata alle mie spalle, mi volto appena per accorgermi che sono ancora sotto osservazione, capendo quanto evidentemente il mio intento di autocontrollo non abbia funzionato granché.
Accenno un altro piccolo saluto con la mano, cercando di trattenere l'impulso di rimanere lì ancora un po', poi sparisco dietro l'angolo di una fila di case, infilandomi poco più avanti sotto gli archi di Via Roma, con un sorriso che va da un orecchio all'altro.Alcune manciate di minuti più tardi sto salendo le scale di un vecchio condominio del centro città. Salgo fino al penultimo pianerottolo e mi fermo davanti ad una porta uguale a tutte le altre, se non fosse per il disegno di un piccolo fiocco di neve che contorna lo spioncino, un felice ricordo del giorno in cui sono arrivata qui, all'inizio dello scorso inverno. È già passato più di un anno e quasi non me ne sono accorta. Forse dovrei decidere se sia o meno una cosa positiva.
Mentre appendo la giacca nel piccolo ingresso dopo essermi richiusa la porta alle spalle, un piccolo gatto rosso mi trotterella incontro, saltando poi sul tavolino dove ho appoggiato le chiavi di casa.
-ciao piccolino- lo saluto dolcemente facendogli un paio di grattini sotto al mento.
Guardo verso sinistra, dove mi aspettano un fine pomeriggio molto noioso, a cercare di buttarmi avanti con il lavoro della settimana prossima, a destra invece, il mio piccolo bagno, la vasca che potrei riempire di acqua calda e tanta schiuma e poi la mia camera, con un morbido letto e un piumone in cui sprofondare.
La scelta non potrebbe essere più facile ma... poi mi sentirei in colpa per non aver utilizzato questo tempo.
Con uno sbadiglio svogliato mi incammino verso il salotto.
Maledetto senso di giustizia.
Attacco il portatile alla corrente prima di dirigermi in cucina per preparare del tè.
Questa stanzetta è davvero minuscola, e a dire il vero, tutto l'appartamento lo è. Quando sono stata sul punto di comprare questa casa, o meglio, di fare un mutuo per essa, sono stata così tentata dall'appartamento sopra il mio... certo non è più grande di questo, ma come gran parte delle case in questa zona, ha la sua terrazza da cui si vede tutta la città, un sogno.
Sogno che ho giudicato responsabilmente irraggiungibile per le mie tasche, ora come ora.
Mentre l'acqua nella teiera comincia a scaldarsi torno sui miei passi e vado verso la camera da letto, dovrò anche lavorare, ma nulla mi impedirà di farlo vestita comodamente. Così, messi i pantaloni della tuta e un maglione enorme e morbido, ritorno in salotto, accendo il computer e aspetto che la teiera fischi per mettere dentro il tè.
Nel frattempo, prendo il telefono e apro la galleria. L'ultima foto immediatamente mi fa comparire un sorriso spontaneo. Mi allungo dal divano verso uno dei cassetti del tavolino del salotto e ne tiro fuori la mia adorabile compagna, una piccola stampante portatile della grandezza di un pacchetto di sigarette.
La accendo e dopo poco la foto è stampata su carta, tra le mie mani. La osservo per qualche secondo e poi la incastro dentro la cover del telefono, più tardi deciderò dove metterla.
La teiera inizia con quel suo sibilo stridulo, così mi alzo di corsa, saltellando per evitare di inciampare nel filo del caricabatterie, per andare a spegnere il fuoco.
Prendo la mia tazza preferita, gialla, con una luna blu disegnata sopra, e mi verso un'abbondante quantità di acqua bollente, per poi metterci dentro una bustina di tè.
Faccio avanti e indietro tra cucina e salotto un paio di volte, prima con la tazza e un cucchiaino, poi con il barattolo di miele e mezzo limone proveniente dal frigo.
I biscotti li ho finiti purtroppo, appunto mentale per me di comprarli. O magari di farli, se trovo il tempo.
Tornata alla mia postazione mi metto al lavoro, e per tre ore buone, mi concentro su quello schermo. Prenotazioni, conferme, cancellazioni, cose dell'ultimo minuto.Vengo ricatapultata nel mondo reale quando una sveglia sul telefono mi fa notare che sono già le otto e mezzo e che come abitualmente faccio ogni giovedì, devo prepararmi per andare al lavoro. Si, turno di notte. Forse sarebbe stato meglio andare a dormire.
Gli occhi mi bruciano ovviamente in maniera pazzesca e continuare a strizzarli ogni cinque secondi non aiuta granché.
Per fortuna, oserei dire, il turno inizierà solo alle dieci, quindi ho ancora tempo di cenare e farmi una doccia prima di uscire. Ho fatto bene a mettere una sveglia prima.L'aria gelida di fine novembre, immobile come il ghiaccio, ma che riesce comunque ad entrare dappertutto, mi fa rabbrividire, e per quei dieci minuti di strada a piedi, mi fa credere di essermi svegliata del tutto.
Cosa che poi si rivela estremamente sbagliata non appena entro nella hall del piccolo affittacamere in cui lavoro, che mi accoglie con un meraviglioso tepore.
-buonasera Sofia- esordisce la signora dietro al bancone, sorridendo -puntuale come sempre- constata lanciando un'occhiata all'orologio appeso al muro.
-lo sa che non voglio farla andare a letto troppo tardi- dico sorridendo a mia volta.
Faccio il giro della grande isola che funge da scrivania, piego il cappotto che mi sono tolta e lo metto su una delle mensole lì sotto.
-allora io vado-
Uno sbadiglio le disfa per un attimo i tratti gentili.
-ci vediamo domani mattina alla solita ora, e se dovessi aver bisogno, come ti dico sempre, non esitare a chiamare Roberto-
Roberto, un ex poliziotto che per tutta la sua vita è stato guardia di sicurezza, e che per una cifra irrisoria per una camera, aiuta la signora in caso di problemi.
-certo Signora Angeli, a domattina, buonanotte!-
Come al solito a farmi compagnia c'è una moca fumante di caffè, che la signora si preoccupa ogni volta di prepararmi, insieme ad una scatoletta di latta che so essere piena di zollette di zucchero.
È sempre così gentile con me.
Certo, gentilezza che mi sono dovuta guadagnare, giustamente, ma da parte di una persona così buona... non puoi non volerla compiacere.La notte passa lenta, con il lungo scalpiccio dei secondi che, uno dopo l'altro, raggiungono finalmente l'alba.
I letto non mi è mai sembrato così invitante, e avuta la minima decenza di mettere una sveglia per il pomeriggio, infilo i tappi per le orecchie, mi tuffo fra le coperte e sprofondo nel mondo dei sogni.
Verso le quattro del pomeriggio mi sveglio. Con una mano a penzoloni dal letto, cerco alla cieca il telefono sul comodino. Quando riesco a vedere l'ora un sonoro sbuffo mi esce naturale, perché come mio solito, mi sono svegliata esattamente due minuti prima dell'ora della sveglia. Ed è una cosa che trovo davvero snervante.
Ricaccio la faccia nel cuscino, e i due minuti passino come fossero venti secondi.
Mugugnando e lamentandomi, riesco a scendere dal letto, trascinarmi fuori dalla camera e dentro il bagno, dove apro i rubinetti della vasca, facendo scorrere l'acqua.
Con la lentezza di una tartaruga mi tolgo i vestiti che ho ancora addosso dalla sera precedente, li butto nel cesto del bucato e mi siedo sul bordo della vasca ad aspettare.
Magari potrei mettere quei sali da bagno che mi ha regalato mia zia l'estate scorsa... vengono direttamente dal suo viaggio in Marocco, sono alla rosa selvatica e hanno un buon profumo, mi ero ripromessa di provarli ma la bellezza della bottiglietta in cui sono contenuti mi ha sempre fermato, sarebbe un peccato rovinare la composizione. Ma la curiosità stavolta ha la meglio, così quando la vasca è piena, ne spargo una manciata nell'acqua. Mia zia aveva ragione, hanno proprio un profumo particolare, non troppo dolciastro, ma lieve e gentile, che sembra accarezzarti la pelle.Mi decido ad uscire dalla vasca solo quando mi rendo conto di star tremando, tanto l'acqua si è raffreddata mentre leggevo l'ultimo libro che ho comorato, con solo i polsi e le mani che sbucano dalle bolle di sapone in superficie.
Mentre vado in salotto vestita e profumata mi rendo conto di quanto un camino o una stufa accesi sarebbero perfetti in questo momento per concludere la giornata. Invece, mi devo accontentare di qualche calorifero che fortunatamente fa ancora il suo dovere, anche grazie alla dimensione ridotta della stanza.Più tardi metto su la cena, finendo per mangiare sulla poltrona accanto al divano, con il gatto che dorme della grossa sul tavolino.
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Romeo e Giulietta non sono mai esistiti.
RomanceQuando una domanda sembra fuori luogo basta alzare lo sguardo.