Capitolo 8

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-Ermal

-oh, andiamo Ermal, non puoi fare tutto il viaggio con le cuffie addosso!-
Dino mi sta urlando dietro da quando stamattina ci ho messo più di tre minuti ad uscire di casa con le valigie. Come se uno potesse farli volare, quei due macigni.
La mia zia acquisita ha insistito perché oltre al mio normale guardaroba mi portassi dietro "qualche" altro capo.
D'accordo, con oggi iniziamo questa sottospecie di tour firmacopie, e le tappe saranno un discreto numero, ma non crede di aver esagerato un po'?
Siamo in treno da un'ora e mezza oramai, e altrettanto tempo ci separa dalla nostra prima meta, vicino a Padova.
Alzo lo sguardo, lentamente, cercando di metterlo a disagio con le mie doti da attore per cabaré.
-Dino...- pronuncio il suo nome come se stessi per dirgli la cosa più seria del mondo. La sua espressione muta, di qualcosa sto riuscendo a convincerlo quindi.
-...non sapevo come dirtelo prima, ma non ti voglio più nel gruppo, sei licenziato-
Il silenzio cala, gelido, tra tutti i membri della band.
Hanno delle facce tali che non resisto più di quindici secondi prima di cominciare a ridere come se non ci fosse un domani, portandomi una mano al volto cercando di non piangere.
-dovevi vedere la tua faccia!-continuo tra le lacrime che quasi mi salgono agli occhi.
Un pugno mi arriva sulla spalla, seguito da un insulto non troppo amichevole.
Quando finalmente riesco a smettere di soffocarmi da solo, con una mano davanti alla bocca, perché una risatina ogni tanto mi scappa ancora, mi tolgo le cuffie e spengo la musica, tornando a chiacchierare.

Arriviamo in stazione verso l'ora di pranzo, fermandoci al bar più nascosto che riusciamo a trovare, per non rischiare di finire circondati fin da subito.
Mentre poi andiamo verso l'albergo, veniamo inevitabilmente fermati un paio di volte da alcune fan, andando in giro tutti insieme, carichi di valige, non passiamo certo inosservati.
Tutto ciò perché non siamo riusciti a trovare un taxi, ma possiamo chiudere un occhio, non ci dispiace troppo, e poi il posto è qui dietro l'angolo.

-la camera con il matrimoniale è mia!- urlo salendo le scale per primo e lasciando nella hall le due valigie.
-no! Un'altra volta no!-
Mi vedo costretto ad accelerare il passo, per non farmi prendere. Più corro e più metto distanza tra me e loro, ma c'è un problema in tutto questo, e il problema è che non riesco a trovare la stanza giusta, continuando a correre.
Così quando poco dopo mi fermo e torno sui miei passi, scopro che l'invitante letto a due piazze su cui già pregustavo di dormire, non mi farà compagnia questa notte.
No, camera con letto singolo.
Evviva, che gioia.
Porto su le valigie e mi guardo attorno.
Se non altro ho il balcone che dà sulla città.
E per inaugurarlo, esco a fumare una sigaretta.

Davanti a me ci saranno circa trecento persone, ed è incredibile come siano tutte di età così diverse.
Il centro commerciale in cui ci troviamo mi ha messo a disposizione un pianoforte, in un angolo della via principale. Così mentre rispondo alle domande, firmo qualsiasi cosa mi venga passata e sparo anneddoti uno dopo l'altro, improvviso un po', cantando alcune canzoni del disco o reinventandone di sana pianta.
Si sta rivelando un pomeriggio più colorito di quanto sperassi, le domande impertinenti non si fanno mancare.
-dai Ermaaaal- strilla una ragazza- raccontaci un po' cosa hai fatto a Verona! O di chi, ti sei fatto- sussurra falsamente ammiccando nella mia direzione.
Strabuzzo gli occhi a quella richiesta, un po' per una reazione naturale, un po' teatralmente, per reggerle il gioco.
So che così peggiorerò ancora di più la mia situazione.
-se ve lo dicessi non sarebbe più divertente cercare di scoprirlo- rispondo a tono, ammiccando a mia volta, facendo andare parecchie ragazze in visibilio.
Mi metto a ridere. Non cambieranno mai.
-oh dai, che ti costa, Meta?- insiste la bionda poco davanti a me.
-ragazze...- inizio cercando di ottenere un po' di silenzio, cosa alquanto impossibile -ragazze, ve l'ho già detto, e non so più davvero come farmi capire- continuo facendomi più serio e giocandomi quella carta che fin'ora non ho ancora usato -io quella ragazza non mi ricordo neanche il nome-
Per un po' la folla si fa più silenziosa, ed io, dopo averle ringraziate con un cenno del capo, ne approfitto per attaccare con Piccola anima, chissà che non le distragga.
-nessun mi porterà via da voi!- esclamo con voce solenne e una faccia da idiota, facendo ridere tutti, prima di iniziare a cantare.
Adesso la notizia farà il giro del web, ma poco male, magari servirà a far calmare le acque.

Quando qualche ora più tardi, dopo la cena, mi ritrovo con gli altri in camera di Dino, che alla fine è riuscito ad accaparrarsi il letto matrimoniale, a parlare della giornata appena finita e di quelle che seguiranno durante questi dieci giorni.
Io me ne sto seduto sul divanetto appoggiato alla parete, di fronte al letto, con i piedi scalzi appoggiati sul tavolino, Dino con le spalle al muro, alla mia destra, Marco e Andrea seduti sul letto, a giocare a Monopoli.
-esattamente...- esordisco cambiando momentaneamente discorso -...dove diamine l'avete ripescato quello?- chiedo ridendo.
-era nel frigo bar della mia stanza- mi risponde Marco.
-nel...frigo?-
Annuisce con la testa, troppo peso dal gioco per badarmi.
-ma no, dai! Ma di nuovo la stazione ovest no! Le hai tutte tu!-
La situazione sta lentamente degenerando, così torniamo ad ignorare quei due, che giocano come fossero due bambini.
-secondo te se la sono bevuta?-
-bevuta, Dino? È la verità, te l'ho detto, io non me lo ricordo minimamente... Era solo l'ennesima persona che incontravamo in quella settimana! Mi devo ricordare di tutti?-
-calmati, calmati, nessuno ti sta puntando addosso una pistola-
-bah...spero solo che prima o poi la smettano di fare domande- lo squadro dalla testa ai piedi -e voi compresi-
-come osi insinuare una cosa del genere Ermal?- esclama drammatizzando Marco, mentre si porta una mano sul cuore, con un'espressione teatralmente turbata sul volto.
Come al solito riescono sempre a farmi finire col ridere, anche quando la situazione non è tra le più semplici.
-ah beh, poi noi nemmeno c'eravamo quel giorno- mi fa notare Andrea con aria stizzita -te ne sei voluto andare in giro con quelli della radio conosciuti

il giorno prima-
Alzo gli occhi al cielo, ridacchiando.
-magari se non ci pensi più quel nome ti verrà in mente da solo- se ne esce Emiliano, che nel frattempo ha fatto la sua comparsa sulla porta del bagno, in accappatoio.
-oh magari me ne dimenticherò del tutto, del nome e della sua faccia- affermo alzandomi e tornando in camera mia.

Apro la valigia per cercare il pigiama, e cosa mi ritrovo davanti, in cima alla pila di vestiti? Quella foto ovviamente.
Ecco cosa stava facendo Marco vicino alla mia stanza stamattina, quando mi sono accorto che aveva un'aria sospettosamente colpevole di qualcosa.
La prendo tra le dita, almeno quella orrenda cornice gialla è per ora scomparsa.
Un lieve sorriso divertito mi schiude le labbra.
-non uscirai dalla mia testa tanto facilmente, non è vero, ragazza senza nome?-

Romeo e Giulietta non sono mai esistiti.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora